6° Domenica di Avvento
La sapienza di chi scruta i segni dei tempi, la sapienza dei figli del regno che sanno mettere mano alla conversione, come pure quella di chi cerca luci per il tempo in cui vive, la sapienza dell’accoglienza, la sapienza di chi precorre i tempi ci portano a concludere, oggi, questo cammino sapienziale invocando un ultimo atteggiamento: la sapienza di chi non teme.
Isaia
Is 62, 10 – 63, 3b
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu sarai chiamata Ricercata, “Città non abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza?». «Sono io, che parlo con giustizia, e sono grande nel salvare». «Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me».
Filippesi
Fil 4, 4-9
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
Vangelo
Lc 1, 26-38a
✠ Lettura del vangelo secondo Luca
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Vangelo
Il riferimento è la Parola di Dio rivolta, per singolare grazia, alla Beata Vergine Maria dall’Angelo Gabriele nell’annunciazione: “non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio!”. Quale fu il sentimento della Vergine, cosa provava Maria di Nazareth in quel momento? Perché l’invito a non temere? Difficile a dirsi, non possiamo sapere molto dalle parole stringate di San Luca. Eppure comprendiamo bene che tipo di timore era nella Vergine Maria: il “timor di Dio”, cioè quel sentimento di rispetto che si deve a Dio e che genera quel sentire misto di attrazione ma anche di timore che, forse, possiamo intuire. Maria vive con rispetto quella “irruzione” dello Spirito nella sua vita. Non avrebbe mai potuto nemmeno lontanamente pensare che era proprio lei la donna alla quale Dio si sarebbe rivolto per introdurre il Figlio nel mondo. Certo, era ben conscia di quell’augurio che si rivolgeva ad ogni giovane sposa: “possa tu essere la madre del messia!”. Ma un conto è un augurio formale, fatto per tradizione, al quale si risponde per cortesia. Un conto è vivere la verità di quell’augurio, avendo di fronte a sé il manifestarsi stesso di Dio attraverso l’Angelo Gabriele. Maria era colma di questo “santo timore”, non sapendo come ci si deve comportare di fronte all’emergere potente della presenza di Dio. Possiamo intuire le domande, i pensieri che passarono nella mente e nel cuore della Vergine. Pensieri, sentimenti, emozioni che, in un attimo, lasciarono il posto a quell’adesione della mente e del cuore, quel “fiat”, con la quale la Vergine, pur mantenendo quel timore che è segno di fede, si consegnava nelle mani di Dio per una missione singolare: generare dallo Spirito Santo.
È proprio la presenza dello Spirito che rende possibile la libertà di Maria, è il sostegno che lo Spirito dona alla Vergine che rende possibile questa consegna e questo continuo pensare, in modo umile, a ciò che sta per accadere dentro di lei. Sapeva, Maria, che molte donne dell’antico testamento avevano concepito in modo singolare, in tempi della vita in cui ciò non è più permesso dalla sapienza della natura. Sapeva, la Vergine, che in ciascuna di quelle occasioni Dio aveva steso la sua “ombra”, la sua “potenza”, la sua “forza” per rendere possibile ciò che era impossibile presso gli uomini. Perché dunque temere? Perché non vivere di fede? Così la Vergine attesta che c’è una sapienza degli uomini e delle donne di fede che non consiste nel non provare paure: esse sono un fatto umano, ma, piuttosto, consiste nel consegnarsi umili e fiduciosi nelle mani di Dio che tutto può. Questo è l’atteggiamento di sapienza che conduce ad una fortezza: la fortezza dello spirito, che è una virtù. È forte nello spirito non chi ha la risposta per ogni singola situazione, ma solo chi si consegna nelle mani di Dio e lascia fare a Dio, accettando che ci sia una volontà da accogliere e alla quale rispondere con la propria libertà. È questa la sapienza di tutti quegli uomini e di tutte quelle donne che, nel corso dei secoli, imitando la fortezza della Vergine, si sono consegnati nelle mani di Dio ed hanno risposto con la propria libertà alla proposta di Dio che è sempre mistero.
Isaia
Discorso sulla sapienza di chi non teme che ci porta all’interpretazione del profeta Isaia. Il profeta utilizza un’immagine: quella del vendemmiatore che ha la veste sporca per la vendemmia, rossa perché si è macchiata con il succo d’uva che ha prodotto da solo. Il riferimento del carme è molto chiaro e va subito alla sofferenza del Messia. In questa domenica della divina Maternità della Vergine, vediamo come il testo ci porta subito dalla poesia e dalla gioia di Nazareth per il mistero dell’incarnazione, al pensiero del dolore, al pensiero della sofferenza che accompagna il mistero della redenzione. Mistero di fronte al quale Cristo stesso ha provato “ tristezza e angoscia” e dunque mistero del quale Cristo stesso ha avuto timore. Anche Cristo ha guardato al suo morire salvifico per gli uomini e al suo soffrire volontario, con quel rispetto con cui si circonda il mistero di Dio e della sua volontà. È così che Cristo dimostra di non aver avuto paura degli uomini e di ciò che gli avrebbero fatto, ma, al tempo stesso, di aver provato tutta quella gamma di sentimenti e di emozioni che gli uomini provano nelle cose della vita. Anche Cristo si avvicina alla morte invocando il Padre, sapendo che la sua potenza lo accompagna. La sua potenza sarà la risurrezione.
