Giovedì dell’Ascensione del Signore
Un continuo rimando a cielo e terra. La festa dell’Ascensione, nelle sue due Messe, quella della vigilia e quella del giorno che stiamo celebrando, che hanno in comune solo l’Epistola e il vangelo mentre cambia la prima lettura, ci offre questo: un continuo cambio di orizzonte tra cielo e terra.
Vangelo
Lc 24, 36b-53
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi ». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Atti
At 1, 6-13a
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Quelli che erano con lui domandavano a Gesù: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi.
Efesini
Ef 4, 7-13
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Vangelo
C’è ancora un piccolo luogo, un’edicola, un tempietto che custodisce la pietra dalla quale Cristo si staccò da terra per salire al cielo. Come c’è una pietra, una terra, che ha raccolto il suo primo essere posato nel mondo, quando nacque, ovvero la grotta della natività nella basilica della Natività a Betlemme, così c’è un ultimo brandello di terra, quello verso Betania, poco distante dal monte degli ulivi, che raccoglie l’ultimo pezzo di terra toccato dal Signore. Luoghi santi, luoghi degni di fede. Tanto che noi ci rechiamo in pellegrinaggio a questi luoghi, li custodiamo, li veneriamo, li rendiamo oggetto costante della nostra preghiera. È esattamente quello che hanno fatto i discepoli quando videro la scena: “si prostrarono davanti a Lui”. Noi, oggi, non lo facciamo nella verità del luogo, ma è come se fossimo là. Fisicamente siamo qui, ma spiritualmente ci lasciamo trasportare dallo Spirito in quel luogo santo e benedetto che raccolse l’ultima presenza del Signore.
Eppure la spiritualità di questo giorno non è quella della venerazione di un luogo, ma quella della lode a Dio per tutti gli eventi della vita di Cristo. Lo diceva molto bene il Vangelo: i discepoli e chi assistette a quell’ultimo prodigio della vita di Cristo, non si fermò ad adorare un luogo, ma tornò nel tempio per lodare Dio. Così dovremmo fare noi tutti oggi. Lodiamo Dio perché sappiamo che Cristo, nel suo ritorno al Padre, non ci dimentica. Se noi custodiamo sulla terra i luoghi dove egli passò, dove operò miracoli, dove predicò, Egli, dal cielo, custodisce noi. Questo è ciò che i discepoli ci hanno trasmesso, mentre ci parlavano della sua gloriosa ascensione.
Ascensione che è intrinsecamente legata al suo aver assunto la carne dell’uomo, al suo aver calpestato le strade degli uomini, al suo aver mangiato con loro, parlato con loro, condiviso la loro vita, come tutta la prima parte del Vangelo ci ricordava. La festa dell’ascensione non è la festa di un assente, non è un modo per ricordare chi non c’è più consolandosi per la sua assenza, ma è un modo per contemplare già quel mistero di gloria che verrà riservato per ciascuno di noi. La festa dell’Ascensione ci dice a cosa è destinata la carne dell’uomo. Il corpo dell’uomo non è destinato alla morte, non è destinato alla consumazione, ma è destinato alla vita eterna nei cieli. Dio che attira a sé Gesù risorto dai morti, Gesù che porta con sé il suo corpo glorificato, ci dice che questo è il destino, la meta, il fine della nostra esistenza. Anche il nostro corpo è destinato a stare per sempre nei cieli con Cristo risorto. Questa è la verità del mistero della stessa umanità. Creati ad immagine di Dio, noi siamo destinati alla redenzione e alla gloria eterna. Lo dice il corpo glorificato del Signore che ascende al cielo, lo dice il corpo glorificato di Maria che è stata assunta al cielo. Noi siamo destinati alla comunione piena della vita in Dio con anima e corpo.
Efesini.
