Mercoledì 19 Febbraio

Settimana della penultima domenica dopo l’Epifania – mercoledì

Meditiamo insieme le Scritture.

Sapienza

Sap 18, 5-9. 14-15
Lettura del libro della Sapienza

Poiché essi avevano deliberato di uccidere i neonati dei santi – e un solo bambino fu esposto e salvato –, tu per castigo hai tolto di mezzo la moltitudine dei loro figli, facendoli perire tutti insieme nell’acqua impetuosa. Quella notte fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri. Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile.

Molti loderanno la sua intelligenza, egli non sarà mai dimenticato; non scomparirà il suo ricordo, il suo nome vivrà di generazione in generazione. I popoli parleranno della sua sapienza, l’assemblea proclamerà la sua lode.

La prima parte del libro della sapienza che leggiamo oggi è un ricordo della vicenda, unica, di Mosè. Mentre era stato decretato che tutti i figli maschi del popolo di Israele venissero uccisi, Mosè, miracolosamente, si salva. È l’inizio della storia che porta alla liberazione il popolo santo dell’alleanza. È l’inizio della storia dell’Esodo. È l’inizio della storia della salvezza di tutto il popolo ebraico.

La Sapienza non si limitava, però, al ricordo di questa azione prodigiosa e al ricordo di questa salvezza prodigiosa di Mosè. Allargando lo sguardo sulla storia della salvezza, il sapiente rileggeva i fatti prodigiosi dell’Esodo: la liberazione della notte di Pasqua che diventa, per tutto il popolo di Israele, la notte miracolosa della salvezza, quella notte in cui il grido di Dio perché il suo popolo torni libero, si mischia al grido degli uomini egiziani che piangono i loro figli.

La chiesa rilegge questa parola e comprende che tutto, poi, è in vista di ben altro evento: il mistero dell’Incarnazione che noi ci siamo lasciati alle spalle. È quella del Natale la notte in cui la Parola di Dio si fa carne. È quella la notte in cui la luce di Dio viene  a brillare tra gli uomini. Luce che illumina anche tutti gli altri eventi che si comprendono solo in quest’ottica: la luce di Dio che viene in mezzo agli uomini

Vangelo

Mc 11, 12-14. 20-25
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, il Signore Gesù ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».

Così si può comprendere anche la parabola del fico sterile. Essa è una piccola narrazione che mette al suo centro un’azione simbolica del Signore. Gesù ha fatto seccare un fico per ricordare come la vita di ogni uomo che è senza fede, è come una pianta che si secca. Può comprendere questa parabola solamente chi ha fede, solo chi si accosta con fede al testo sacro come pure a Gesù stesso. Chi non ha fede non può né comprendere questa piccola narrazione, né, tantomeno, i segreti della vita di Dio che si rivelano in Cristo. È esattamente ciò che ci ha detto il libro della sapienza: chi ha fede riesce a rileggere i grandi eventi dell’Esodo e comprende che la vicinanza di Dio sarebbe stata poi segnata da ben altri eventi. Chi non ha fede non comprenderà mai né gli eventi antichi della storia della salvezza né, tantomeno, tutto ciò che avviene nella vita di Gesù.

Per Noi

  • Che criterio di fede abbiamo?
  • Giudichiamo le cose della storia della salvezza con l’animo di chi ha fede e si affida ad esse, oppure con l’animo di chi non ha fede e trova sempre qualcosa da criticare?

Credo che, in un tempo come il nostro, dovrebbe proprio emergere la qualità spirituale di chi si sa affidare a Dio, la qualità spirituale di chi si sa rimettere completamente nelle sue mani e di chi si sa affidare totalmente al suo mistero. Segnando così la differenza rispetto all’uomo che non ha fede. Noi viviamo immersi in un contesto culturale che non ha più fede. Ogni giorno viviamo, lavoriamo, ci confrontiamo con uomini e donne che non hanno più fede.

  • Emerge la differenza tra il loro modo di vivere e il nostro?

Non perché il nostro sia migliore! La differenza che si deve percepire è certamente questa: noi viviamo alla luce dei misteri di Dio, cosa che non può fare un non credente! Chi vive alla luce dei misteri di Dio dovrebbe poi suscitare l’interesse di chi gli sta accanto e accendere la domanda che porta alla fede, perché dove la testimonianza di Dio è verace, lì c’è già la fede!

Auguriamoci che questa settimana e poi la prossima accendano, almeno in noi, il desiderio di Dio. Questa sarebbe la migliore preparazione per incontrare poi Dio nel mistero della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione.

2020-02-15T09:06:31+01:00