Settimana della 6 domenica di Avvento – lunedì – feria prenatalizia 1
La spiritualità di questa settimana
Questa settimana è del tutto particolare perché è la settimana della novena di Natale che, nella liturgia, viene detta delle ferie prenatalizie. Leggeremo i testi previsti di Rut, Ester e quasi tutti i Vangeli dell’infanzia. Quest’anno li rileggiamo da un punto di vista particolare, quello della spiritualità della gioia che è stato introdotto ieri e che diventa cammino per i prossimi giorni. In tutto troveremo 18 atteggiamenti di gioia per introdurci al Santo Natale.
La Parola di questo giorno
RUT 1, 1-14
Inizia la lettura del libro di Rut
Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Quest’uomo si chiamava Elimèlec, sua moglie Noemi e i suoi due figli Maclon e Chilion; erano Efratei, di Betlemme di Giuda. Giunti nei campi di Moab, vi si stabilirono. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. Partì dunque con le due nuore da quel luogo ove risiedeva e si misero in cammino per tornare nel paese di Giuda. Noemi disse alle due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Signore usi bontà con voi, come voi avete fatto con quelli che sono morti e con me! Il Signore conceda a ciascuna di voi di trovare tranquillità in casa di un marito». E le baciò. Ma quelle scoppiarono a piangere e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». Noemi insistette: «Tornate indietro, figlie mie! Perché dovreste venire con me? Ho forse ancora in grembo figli che potrebbero diventare vostri mariti? Tornate indietro, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi. Se anche pensassi di avere una speranza, prendessi marito questa notte e generassi pure dei figli, vorreste voi aspettare che crescano e rinuncereste per questo a maritarvi? No, figlie mie; io sono molto più amareggiata di voi, poiché la mano del Signore è rivolta contro di me». Di nuovo esse scoppiarono a piangere. Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei.
SALMO Sal 9
Renderò grazie al Signore con tutto il cuore.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.
Il Signore sarà un rifugio per l’oppresso,
un rifugio nei momenti di angoscia. R
Confidino in te
quanti conoscono il tuo nome,
perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore. R
Cantate inni al Signore,
che abita in Sion,
narrate le sue imprese tra i popoli. R
ESTER 1, 1a-1r. 1-5. 10a. 11-12; 2, 1-2. 15-18
Inizia la lettura del libro di Ester
Nel secondo anno di regno del grande re Artaserse, il giorno primo di Nisan, Mardocheo, figlio di Giàiro, figlio di Simei, figlio di Kis, della tribù di Beniamino, ebbe in sogno una visione. Egli era un Giudeo che abitava nella città di Susa, un uomo ragguardevole, che prestava servizio alla corte del re e proveniva dal gruppo degli esuli che Nabucodònosor, re di Babilonia, aveva deportato da Gerusalemme con Ieconia, re della Giudea. Questo fu il suo sogno: ecco, grida e tumulto, tuoni e terremoto, sconvolgimenti sulla terra. Ed ecco: due enormi draghi avanzarono, tutti e due pronti alla lotta, e risuonò potente il loro grido. Al loro grido ogni nazione si preparò alla guerra, per combattere contro il popolo dei giusti. «Ecco, un giorno di tenebre e di caligine! Tribolazione e angustia, afflizione e grandi sconvolgimenti sulla terra!» Tutta la nazione dei giusti rimase sconvolta: essi, temendo la propria rovina, si prepararono a morire e levarono a Dio il loro grido. Ma dal loro grido, come da una piccola fonte, sorse un grande fiume con acque abbondanti. Apparvero la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi. Mardocheo allora si svegliò: aveva visto questo sogno e quello che Dio aveva deciso di fare; in cuor suo continuava a ripensarvi fino a notte, cercando di comprenderlo in ogni suo particolare. Mardocheo alloggiava alla corte con Gabatà e Tarra, i due eunuchi del re che custodivano la corte. Intese i loro ragionamenti, indagò sui loro disegni e venne a sapere che quelli si preparavano a mettere le mani sul re Artaserse. Allora ne avvertì il re. Il re sottopose i due eunuchi a un interrogatorio: essi confessarono e furono tolti di mezzo. Poi il re fece scrivere questi fatti nelle cronache e anche Mardocheo li mise per iscritto. Il re costituì Mardocheo funzionario della corte e gli fece regali in compenso di queste cose. Ma vi era anche Amàn, figlio di Amadàta, il Bugeo, che era molto stimato presso il re e cercò il modo di fare del male a Mardocheo e al suo popolo, per questa faccenda che riguardava i due eunuchi del re. Dopo queste cose, [al tempo di Artaserse – quell’Artaserse che regnava dall’India sopra centoventisette province –, proprio in quel tempo il re Artaserse, che regnava nella città di Susa, l’anno terzo del suo regno fece un banchetto per gli amici e per quelli delle altre nazionalità, per i nobili dei Persiani e dei Medi e per i prefetti delle province. Dopo aver mostrato loro le ricchezze del suo regno e il fasto attraente della sua ricchezza per centottanta giorni, quando si compirono i giorni delle nozze, il re fece un banchetto per i rappresentanti delle nazioni che si trovavano nella città, per sei giorni, nella sala della reggia. Il settimo giorno il re, euforico per il vino, ordinò di far venire davanti a lui la regina per intronizzarla, ponendole sul capo il diadema, e per mostrare ai prìncipi e alle nazioni la sua bellezza: era infatti molto bella. Ma la regina Vasti rifiutò di andare con gli eunuchi. Il re ne fu addolorato e irritato. Dopo questi fatti, l’ira del re si placò ed egli non si ricordò più di Vasti, avendo presente quello che lei aveva detto e come egli l’aveva ormai condannata. Dissero allora i servi del re: «Si cerchino per il re fanciulle incorrotte e belle». Quando per Ester, figlia di Aminadàb, fratello del padre di Mardocheo, si compì il tempo di entrare dal re, ella nulla tralasciò di quello che le aveva ordinato l’eunuco, il custode delle donne; Ester infatti trovava grazia presso tutti quelli che la vedevano.] Ester entrò dal re Artaserse nel dodicesimo mese, chiamato Adar, l’anno settimo del suo regno. Il re si innamorò di Ester: ella trovò grazia più di tutte le fanciulle e perciò egli pose su di lei la corona regale. Poi il re fece un banchetto per tutti i suoi amici e i potenti per sette giorni, volendo solennizzare così le nozze di Ester; condonò pure i debiti a tutti quelli che erano sotto il suo dominio.