Insieme ad un altro insegnamento. Il cristiano non si rifugia nell’Ascensione per trovare una spiegazione alle cose che, di per sé, non si spiegano. Il cristiano non fugge nel mondo futuro perché non sa come stare in questo mondo. Il cristiano non fugge mai da nessuna parte, ma è sempre ben ancorato alle cose del tempo, della storia, del mondo. Lo diceva con mirabile chiarezza San Paolo nella seconda lettura. L’apostolo ci ricordava che l’Ascensione del Signore significa che, prima, Cristo era sceso sulla terra, aveva scelto la dimensione di vita dell’umanità, aveva condiviso in tutto, come già ci diceva il Vangelo, la vita degli uomini. Così che gli uomini che sono destinati alla vita eterna, capiscano che il loro compito è comunque quello di gustare questa vita, di verificare la bellezza dell’esistenza, di impegnarsi fino in fondo nelle cose del tempo. Il cristiano è un uomo che non fugge da nessuna parte, ma che sa gustare le cose che Dio gli offre. Il cristiano è l’uomo che ama essere presente nel tempo per darsi da fare nel tempo che gli viene offerto. Il cristiano gusta la vita e vede in essa i segni di Dio. Non ha bisogno di fuggire da nessuna parte. Egli sa che il tempo che gli viene donato e le cose concrete che esso contiene sono dono di Dio.
Atti.
La lettura degli Atti ci mette di fronte ad un rischio. Il rischio di non vivere bene il tempo presente pensando a come dovrebbe essere e, invece, non è. È proprio questo che fanno gli apostoli quando domandano: “è questo il tempo in cui ricostruirai Israele?”. Segno che anche gli apostoli avevano un’interpretazione del tempo diversa da quella che chiedeva loro il Signore. Anche dopo la Pasqua il discepolo fa fatica a non pensare a un futuro di gloria, dove tutto mostra le ragioni del credere, dove diviene evidente la messianicità di Gesù dove brilla la “ragione” del proprio partito…
Non è così che bisogna interpretare il presente, come il tempo per avere ragione, come il tempo nel quale gustare il senso di una vittoria su qualcun altro. Il presente, ci diceva San Luca, nell’ottica di Dio è il tempo dell’impegno. È il tempo nel quale avere il gusto delle cose del cielo, ma, al tempo stesso, rimanere ben ancorati alle cose della terra, dandosi da fare per esse.
È per questo che essi “fecero ritorno a Gerusalemme, e salirono nella stanza al piano superiore dove erano soliti riunirsi”. C’è un ritorno alla normalità che non è un semplice tornare a fare le cose di prima e di sempre, ma che è un modo per tornare a tutte queste cose, con il gusto e la forza di Cristo risorto. È da qui che nasce un nuovo impegno e una nuova speranza.
Per noi.
- Abbiamo questa fede?
- Interpretiamo anche noi così il tempo?
- Attendiamo con fiducia la manifestazione di Dio, dandoci da fare e impegnando i nostri talenti per questo tempo?
Credo che non tutti abbiamo questo equilibrio grande che ci viene offerto, come spunto di meditazione, nelle scritture di oggi. Molti di noi sono completamente reclinati sul presente. Ecco coloro che vivono un super impegno nelle cose della vita, coloro che si concentrano nelle cose da fare. Non solo in negativo, dico questo, ma anche pensando a quei cristiani che si sentono più uomini e donne di azione che di contemplazione. Il rischio di buttarsi a capofitto nelle cose del presente, rischia di chiudere l’orizzonte sopra di noi e di non farci gustare le “cose di lassù”, verso le quali siamo in cammino e alle quali siamo chiamati.
Come, al contrario, ci sono degli spiritualismi esasperati, persone che si lasciano prendere da manie mistiche, e, rifugiandosi in queste cose, trascurano le cose della terra.
L’Ascensione ci parla di equilibrio. Ci parla di attenzioni che occorre avere al presente per attendere il futuro, ci parla di gusto della vita attuale, per attendere, con ancora più gusto, quella eterna.
La festa dell’Ascensione ci dice che, se non saremo pienamente uomini, non potremo nemmeno gustare le cose del cielo.
Riflettiamoci e viviamo bene il tempo presente per gustare, un giorno, anche quello futuro.