Domenica 20 settembre

4 Domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore

Anche chi va alla ricerca della sapienza di vita, come abbiamo detto due settimane fa, anche chi cerca un incontro personale con Cristo, come abbiamo detto settimana scorsa, arriva ad un punto in cui si domanda: ma cosa devo fare d’altro per essere sicuro che Dio mi accompagni? Cosa devo fare di più o di diverso, per non pensare che la mia fede sia solamente una cosa mia, interiore, intimistica…?

Vangelo

Gv 6, 24-35
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Quando la folla vide che il Signore Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Date vi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Ebrei

Eb 9, 1-12
Lettera agli Ebrei

Fratelli, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo, poi, c’era la tenda chiamata Santo dei Santi, con l’altare d’oro per i profumi e l’arca dell’alleanza tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un’urna d’oro contenente la manna, la verga di Aronne, che era fiorita, e le tavole dell’alleanza. E sopra l’arca stavano i cherubini della gloria, che stendevano la loro ombra sul propiziatorio. Di queste cose non è necessario ora parlare nei particolari. Disposte in tal modo le cose, nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece entra solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza. Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era stata ancora manifestata la via del santuario, finché restava la prima tenda. Essa infatti è figura del tempo presente e secondo essa vengono offerti doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, colui che offre: si tratta soltanto di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni carnali, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate. Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.

Isaia

Is 63, 19b – 64, 10
Lettura del profeta Isaia

In quei giorni. Isaia pregò il Signore, dicendo: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti, come il fuoco incendia le stoppie e fa bollire l’acqua, perché si conosca il tuo nome fra i tuoi nemici, e le genti tremino davanti a te. Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani. Signore, non adirarti fino all’estremo, non ricordarti per sempre dell’iniquità. Ecco, guarda: tutti siamo tuo popolo. Le tue città sante sono un deserto, un deserto è diventata Sion, Gerusalemme una desolazione. Il nostro tempio, santo e magnifico, dove i nostri padri ti hanno lodato, è divenuto preda del fuoco; tutte le nostre cose preziose sono distrutte».

rà il golfo del mare d’Egitto e stenderà la mano contro il Fiume. Con la potenza del suo soffio lo dividerà in sette bracci, così che si possa attraversare con i sandali. Si formerà una strada per il resto del suo popolo che sarà superstite dall’Assiria, come ce ne fu una per Israele quando uscì dalla terra d’Egitto».

Isaia

La lettura più bella diventa allora la prima. Anche il grande profeta diceva con una preghiera di esclamazione: “se tu squarciassi il cielo e scendessi!”. Una preghiera di rara intensità perché dice il dilemma del profeta: da un lato egli è certo della presenza di Dio, del suo amore, della sua perenne presenza nel popolo di Israele, dall’altro lato vorrebbe vedere segni più tangibili della sua presenza, segni più intensi del suo amore, segni più forti del suo prendersi cura di un popolo. Per questo il profeta, con occhio veramente disincantato, guardava alla sua situazione storica e descrive senza troppo edulcorarla, la situazione che vedeva. Un popolo che si allontana da Dio, un popolo che dimentica i sui benefici, un popolo che invoca il nome di Dio solo in maniera formale e, per lo più, quando ha bisogno. Un popolo che onora Dio con le labbra, ma il suo cuore è da un’altra parte! Ecco perché il profeta vorrebbe avere segni più forti, più chiari, più veri della presenza di Dio tra gli uomini! Poi, con un ulteriore profondità spirituale, il profeta si rende conto di avere quasi osato troppo ed ecco, allora, la parte più bella della sua orazione: “Signore, tu, tu sei nostro Padre, da sempre tu sei il nostro redentore, noi siamo opera delle tue mani, non adirarti fino all’estremo…”. Parole bellissime che chiedono, con umiltà profonda, ciò che più interessa: non perdere mai la vicinanza con Dio, non staccarsi mai dal suo amore, non perdere mai il senso della sua presenza. Ecco che il profeta chiede allora a tutti di rivalutare le cose sante, i segni della presenza di Dio, per recuperare quell’amore per Dio che deve contraddistinguere il popolo che Dio si è scelto e che cammina nella storia alla luce preziosa del suo volto.

Ebrei

La meditazione prosegue con la lettera agli Ebrei, che ricordava le “cose sacre” degli ebrei. Tra le cose più sacre l’arca dell’alleanza, quel tabernacolo di cui abbiamo già parlato più volte e che era l’oggetto sacro più importante di tutto Israele, diremmo noi il nostro tabernacolo. L’autore di questo scritto capisce però una realtà fondamentale: quelle erano cose. Cose preziose, reliquie della fede, oggetti preziosissimi, ma nulla in confronto con la presenza del Signore, con il decidere di Dio di essere presente nel suo popolo non con oggetti, ma nella persona di Gesù, che viene per completare quella rivelazione che i padri avevano intuito e percepito ma che solo il Signore Gesù può portare a compimento. Anzi, diceva la lettura, tutte quelle realtà sacre che custodivano gli ebrei erano in vista e portarono alla rivelazione di Gesù. Il vero segno della presenza di Dio non è un’opera fatta dalle mani dell’uomo, ma ciò che Dio fa con la sua opera, l’opera del Padre che nel Figlio, per la potenza dello Spirito Santo, viene a redimere il mondo.

