Settimana della 1 domenica di Avvento – Venerdì
Vangelo
Mt 9, 35-38
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
La sapienza del pastore.
Tutte le professioni e i mestieri, specie quelli antichi, hanno una loro sapienza. È la sapienza delle persone di un tempo, la sapienza delle persone che, basandosi sulla propria esperienza, hanno costituito un vero e proprio patrimonio di sapere. Il pastore che Gesù vede nella Palestina del suo tempo è uno di questi. Quando un pastore vede un gregge senza pastore se ne occupa, presta soccorso alle pecore, cerca il meglio per loro. Gesù prende questa immagine per parlare di uomini. Uomini che non hanno una guida, uomini che non hanno qualcuno che li protegga, insegni loro la via del bene, li sproni, li stimoli, magari anche li rimproveri. Tutto, però, mirando al bene. A quel bene che tutti devono poter vivere perché Dio, il Padre, il Pastore Supremo, desidera questo, e cioè che ogni uomo sia condotto al bene. Al bene che può fare ogni singola persona per giungere, poi, a quel Sommo Bene che è Dio stesso. La sapienza del pastore che è Gesù è anche la sapienza di chi sa provare compassione. La sapienza del pastore non è la sapienza dell’uomo freddo, del sottile calcolatore, dell’uomo che calibra cose ed interventi. La sapienza del pastore è la sapienza degli affetti, la sapienza di chi si sa commuovere davanti ad una scena, la sapienza incarnata e intrisa di umanità. Il Vangelo non manca mai di mettere in primissimo piano gli affetti del Signore. Anche in questo caso, San Matteo, lascia trasparire i sentimenti di Gesù di fronte ad una folla che è come un gregge senza pastore. Gesù è mosso dalla compassione, cioè dal sentimento di chi partecipa di una situazione sventurata: il non avere una guida.
La sapienza del pastore è però anche quella di associare altri nella cura. La sapienza del Pastore che è Gesù è la sapienza di chi invoca il Padre “perché mandi operai nella sua messe”. Invito ad altri perché anche questa preghiera sia condivisa e il Padre susciti, negli uomini, nuove disponibilità alla missione, cioè a partecipare di quella sapienza del Signore che suscita pastori perché il gregge sia curato.
Geremia
2, 1-2a. 23-29
Lettura del profeta Geremia
In quei giorni. Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Come osi dire: “Non mi sono contaminata, non ho seguito i Baal”? Guarda nella valle le tracce dei tuoi passi, riconosci quello che hai fatto, giovane cammella leggera e vagabonda! Asina selvatica, abituata al deserto: quando ansima nell’ardore del suo desiderio, chi può frenare la sua brama? Quanti la cercano non fanno fatica: la troveranno sempre disponibile. Férmati prima che il tuo piede resti scalzo e la tua gola inaridisca! Ma tu rispondi: “No, è inutile, perché io amo gli stranieri, voglio andare con loro”. Come viene svergognato un ladro sorpreso in flagrante, così restano svergognati quelli della casa d’Israele, con i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti. Dicono a un pezzo di legno: “Sei tu mio padre”, e a una pietra: “Tu mi hai generato”. A me rivolgono le spalle, non la faccia; ma al tempo della sventura invocano: “Àlzati, salvaci!”. Dove sono gli dèi che ti sei costruito? Si alzino, se sono capaci di salvarti nel tempo della sventura; poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda! Perché contendete con me? Tutti vi siete ribellati contro di me. Oracolo del Signore».
La sapienza del profeta Geremia è quella di chi vede la medesima scena che ha poi visto Gesù e ne ha tratto un rimprovero. La sapienza del profeta rimprovera le pecore che hanno voluto smarrirsi, e cioè quegli uomini che hanno desiderato crearsi degli idoli, coloro che “hanno detto a un pezzo di legno: sei tu il mio padre!”. C’è una responsabilità, a volte, nell’essere pecore senza pastore. La responsabilità di chi, pur conoscendo il nome di Dio predicato dai profeti, si è rifugiato in un tranquillo idolo, prodotto delle sue mani o della sua mente. Un idolo, che non può scaldare il cuore dell’uomo, eppure tutti gli uomini tendono a crearsi idoli secondo le loro voglie e i propri sentimenti. È questo l’atteggiamento privo di sapienza degli uomini che si creano sempre idoli vuoti e falsi. Il compito del profeta è suscitare una reazione. Ecco, quindi, il perché dell’invettiva così dura. Il profeta vorrebbe suscitare negli uomini che lo ascoltano, il desiderio di tornare a far parte di un gregge: il gregge che si lascia guidare dagli uomini che Dio si sceglie nella storia per condurre tutti alla salvezza eterna.
Amos
Am 9, 11-15
Lettura del profeta Amos
Così dice il Signore Dio: «In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è cadente; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome. Oracolo del Signore, che farà tutto questo. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – in cui chi ara s’incontrerà con chi miete e chi pigia l’uva con chi getta il seme; i monti stilleranno il vino nuovo e le colline si scioglieranno. Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho dato loro», dice il Signore, tuo Dio.
La sapienza che si esprime attraverso il profeta Amos, invece, ritrae la scena da un punto di vista ancora diverso: è la scena del popolo che torna ad essere gregge di Dio, la scena che intende descrivere cosa accade quando Dio torna ad essere il Signore del suo popolo. Le immagini sono tutte dolci, immagini di ricostruzione, immagini di prosperità, immagini di sequela. Quando Dio torna ad essere il pastore del suo popolo si crea una scia di bene che benefica tutti. Dio è in mezzo al suo popolo e continua a guidarlo con la sua forza e con la sua sapienza.
La Sapienza ci invita a:
- Desiderare sempre di essere parte del gregge del Signore;
- Pregare perché tanti pastori possano essere associati al Pastore;
- Smascherare gli idoli che anche noi ci costruiamo;
- Contemplare il bene che viene dall’essere gregge del Signore.
Provocazioni di sapienza
- Desidero essere parte del gregge di Dio e prego perché molti pastori sorgano dal suo gregge?
- In questo tempo di avvento, da quale idolo potrei o dovrei liberarmi?
- Mentre preparo la venuta del Signore, so contemplare il bene che viene dallo stare permanentemente con Dio?
Preghiera alla Sapienza
Signore, noi siamo tuo popolo, gregge che tu pasci. Donaci di desiderare la tua venuta ed aiutaci a vivere sempre nella tua sequela. Solo così comprenderemo il bene che deriva a noi dalla tua compassione. Solo così potremo essere associati alla tua preghiera con la quale continuiamo a chiedere nuovi pastori santi per il tuo gregge. Amen