3 domenica dopo l’Epifania
Per introdurci
- Che valore diamo all’eucarestia?
- Che posto occupa nella nostra vita di fede?
Questa terza domenica dopo l’Epifania ha a cuore questa riflessione: la manifestazione di Gesù, che è già brillata nella rivelazione alle genti – Epifania dei Magi -, che è proseguita nella rivelazione di Gesù come Unigenito del Padre – Epifania del Battesimo al Giordano -, che è diventata manifestazione di gioia – Epifania di Cana -, diventa ora Epifania di amore nel contesto dell’Eucarestia . epifania della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il contesto della narrazione evangelica è però ben introdotto dai primi due testi biblici.
La Parola di Dio
LETTURA Nm 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a
Lettura del libro dei Numeri
In quei giorni. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il Signore disse a Mosè: «Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”». Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie.
SALMO Sal 104 (105)
Il Signore ricorda sempre la sua parola santa.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. R
Fece uscire il suo popolo con argento e oro;
nelle tribù nessuno vacillava.
Quando uscirono, gioì l’Egitto,
che era stato colpito dal loro terrore.
Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte. R
Alla loro richiesta fece venire le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque:
scorrevano come fiumi nel deserto.
Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo. R
EPISTOLA 1Cor 10, 1-11b
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.
VANGELO Mt 14, 13b-21
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Numeri
Anzitutto il testo dei numeri. Un brano che si riferisce al tempo dell’Esodo che la Scrittura ci aiuta a interpretare anche come il tempo della lamentazione. Il popolo di Israele è uscito dall’Egitto, sta attraversando il deserto, già vede un prodigio di Dio che rimanda anch’esso all’Eucarestia futura: la manna. Eppure questo popolo che già vede e gusta la presenza di Dio nel suo cammino, è anche un popolo che non cessa di lamentarsi: il rimpianto è sempre più forte della lode. Ecco che si rimpiangono le famose “cipolle di Egitto”, per la verità insieme ad altri ortaggi e altri alimenti che la vita da schiavi offriva. Un popolo chiamato a libertà rimpiange la schiavitù. Un popolo chiamato da Dio, preferisce non ascoltare la sua voce e non affrontare la fatica di un viaggio verso sé stessi, oltre che verso Dio. Meglio l’oppressione e la vita sicura che la libertà e la vita incerta! Così quel cammino che doveva essere tutto segnato dalla conoscenza e dall’amicizia con Dio, diventa, improvvisamente, cammino scandaloso che rifiuta proprio Dio. Eppure Dio, proprio perché Dio vicino, proprio perché Dio che ascolta, concede nuovo cibo: le quaglie. Un segno che Israele riceve nel tempo dell’Esodo e che interpreta proprio così, come l’intervento miracoloso di Dio che si prende cura e nutre il suo popolo. Al lamento Dio risponde con una nuova presenza. Al lamento Dio risponde con nuova donazione di sé.
Epistola
Anche San Paolo, che conosce bene questi fatti perché li ha studiati e li predica continuamente, ricorre a questa immagine per dire ciò che, secoli dopo, accade nella comunità cristiana. Egli vede battezzati che, invece che attingere forza per il proprio cammino cristiano dall’Eucarestia, lasciano che le cose della vita avviliscano anche il loro cammino di fede. Ecco il richiamo fortissimo di Paolo. Facendo memoria di coloro che continuarono a tentare la pazienza di Dio nel deserto, Paolo chiama tutti a conversione. Proprio nel nome del Signore che si riceve in ogni eucarestia, è necessario porre fine alla lamentazione e, piuttosto, lasciare che l’Eucarestia ricevuta come novità di vita, continui a parlare dentro il cuore di ciascuno. L’invito è chiarissimo: non occorre fare come qualcuno di quegli uomini che, pur alimentandosi alle realtà della fede, poi viveva una vita piena di altre cose, lasciando che “divertimenti” – li chiama San Paolo – umani, distruggano ciò che si doveva ricevere alimentandosi a quella “roccia spirituale” che è il Cristo. Anzi, Paolo comprende e insegna che le cose accadute nell’Esodo furono “date a noi come un ammonimento” e, per questo, prega la sua comunità di non cadere nell’opera del tentatore che, sempre divide, ma, rimanendo attaccati alla roccia che è Cristo, invita ciascuno a fare della propria vita un atto di donazione a Dio, come si riceve la sua donazione a noi nel mistero eucaristico.
Vangelo
Questi elementi ricorrono anche nella narrazione evangelica.
La fatica. Anzitutto questo primo elemento: l’evangelista sottolinea con forza che ci troviamo in una regione desertica. C’è stata la fatica di seguire il Signore, la fatica del cammino, la fatica del caldo, del sopportare il sole. Eppure Gesù, che ha fatto questa fatica al pari degli altri, mostra un segno di profonda compassione e di vera vicinanza a quegli uomini: non vuole rimandarli digiuni, stanchi, accaldati, senza un ristoro.
Il cibo. Il cuore del Vangelo è questa moltiplicazione dei pani e dei pesci, ciò che i discepoli hanno a disposizione, perché diventi cibo per la moltitudine. Così il vangelo insegna, riprendendo anche il primo testamento, che la fede non è solo consolazione del cuore e nemmeno solo pensiero della mente. Essa è ristoro per il corpo. Il cibo che Dio dona è, prima di tutto, sostegno del cammino, forza per l’umanità che, in qualche modo è ferita. Era già vero al tempo dei prodigi dell’Esodo ma diventa ancor più evidente nella vita e nel ministero di Gesù.
