Martedì 20 aprile

Settimana della 3 domenica di Pasqua – Martedì

Vangelo

Gv 5, 31-47
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Le due letture di oggi ci propongono di riflettere su una medesima trama narrativa legata alla testimonianza a Gesù. Chi dà testimonianza a Gesù?

Il Vangelo ci dona queste risposte molto chiare. A rendere testimonianza a Gesù è anzitutto il Padre. Gesù concepisce il suo ministero e la rivelazione che deve compiere come l’opera che il Padre gli ha affidato. Per questo si sente sempre unito a Lui e aiuta i discepoli o più in generale chi lo ascolta, a comprendere che la sua opera è l’opera del Padre. Tutto ciò che Egli fa o dice viene, dunque, dal Padre che dona al suo Cristo la testimonianza della Verità.

In secondo luogo Gesù dice che a rendere testimonianza alla sua missione sono le sue opere e, in esse, i segni, cioè i miracoli che Egli compie. Il miracolo è manifestazione della potenza di Dio, ma anche della Sua presenza. I segni compiuti da Gesù sono segno della presenza del Padre, sono richiamo alla Sua potenza e parlano della presenza di Dio nei giorni feriali della vita dell’uomo.

In terzo luogo Giovanni il Battista: il profeta è stato un testimone particolare della missione affidatagli dal Padre, è un uomo che Gesù sente particolarmente vicino e al quale, spesso, si richiama. Eppure anche la sua predicazione non è stata ascoltata, anzi, la sua opera è stata completamente travisata e la sua voce bruscamente interrotta.

È basandosi su questa triplice testimonianza che Gesù chiede di essere accolto, ascoltato e seguito.

Atti

At 5, 34-42
Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Si alzò nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: «Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!». Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.

In tutt’altro contesto opera la pagina degli Atti degli Apostoli. Siamo dopo la Pasqua del Signore, siamo dopo la Pentecoste, è incominciata l’opera di annuncio dei discepoli. Chi, dunque, rende testimonianza a Gesù?

Gli apostoli nel loro insieme. Anche se gli Atti si soffermano sulle opere dell’uno o dell’altro apostolo, ecco che San Luca insiste molto sulla comunione nella missione. Essi sono un corpo solo, un’anima sola. Tutti insieme si dispongono a dare testimonianza alla verità. La loro parola, i miracoli che compiono nella potenza dello Spirito Santo, perfino il loro arresto e l’ingiusta fustigazione sono realtà della vita con le quali gli apostoli danno testimonianza al Signore Gesù, alla sua passione, alla sua risurrezione dai morti.

Gamaliele, un uomo saggio, membro del Sinedrio, maestro di San Paolo, ha a cuore la rivelazione di Dio. Non sa ancora bene come sbilanciarsi sulla questione presente, ma richiama un giusto principio: l’opera che viene da Dio è sostenuta da Dio stesso. Non credere alla sua opera o ostacolarla, è mettersi contro Dio! Ecco perché richiama saggiamente e prudentemente di non fare nulla per ostacolare l’attività missionaria dei primi discepoli: essa cesserà presto, se è opera umana, ma se durerà sarà segno che Dio la sostiene. Noi, che siamo i discendenti di quella predicazione e di quella Chiesa, dobbiamo rinnovare questa fede.

Per noi

Noi, infatti, siamo chiamati a dare testimonianza al Signore, alla sua Risurrezione. Come? Con la nostra presenza, con il nostro intento di mantenere viva la fede, con il desiderio di non interrompere il dialogo con Dio, con il vivo desiderio di essere, oggi, nel tempo, segno della sua misericordia e strumento del suo amore.

Noi sapremo dare buona testimonianza a Dio se mostreremo di credere nella sua Parola, se dimostreremo di aderire alla sua missione, se dimostreremo di essere pronti a giocarci di persona, con la nostra vita, per le cose che riguardano il Regno di Dio. Oggi molti cristiani non danno testimonianza della loro fede. Si trascinano in una fede stanca, priva di slancio, priva di solidità. Non credo sia questa la forma di testimonianza che il Signore cerchi da noi. Penso, piuttosto, ad una rinnovata adesione al suo mistero, che plasma la nostra vita, che prende forma nell’impegno. Di questo avremmo bisogno come Chiesa nel mondo di oggi. È questa la grazia che chiediamo al Signore per i nostri giorni, per la nostra Chiesa.

2021-04-15T17:26:33+02:00