4 di Pasqua
Per introdurci
“Le mie pecore ascoltano la mia voce”. È il tema centrale di questa quarta domenica di Pasqua che è anche la domenica di riflessione sulle vocazioni.
- Cosa intendiamo per ascolto della voce del Signore?
- Ci rivediamo in questa definizione del cristiano?
- Come viviamo l’interpretazione della nostra vita intesa come vocazione?
La Parola di Dio
LETTURA At 20, 7-12
Lettura degli Atti degli Apostoli
Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte. C’era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti. Ora, un ragazzo di nome Èutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: «Non vi turbate; è vivo!». Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.
SALMO Sal 29 (30)
Ti esalto, Signore, perché mi hai liberato.
Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia.
Signore, mio Dio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere
perché non scendessi nella fossa. R
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. R
«Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!».
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio,
ti renderò grazie per sempre. R
EPISTOLA 1Tm 4, 12-16
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbìteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.
VANGELO Gv 10, 27-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Vangelo
Partiamo proprio dal tema evangelico. “ascoltare la voce del Signore” è una costante della scrittura. Quando Gesù dice questa parola, si appella ad un tema molto noto. Non in teoria, come mai capita nella Bibbia. La bibbia non ci dice cosa sia l’ascolto della parola del Signore in astratto, piuttosto ci mostra casi, storie di uomini, di donne che hanno fatto dell’ascolto della Parola di Dio il cardine della propria esistenza. Uomini e donne dello Spirito, che hanno saputo illuminare le scelte della propria esistenza, proprio a partire dalla Parola del Signore cercata, amata, condivisa con altri uomini e donne alla ricerca della propria vocazione.
Il Signore assicura a tutti coloro che vogliono vivere così, a tutti coloro che hanno questo ideale di vita, che “non andranno mai perduti in eterno e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Parola franca, che dice la stabilità di una vita che si affida a Dio. Il Signore è molto chiaro in proposito: all’uomo che cerca una stabilità di vita, all’uomo che cerca una verità per i propri giorni, è offerto di seguire quella voce che, sola, sa dare stabilità, certezza, continuità ai propri giorni e, quindi un senso a tutto l’intero arco della propria vita.
Atti
Come, è il caso di ripeterlo, accade nella vita di San Paolo. Paolo è solo un esempio, ce ne potrebbero essere molti altri. È un caso simbolico: un uomo che sa affidare la propria vita alla Parola di Dio, che continua ad approfondire, continua a cercare, continua a proclamare e a condividere con altri, perché come lui ha trovato stabilità e certezza di vita per i suoi giorni, altri possano trovare la medesima realtà, la medesima stabilità di vita per i propri giorni e la medesima felicità. Non ci sono solo uomini illustri, anime eccelse che hanno condiviso questo ideale di vita. Ci sono tanti uomini e donne normali, come quelli che si trovano per celebrare la Messa ed ascoltano la parola predicata da Paolo. Ci sono anche ragazzi che capiscono il valore vocazionale dell’esistenza e si affidano a Dio, come Eutico che, giovane ragazzo, si addormenta nell’ascoltare San Paolo e la sua interminabile predicazione. Un caso gustoso che ci dice che non è sempre facile ascoltare la Parola e chi la porta! Uno spaccato di comunità che si ripete nei nostri giorni e che ci ricorda che la Parola di Dio deve essere cercata con impegno, determinazione, volontà. È molto difficile scoprire il vero valore della Parola, se non dentro una storia di fede, di dedizione, di ricerca, di superamento di quelle difficoltà che insidiano il cammino di ogni uomo.
Epistola
Certo il cuore della liturgia della Parola di oggi è costituito dall’Epistola e dalle raccomandazioni di Paolo a Timoteo, un uomo che si è affidato alla Parola, un uomo che ha scoperto la sua vocazione, un uomo che rinnova la sua vocazione proprio nell’ascolto attento e meditato della medesima Parola che rinnova continuamente la sua vita. In che cosa consiste l’ascolto della Parola?
“Sii di esempio…”. Il credente non si ritiene mai migliore degli altri, ma sa che la sua fede deve essere di esempio per gli altri. Dunque il cristiano, non certo solo Timoteo, si deve impegnare perché dalla sua fede che si rinnova nell’ascolto della Parola di Dio brilli il desiderio di vivere in modo esemplare. Esemplare, cioè tale da non poter suscitare il rimprovero degli altri, tale da permettere alla vita di essere specchio di ciò che si dice.
“… nel parlare, nella comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza”. San Paolo, con molta precisione, ci dice quali sono i campi nei quali il cristiano si esercita per essere di esempio agli altri. Il primo è la parola. Ovviamente non deve essere sulle labbra del cristiano la parola che proviene dalla falsità, dalla menzogna, la parola divisiva, la parola che offende, la parola cattiva. È il primo punto che Paolo ci offre. Poi il comportamento, che deve essere degno di un cristiano. La vita non deve falsificare ciò in cui si crede. Il modo concreto di vivere di ogni giorno deve essere sempre fatto di attenzioni. Attenzione a quello che si fa, per non dare scandalo a nessuno. Nella carità, poi. Il cristiano si distingue perché tratta tutti con occhio caritatevole e decide di intervenire sempre quando vede qualcosa che richiama la sua attenzione. Il cristiano dona quello che è e quello che ha perché la vita degli altri possa essere sovvenuta. Anche nella fede, cioè nel modo di credere, nel modo di pregare il cristiano dà esempio. Si distingue da coloro che non hanno fede perché mette Dio al centro della sua vita. È proprio dalla fede che dipende la carità, come anche il modo di comportarsi. Come anche la visione dell’amore. Il cristiano non si mischia con coloro che non vivono alcuna forma di purezza. Il cristiano è molto attento ai suoi costumi e difende sempre il modo con cui vivere la relazione d’amore tra uomo e donna. Chiaramente attento a tutti, accogliendo tutti, il cristiano non perde mai l’occasione per testimoniare, con la sua stessa vita, cosa chiede la fede anche in questo campo delicatissimo. Come si vede, chi accoglie la parola non si limita a leggere la Bibbia! Dalla Scrittura ricava una serie di indicazioni concrete, pratiche per tutti gli aspetti più concreti della sua vita.