Contro ogni mormorazione. Anche il Vangelo spiega e lascia intendere che qualcuno che mormora c’è sempre. Il cuore dell’uomo è, però, invitato a chiudersi nel silenzio e a contemplare la presenza misteriosa di Gesù in quel cibo che viene dato a tutti, piuttosto che lasciarsi andare ad una inutile e sterile lamentela che rovina il cammino di tutti, di chi la propone ma anche di chi la ascolta o, semplicemente, la subisce.
Sazietà e abbondanza. Non solo. Il Vangelo ci ricorda che tutti mangiarono a sazietà e che furono poi portate via anche delle ceste con i pezzi avanzati. Come dire: l’azione di Dio è sempre sovrabbondante, è sempre superiore al bisogno. La grazia di Dio, come ai tempi dell’Esodo e come è nella vita della Chiesa, non ha mai limite. Dio è sempre abbondante in tutto ciò che fa per l’uomo. Il suo amore e la sua vicinanza sono, davvero, senza limiti.
Per il nostro cammino
Credo che le scritture, che ben ci portano verso il compimento del cammino di questo mese che saranno le giornate eucaristiche, ci aiuta a capire cosa è per noi tutti l’Eucarestia e come dovremmo viverla.
L’Eucarestia è il centro e il cuore di un cammino. Mi pare di vedere che, oggi, la celebrazione della Messa, non è più un fatto scontato. Magari anche noi che siamo qui, abbiamo fatto fatica a venire, abbiamo dovuto superare le difficoltà che ci avrebbero trattenuto lontano. Per vivere il proprio cammino di fede, sempre, occorre superare una certa fatica. L’Eucarestia, sta dicendo a chi di noi fosse in questa posizione, è sostegno per la fatica del cammino. A volte occorre solo vincere la pigrizia dello stare lontani per incontrare i benefici di Dio. A tutti è detta questa verità, perché la fatica del cammino, prima o poi, invade il cuore di tutti. Ma L’Eucarestia è anche sostegno contro le fatiche della vita. Nella presentazione dei doni, quando il pane e il vino vengono portati all’altare, è la vita di tutti che viene presentata a Dio, la vita di ciascuno, con le sue fatiche e le sue gioie, con le sue ricchezze e le sue difficoltà. La vita di ciascuno è lì, nel Sacramento, così come è, per ricevere dal Sacramento forza, vigore, sostegno, aiuto.
L’Eucarestia è realtà di popolo. Il secondo insegnamento. L’Eucarestia è realtà di popolo, ovvero non è proprietà di nessuno. È il Signore che si dona a chi lo accoglie, non è per qualcuno soltanto. Tutti dovremmo sempre sentirci chiamati a condividere questo pane di vita. Condivisione che, come ci ricordavano i testi sacri, rende poi missionari o testimoni. Siamo noi per primi che dovremmo dire a tutti, ma specialmente a chi non celebra, non frequenta l’Eucarestia, che questo pane del cielo è dato per tutti e tocca noi richiamare a questo momento di celebrazione, di alleanza, di gioia, coloro che, per qualche motivo, stanno lontani da questo tesoro di amore e di donazione che è la S. Eucarestia.
Contro ogni mormorazione. I testi sacri ci illuminano anche sul mistero della mormorazione, che, sempre, accompagna l’uomo. Come nell’Esodo ci si lamentava di Mosè e del cammino da fare, oggi ci si lamenta di tante altre cose, che comprendono anche la propria esperienza ecclesiale o il tempo che si sta vivendo. Le scritture ci ricordano che l’Eucarestia è anche il luogo dove, se vogliamo, possiamo esporre a Dio le nostre mormorazioni. Non come sfogo, ma come criterio di verità. Di fronte a Dio ogni mormorazione diventa silenzio, perché quando l’amore illumina queste realtà umane, si trova il senso di tutto. Certo, con la costanza della preghiera e, dunque, se vogliamo, vincendo anche la difficoltà dello stare davanti a Dio.
Attingendo alla roccia spirituale di Cristo. Infine mi pare che le scritture ci obblighino, quasi, ad un deciso cambio di passo. La celebrazione non è uno spazio sacro nel quale rifugiarsi dimenticandosi delle cose concrete della vita. Al contrario è il luogo dove mettere tutto sé stessi, dove portare anche le proprie difficoltà, i propri problemi, le proprie incongruenze, per ricevere sostegno e pace. Però a noi è chiesto di non fare come il peccatore che viene, celebra e, poi, distratto se ne va tornando quello di prima. L’Eucarestia chiede una trasformazione. Non è una pausa dentro una vita che rimane sempre uguale. Se uno si abbevera alla roccia di Cristo, chiede di fare questa esperienza.
Chiediamo anche noi di fare questa esperienza. Chiediamo anche noi, come dono spirituale di questa celebrazione, di superare ogni difficoltà, ogni limite, ogni mormorazione, ogni desiderio ingiusto o smoderato, per vivere meglio l’esperienza di vita di tutti i giorni. Per fare questo occorre anche vincere la pigrizia e non fare dell’eucarestia domenicale il solo incontro settimanale con Dio. Abbiamo bisogno di vivere più spesso questo incontro che libera, trasforma, sostiene, aiuta. È quello che tutti possiamo sperimentare vincendo quella pigrizia che è la fine di ogni desiderio di fede. Il Signore, realmente presente nel Sacramento, ci aiuti, ci sostenga e ci guidi a questa comprensione del Sacramento della Sua presenza.