VANGELO Lc 1, 1-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Rut
Prendiamo la storia di Rut. È una storia semplice, che in parte possiamo anche capire in base a quello che vediamo. È la storia di una donna, Noemi, che con il marito e con i figli deve lasciare la sua città perché c’è una carestia, non si mangia! Questa donna e il marito cercano responsabilmente un luogo dove abitare e dove essere felici e lo trovano. Tutto va bene per dieci anni, certo viene a mancare il marito di Noemi, ma sono cose della vita, i figli si sposano, tutto è nell’ordine della felicità semplice. Ecco poi la tragedia: i due figli di Noemi muoiono ed ella rimane sola. È la disperazione. Ma anche nella disperazione una piccola gioia: la gioia di Rut che rimane con lei. Noemi, lo abbiamo sentito, in base alla sua sapienza vorrebbe allontanarla, ma questa donna è tenace: dichiara di voler rimanere con la suocera a condividere gioie e dolori della vita. Sarà proprio questa presenza costante a trasformarsi in nuova gioia per entrambe. Così il racconto ci dice che le gioie semplici della vita e la vicinanza di persone amiche sono una gioia per chi le prova. Anche a noi è proposta questa gioia. In questi giorni cerchiamo questa possibilità di gioire.
Ester
Anche la storia di Ester inizia con una gioia. La gioia dei poveri, impersonificati da Mardocheo, che, per la loro lealtà, per la loro testimonianza di verità e di amore, ottengono una vita felice. Almeno così è per qualche tempo. Mardocheo è il discendente degli ebrei deportati a Babilonia, è uno che si è messo al servizio della corte e del re, ed è un uomo che, proprio per senso di fedeltà e di lealtà verso il re, smaschera un attentato contro la sua persona. Cosa che, come abbiamo sentito, viene lautamente ricompensata. Ma ciò che conta è il giudizio di fede che viene dato su questo primo accadimento della storia: “gli umili furono esaltati e divorarono i superbi”, diceva il testo. Una frase che, noi tutti la riconosciamo, è alla base del cantico del Magnificat. Dunque la storia ci dice che c’è una gioia nei poveri, negli umili che si fidano di Dio, che rimettono la propria causa nelle mani di Dio. C’è una gioia grande che corrisponde al sapere che hanno vissuto bene la propria umanità, che il proprio servizio è servito a qualcosa, che non tutto è perduto. Tutto è, infatti, nelle mani di Dio che vede ogni cosa, che scruta ogni cuore, che guida il cammino di ogni persona. Potrebbe essere un buon esercizio di gioia, in questi giorni, il cercare la gioia dei poveri e il gioire nel vedere i poveri esaltati da Dio.
Vangelo
Conosciamo molto bene la storia di Zaccaria e di Elisabetta, la storia di quest’uomo, sacerdote, e di sua moglie, uomini giusti, pii, che hanno vissuto bene la loro vita e il loro matrimonio, purtroppo con un grandissimo dolore: l’essere stati senza figli. Ormai hanno fatto pace anche con questo problema della vita, ormai vivono perfettamente riconciliati, avendo accettato quello che la natura e Dio hanno riservato loro. Ma ecco la cosa imprevista. Proprio ora, proprio all’inizio della loro vecchiaia, Dio interviene donando quello che era stato invocato e richiesto come un dono. Intervento di Dio che, come vedremo domani, suscita anche incredulità, eppure dono che suscita gioia. Quella gioia che Zaccaria conserverà nel cuore e nel silenzio per i successivi mesi di gravidanza di Elisabetta, quella gioia che Elisabetta stessa terrà riservata, condividendola solo con Maria. È la gioia grande di chi vede, in ciò che capita, la mano di Dio che, a suo tempo, interviene per dare gioia agli uomini, magari quando meno se lo aspettano. Così è anche nella nostra vita, perché il Signore è stato certamente fonte di gioia in molte occasioni della vita anche per noi.
Marana Thà, Vieni Signore Gesù!
Così anche noi possiamo dire:
Marana Tha, vieni Signore Gesù e insegnaci che la vera gioia passa dalle cose piccole e nasce nel cuore di chi è giusto, retto, moralmente forte.
Marana Tha, vieni Signore Gesù e insegnaci ad attendere i tuoi doni di gioia anche tutta la vita, perché, molto spesso, essi giungono quando meno ce lo aspettiamo. Signore, donaci il gusto della pazienza che porta alla gioia.
Marana Tha, vieni Signore Gesù e insegnaci a custodire la gioia con la preghiera, che, in questi ultimi giorni di attesa, deve essere particolarmente forte e viva.
Marana Tha, vieni Signore Gesù!
Provocazioni dalla Parola
- Sperimento la gioia che viene dall’essere onesti?
- So attendere i tempi di Dio che dona gioia ai suoi figli?
- Custodisco nella preghiera le gioie che capitano nella mia vita?