Settimana della undicesima domenica dopo Pentecoste – Venerdì
Vangelo
Lc 12, 22-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto?».
Per che cosa ci preoccupiamo? Io credo per una infinità di cose, di cui, quelle prese come esempio dal Signore, sono solo alcune. Ci preoccupiamo molto delle cose da mangiare, tanto che questa sembra anche essere una distrazione che acquista un grande richiamo nella mente di non poche donne a messa, oppure ci preoccupiamo molto del vestito, specie i giovani che hanno un innato desiderio di essere sempre alla moda. Certo, facciamo tante cose di questo genere, per molti aspetti della vita! Che dire? Che siamo lontani dal Vangelo! il motivo è uno solo, ed è specificato anche questo nella pagina del Vangelo che abbiamo letto oggi. Abbiamo perso il gusto della contemplazione. Se, appunto, avessimo il gusto per contemplare i gigli del campo o gli uccelli del cielo, avremmo certo una certa predisposizione a fidarci di Dio, come la creazione nel suo insieme, che, ogni giorno, viene sostenuta da Dio e, da millenni e millenni, non perde il suo fascino e il suo splendore. È la forza della contemplazione che aiuta a vedere le cose da un punto di vista diverso da quello che, per lo più, si vive nel mondo, ovvero di quell’interesse che porta a vedere tutto dal solo profilo economico come anche la parabola ascoltata ieri ci ha fatto intendere.
Penso, poi, ci siamo tutti sentiti presi in causa quando Gesù parlava del desiderio di allungare la vita, desiderio che tutti abbiamo, anche se ci permettiamo di aggiungere che deve continuare alla condizioni che indichiamo noi, perché se manca la “qualità del vivere”, che corrisponde alla salute, per lo meno, allora non sappiamo nemmeno bene cosa farcene di questo dono superlativo.
Il Signore ci ricorda che, invece, la vita va accolta come un dono, fino a quando Egli ci conserva sulla scena di questo mondo, come molte pagine del Vangelo ci aiutano a comprendere e a credere.
Cronache
2Cr 36, 5-12. 17
Lettura del secondo libro delle Cronache
In quei giorni. Quando divenne re, Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Contro di lui salì Nabucodònosor, re di Babilonia, che lo legò con catene di bronzo per deportarlo a Babilonia. Nabucodònosor portò a Babilonia parte degli oggetti del tempio del Signore, che depose a Babilonia nella sua reggia. Le altre gesta di Ioiakìm, gli abomini da lui commessi e ciò che risulta a suo carico, sono descritti nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Al suo posto divenne re suo figlio Ioiachìn. Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi e dieci giorni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore. All’inizio del nuovo anno il re Nabucodònosor mandò a prenderlo per deportarlo a Babilonia con gli oggetti più preziosi del tempio del Signore. Egli nominò re su Giuda e Gerusalemme suo fratello Sedecìa. Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni a Gerusalemme. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, suo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia, che gli parlava in nome del Signore. Allora il Signore fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i loro uomini migliori nel santuario, senza pietà per i giovani, per le fanciulle, per i vecchi e i decrepiti. Il Signore consegnò ogni cosa nelle sue mani.
La storia di Israele ma anche la storia di tutti i popoli, ci ricorda e ci insegna cosa capita quando l’uomo punta tutto su sè stesso, sulla ricerca del prestigio e della ricchezza, sull’apparenza… Accade, come è accaduto nella storia di Israele, che prima o poi arriva qualcuno più forte che mette a ferro e a fuoco le città e che rovina qualsiasi desiderio di ricchezza, sopravvivenza, onore…
Israele rilegge con fede questa pagina terribile della sua storia e arriva a dire che tutte le disgrazie che si sono susseguite nel popolo di Israele sono state la causa prima della rovina di tutto il popolo. La perdita della fede comporta sempre una perdita di umanità e, quindi, la perdita di ogni cosa buona e bella della creazione.
Nonostante queste cose siano insegnate non solo della fede ma anche dall’esperienza – in tutti i popoli della terra è accaduto infatti qualcosa del genere – nessuno ha il coraggio di convertirsi e di abbracciare con maggior decisione e coerenza la via della fede.
Per noi
San Pio X, il santo che oggi onoriamo e festeggiamo, è un Santo che ha saputo vivere la preoccupazione per le cose giuste e che ha saputo insegnare agli uomini del suo tempo come mettere la fede al primo posto, per crescere in umanità e grazia. Uomo di spirito pratico, fu riformatore della catechesi, del canto liturgico, diede impulso agli studi biblici, si interessò della politica, specie italiana, per risolvere i problemi creatisi con l’unità d’Italia. Un uomo che amava, sopra ogni cosa, tenere le sue lezioni di catechismo della domenica pomeriggio, rispetto alle trattative dei diversi “affari papali” che lo tenevano invece occupato per lungo tempo nelle sue giornate.
Un papa che ricorda a noi il richiamo propostoci dal Vangelo e anche dalla sapienza umana, quando questa sa essere attenta ai segnali della storia.
- Quale preoccupazione mi attanaglia?
- Cosa dice a me questo Vangelo?
In questa fine del mese che segnerà anche il transito alla ripresa di diverse attività proviamo a domandarcelo, augurandoci che tutto quello che abbiamo vissuto quest’anno sia davvero spunto ed occasione per riflettere meglio e per dare il giusto peso ad ogni cosa.