Vangelo

Si capisce così la forza del Vangelo. Gesù predica su quello che, da sempre, è uno dei punti cardine della fede: la ricerca di sicurezza attraverso ciò che si vede, si sperimenta, si tocca. Gesù sa bene che molti di coloro che lo seguono e che lo stanno cercando, non lo cercano tanto per la sua persona, o per udire la sua parola, ma soprattutto perché hanno visto dei miracoli e pensano che la vita possa procedere sicura con la presenza di Gesù, risolvendo in maniera miracolistica tutti i loro problemi. Gesù sa bene di questo pensiero ed ecco perché invita a distinguere tra il miracolo che ha il valore di un segno e la fede che deve essere sostenuta da quel miracolo. Fede che è quella sapienza dell’uomo che si fida di Dio e che incontra il Signore Gesù, come abbiamo detto anche nelle settimane scorse. Fede che si nutre di quella presenza e di quella parola. Il pane vivo che discende dal cielo e che è Gesù, rimanda all’Eucarestia. Gesù dice apertamente che il cammino di fede di un uomo può essere sorretto solo da questo. Vanno bene i segni, vanno bene le cose sacre, vanno bene tutte le cose che si possono dire, toccare, percepire, ma l’unico vero segno che sostiene la fede dell’uomo è l’Eucarestia.

Pane che sostiene il cammino ma anche pane per l’eternità quando Gesù dice che “chi viene a me non avrà più fame, chi crede in me non avrà più sete, mai!”, ricorda a ciascuno di noi che l’Eucarestia non toglierà le cose negative dell’esistenza, ma darà la forza di sopportarle, di sostenerle, di vincerle. Sorretti dalla presenza di Dio che è la Santa Eucarestia, tutto si potrà affrontare, nella luce della vita eterna, a cui questo cibo rimanda e nella quale questo cibo introduce. Ecco il vero segno, ecco la vera presenza, ecco il vero sostegno da cercare sempre. Così si adempiono anche le parole del profeta: Dio non solo è sceso nel mondo attraverso Gesù, ma ha anche deciso di rimanere nel mondo e ha anche deciso di essere il sostegno di tutti coloro che lo cercano. L’Eucarestia è il segno di tutto questo!

Per noi

Anche noi abbiamo segni di fede. Anche noi tutti cerchiamo appiglio in qualcosa. Anche noi abbiamo anche luoghi cari della fede, nei quali ci rechiamo, nei quali vogliamo vedere la presenza del Signore… Anche noi abbiamo un’icona, un quadro, un santuario al quale siamo interiormente affezionati… Eppure tutte queste sono cose. Cose importanti, belle, realtà lucenti… Abbiamo però anche noi amore per l’Eucarestia? Al di là dei luoghi e delle cose sacre, abbiamo amore per quel sacramento che sostiene il cammino di ogni uomo e di ogni donna che si fida di Dio?

Ecco la domanda cardine che anche noi dobbiamo farci questa domenica. Di qui anche una verifica: come viviamo la S. Messa? Come viviamo quel rapporto con l’Eucarestia se essa è la luce del nostro cammino di fede. Non solo la domanda, ma anche l’impegno. Se siamo alla ricerca della sapienza della vita, se abbiamo  inteso e sappiamo che solo nell’incontro con Cristo sta la verità dei nostri giorni, perché non frequentare più spesso la celebrazione dell’Eucarestia? Perché non metterci di impegno per trovare in essa un punto di riferimento e un rifugio sicuro. Potremmo, per esempio, prenderci l’impegno di andare a Messa una volta alla settimana, in un giorno feriale, per non essere cristiani della domenica e basta!

Potremmo prenderci l’impegno di sostare davanti al pane della vita, l’impegno di andare a visitare una chiesa, di fermarci in preghiera davanti al tabernacolo, di parlare con il Signore sempre, per le cose serie e per quelle meno serie della vita…

E infine ripensare il nostro rapporto con la vita eterna.

Mettiamo molta enfasi nella prima comunione, mettiamo grande attenzione a quel rito, a quell’evento che è la prima volta in cui ci cibiamo del corpo e del sangue del Signore. Mettiamo più attenzione nel riceverla spesso, mettiamo più attenzione nel pensare a quell’ultima comunione, quella che diventa viatico per il paradiso. Anche questa è sapienza di vita: chiederla per i nostri cari, chiederla per noi, quando saremo sul punto di incontrare quel mistero da cui tutto ha origine e da cui tutto trae forza!

Ripensiamo, miei cari, al nostro rapporto con la S. Eucarestia! Ne andrà a vantaggio della nostra anima!

2020-09-18T19:40:12+02:00