“ Dedicati alla lettura, all’esortazione, all’insegnamento”. Il credente non sta mai con le mani in mano e non crede mai che la sua fede sia già arrivata ad un punto sufficiente. Anzi, fa di tutto per spronare sé stesso per una ulteriore lettura, per un ulteriore approfondimento, per un ulteriore passo da fare. La sua testimonianza si gioca sempre anche in favore degli altri, per cui il credente richiama il non credente o il non più credente. Nel rispetto, sa però parlare di Dio e sa incentivare ad una vita di fede. Il cristiano ha nella sua vocazione un carisma di insegnamento che non perde mai.
“Non trascurare il dono che ti è stato dato”. Timoteo è vescovo e non deve trascurare il dono ricevuto, che è quello della fede, del battesimo, poi del Sacerdozio e, infine, dell’episcopato. Qualsiasi sia il dono ricevuto, però, il cristiano non lo perde mai di vista. Qualsiasi vocazione un credente abbia ricevuto, non la perde mai di vista e fa in modo che la sua attenzione sia sempre alta perché ogni credente sa bene che la vocazione è sempre fragile. Per questo se ne prende cura, come si ha cura di un dono particolare e speciale.
“Veglia su te stesso, così salverai te stesso e quelli che ti ascoltano”. Il cristiano sa bene anche che la vigilanza è stata raccomandata a più riprese dal Signore, per questo la mette sempre in pratica, perché sa che in questo modo può salvare sé stesso ma anche gli altri.
Per noi e per il nostro cammino
Parliamo spessissimo dell’ascolto della Parola, eppure non è mai abbastanza! Non è mai sufficiente per capire che è proprio da questo ascolto che dipende la qualità non solo della nostra fede ma della nostra vita intera.
Siamo persone stabili?
La prima domanda che vorrei che ci facessimo è proprio questa. Stabili nella vita, stabili nei rapporti, stabili rispetto alla vocazione che abbiamo ricevuto. Mi pare di vedere molta gente che non è stabile. Non è capace di perseverare nei rapporti, non è capace di avere un progetto di vita serio, non riesce ad avere un ideale onesto attorno al quale far ruotare la propria esistenza. Vedo moltissima gente instabile, gente che non ha saputo interpretare la propri avita in senso vocazionale proprio a causa della propria instabilità. Curare la fede significa, anzitutto, avere questo dono.
Diamo l’esempio?
In secondo luogo, vorrei che ci facessimo questa seconda domanda. San Paolo ci ha detto con assoluta chiarezza che il cristiano è l’uomo dell’esempio, l’uomo che ricava, dalla sua fede, un criterio di comportamento pratico, nel parlare, nella fede, nella purezza. Forse dovremmo proprio chiederci se noi che veniamo in chiesa, noi che siamo qui questa domenica a celebrare la Messa, siamo poi capaci di vivere così, dando esempio, per come parliamo, per come viviamo, per come interpretiamo il tema dell’amore. La gente, specie chi non ha fede, attende questo da noi: noi dobbiamo essere così. La tristezza, il guaio del nostro tempo, è quello di vedere cristiani che hanno espressioni liturgiche, ma, poi, si comportano disonestamente, parlano in modo falso, vivono l’amore come meglio credono. La fede non è questo! Se la fede non illumina questi contesti di vita, non serve a nulla!
Trascuro il dono che mi è stato dato?
Ancora vorrei che tutti ci chiedessimo se sappiamo interpretare la vita come vocazione e se siamo capaci di custodirla, di fare tutto quello che bisogna fare per viverla fino in fondo, con impegno, con responsabilità. Tante volte mi pare che ci siano orizzonti vocazionali che non sono vissuti bene perché non sono curati. Non è possibile perseverare in un orizzonte vocazionale se non ci dedichiamo onestamente alla cura di quello che siamo stati chiamati ad essere. Troppo spesso orizzonti di vita, scelte vocazionali, impegni seri vengono meno per mancanza di cura.
Sappiamo che abbiamo anche la responsabilità di salvare gli altri?
Chi ha fede, chi ascolta la Parola con forza, sa benissimo di avere una responsabilità anche per quanto riguarda il cammino di fede degli altri. Anche di chi non ha fede. Il compito della nostra vocazione è salvare la nostra anima ma anche tentare di salvare quella degli altri. Se già il primo compito è difficilissimo, figuriamoci il secondo! Eppure Dio ce lo assegna, con urgenza, con forza, perché noi tutti sappiamo davvero di dover corrispondere ad un compito più grande di noi che possiamo vivere solo con al forza dello Spirito Santo.
È proprio questo il dono da chiedere oggi, perché la nostra vita diventi sempre ascolto docile della Parola di Dio, acquisti stabilità, venga percepita come autentica vocazione, riesca a farci salvare l’anima e a contribuire a salvare quella degli altri.