Filippesi
È proprio per questa consapevolezza che Dio accompagna, che Dio stende la sua ombra, per usare l’immagine biblica, che San Paolo invita a “non angustiarsi per nulla; rallegratevi nel Signore”. Paolo sa bene che ci sono dei casi della vita in cui emerge, nel cuore dell’uomo, il sentimento della paura, spesso non razionale, ma dettata da eventi che provocano questa reazione emotiva nel cuore degli uomini. Lui stesso, più volte, si è trovato in questa situazione. Paolo ha fatto però leva sulla sua fede ed è stato in grado di comprendere che Dio non lascia mai soli. Ecco perché invita a dare il giusto peso alle cose e anche a rallegrarsi sempre nel Signore. Chi non teme le cose degli uomini perché sa che Dio lo accompagna, non è un uomo insensibile, non è un uomo che mette tra parentesi alcune emozioni o alcune reazioni che da esse nascono, ma è un uomo di fede, che dà ordine alle emozioni e vive anche le cose che nella vita mettono paura sorretto dal desiderio di piacere a Dio in tutto e per tutto. A qui l’invito a concentrare il proprio pensiero su ciò che è “bello, vero, nobile, amabile, onorato: tutto ciò che merita lode, questo sia l’oggetto dei vostri pensieri!”
Provocazioni di sapienza:
- Credo che tutti nella vita ma in particolare quest’anno, abbiamo provato paure. Forse quest’anno più del solito, perché siamo stati messi in una situazione oggettiva di sperimentazione di fragilità. Non solo: siamo stati messi anche in una situazione di relativa solitudine, che, per qualcuno, è diventata proprio di solitudine assoluta. La fragilità, unita alla solitudine, non può che avere prodotto paura: la stessa paura di essere soli, la paura di non farcela, la paura di rimanere schiacciati. Potremmo poi dare diversi nomi alla paura acuita dalla solitudine e questo dipende molto anche dalla nostra età, dalla nostra salute e dal nostro stile di vita.Non sono pochi coloro che cercano di reagire alla paura negandola, mostrandosi più forti di quello che interiormente si è, cercando di esorcizzare il problema in maniera molto diversa: non curandosene oppure eccedendo nei vizi tradizionali dell’uomo o ancora cercando relazioni – reali o virtuali che siano – per uscire da un mondo che rischia di schiacciarci.
Tra queste considerazioni è emersa in modo del tutto particolare la paura dei giovani, che ha avuto espressioni eclatanti, come il non curarsi di norme e restrizioni o lo sfociare in forme di violenza che anche in questi giorni hanno accompagnato fatti di cronaca nazionale. Al di là di questo casi eclatanti la paura dei giovani si esprime, per lo più, nella rassegnazione, nella rinuncia al vivere, nella pigrizia, nell’esplosione della collera, specie in famiglia, luogo dove queste tensioni emergono con maggiore facilità e senza freni inibitori.
Come si reagisce a tutto questo? Non con la forza, che può essere fisica o verbale, che porta alla violenza o alla collera, ma con la fortezza. Parola oggi poco usata, che indica una virtù: la virtù della Vergine Maria, quella di cui ci ha parlato la scrittura, ovvero quell’atteggiamento di sapienza di chi considera che Dio sempre lo accompagna. La fortezza permette di affrontare le paure ricordando che non si è mai soli e cioè togliendo da quella solitudine che opprime. La fortezza vince la pigrizia, la rassegnazione, il pensiero di non farcela, o di essere in un momento in cui l’esistenza viene rovinata.
La fortezza è quell’atteggiamento del cuore che ci fa comprendere la differenza tra la paura e il timore. Mentre la paura indica una reazione, per lo più non razionale, alle cose della vita, atteggiamento, quindi, da superare, il timore indica il rispetto per Dio che, anche nelle cose difficili della vita, è presente e con la sua grazia, permette di scuotere il torpore, la noia e qualsiasi paura che alberga nel cuore dell’uomo.
L’atteggiamento di sapienza richiesto:
è allora quello di saper sempre distinguere tra la paura irrazionale che nasce in noi quando vacillano le certezze e il timore di Dio, atteggiamento con cui, in ogni età della vita e in ogni difficoltà dell’esistenza, possiamo guardare a Dio che ci accompagna, ci sprona, ci invita a soppesare bene le cose, ci invita a rallegrarci in Lui che, nella Pasqua di risurrezione, ha già vinto ogni forma di male e di ombra che può pesare sul cuore dell’uomo. Vi invito quindi a non vivere questi giorni con spirito di rassegnazione, a non pensare ad un Natale triste perché diverso, ma a guardare ad un Natale di fede, in cui Cristo può nascere dentro di noi con la sua rassicurante presenza.
Preghiera alla Sapienza:
Maria Madre di Cristo, Tu sei Colei che ha permesso l’incarnarsi della Sapienza increata che è il Cristo tuo Figlio. Dona a noi, che in Lui siamo tuoi figli, la forza di saper distinguere tra la paura e il timore; donaci la forza di superare le paure che sono in noi per conservare quel santo timor di Dio che è l’atteggiamento di rispetto con il quale, sempre, dobbiamo metterci alla presenza dell’unico Padre di tutti. Guidaci alla meta del possesso della sapienza, noi tutti che abbiamo camminato nella ricerca della Sapienza che viene dal Figlio Tuo Gesù. Così sia.