XI dopo Pentecoste
Per introdurci
- Cosa pensiamo dell’onestà?
- Come giudichiamo il “ricco epulone”?
- Che impressione ci fa il lungo discorso di Paolo sulle virtù del cristiano?
La Parola di questa domenica
LETTURA 1Re 21, 1-19
Lettura del primo libro dei Re
In quei giorni. Avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!». Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso. Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”».
SALMO Sal 5
Ascolta, Signore, il povero che t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole:
intendi il mio lamento.
Sii attento alla voce del mio grido,
o mio re e mio Dio,
perché a te, Signore, rivolgo la mia preghiera. R
Tu non sei un Dio che gode del male,
non è tuo ospite il malvagio;
gli stolti non resistono al tuo sguardo. R
Tu hai in odio tutti i malfattori,
tu distruggi chi dice menzogne.
Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta. R
EPISTOLA Rm 12, 9-18
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
VANGELO Lc 16, 19-31
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Re
La storia che ci viene raccontata dalla prima lettura è una storia moderna. Una storia di corruzione, una storia di soprusi, di angherie e, poi, di falsità, di menzogne, di giudizio falsato… Una storia antica, quella di Nabot, eppure così moderna. La storia di un uomo che non vuole vendere la sua proprietà perché eredità dei padri e, quindi, dono di Dio, proprietà non cedibile, non commerciabile: sarebbe come rifiutare il dono di Dio, secondo la mentalità ebraica. Eppure, l’abbiamo sentito, la regina di Israele ordisce alle spalle di Nabot la sua morte. Con il suo potere e abusando del potere regale chiama “uomini iniqui”, che lo accusino falsamente fino a farlo condannare a morte, così che il re possa usurpare la proprietà di Nabot. Due crimini orribili: la falsità e il giudizio distorto da un lato, l’omicidio dall’altro. Due crimini che non possono essere taciuti. Ecco l’intervento del profeta Elia, che già abbiamo incontrato. Profeta, cioè uomo spirituale e, per questo, in grado anche di essere uomo politico, uomo che sa intervenire nelle vicende di tutti i giorni, di tutto il popolo. Vicende politiche che egli illumina con la sua fede e con la fiducia nel Dio dei padri. Lo stesso Dio onorato da Nabot. Narrazione che diventa un classico: il potere dei ricchi che credono di essere sopra qualsiasi altro uomo e perfino sopra la legge.
Vangelo
Contesto narrativo diversissimo, ma con la stessa matrice nel vangelo. Una parabola, una storia inventata per insegnare. Così Gesù caratterizza i due uomini. Il “ricco epulone”, come lo ha chiamato la tradizione. Un uomo senza Dio, che pensa solo a sé stesso, ad arricchirsi, alla bella vita. Un uomo che non comprende che la prima realtà di cui occuparsi sarebbe proprio la sua anima.
Lazzaro, l’uomo povero. Non solo fisicamente: è la caratterizzazione del povero in spirito, l’uomo che si fida di Dio, l’uomo di fede, l’uomo che non ha altro a cui aggrapparsi se non Dio solo.
Il primo richiama il re della prima lettura: un uomo senza fede, un uomo preoccupato solo delle sue cose, della sua vita, in cerca solo del piacere personale. Differenza percepita non tanto e non solo in questa vita, ma, soprattutto, nella vita eterna, vita di comunione con Dio, per chi si è fidato di lui. Lontananza da Dio per chi, invece, non ha voluto credere alla sua misericordia e al suo amore. Esiti di vita diversi che, nell’eternità, si cristallizzano.
Romani
Pagine così immortali da diventare la trama per molte predicazioni. Anche in Paolo. Ecco, dunque, le raccomandazioni dell’apostolo a chi rinasce nel fonte battesimale:
La carità non abbia finzioni. Chi ha fede vive di carità, cioè guarda con passione, vivo senso di vicinanza a chi è nel bisogno.
Attaccatevi al bene, detestate il male. Il cristiano fa questo: detesta il male e si attacca, con tutte le sue forze al bene. Il cristiano non accetta che le cose siano chiamate con nomi diversi dal proprio: il male è male; il bene è bene. Il cristiano si attacca al bene in tutte le sue forme, non lasciando spazio al male in nessun modo, in nessuna misura, a nessun costo.
Siate ferventi nello Spirito: servite il Signore. il cristiano sa distinguere il bene dal male perché “serve il Signore”, ovvero perché vive una vita spirituale intensa che diventa occasione per testimoniare la sua fede. Sempre. Dovunque. Il cristiano vive in modo tale da attestare tutti i valori dell’uomo, radicandoli nella sua fede, nella lode continua a Dio. Se manca questa radice, manca anche la stessa possibilità di distinguere il bene dal male.
Benedite coloro che vi perseguitano. Il cristiano ha anche un suo modo particolare di opporsi al male. Egli non maledice, non fa ricorso alla forza, non usa la violenza. Prega per il suo persecutore, perché sia Dio il giusto giudice e il colui al quale si chiede un intervento di riscatto.
Rallegratevi con coloro che sono nella gioia, piangete con coloro che sono nel pianto. Il cristiano prende parte alle vicende del suo tempo, alle vicende della gente. Prende parte a tutto con il cuore. Sa rallegrarsi dove c’è da gioire, sa essere nel pianto con coloro che piangono.
Non nutrite desideri di grandezza, volgetevi a ciò che è umile. Anche in questo il cristiano è differente da tutti, non cerca le cose che danno lustro, cerca le cose che danno lode a Dio e questo gli basta. Per questo il cristiano non rende a nessuno male per male e vive in pace con tutti.
Per noi
Credo che, appresa questa lezione morale, tutti avvertiamo una distanza profonda tra la parola di Dio e noi. Perché anche noi che veniamo in chiesa, anche noi che abbiamo un minimo di cammino cristiano, avvertiamo le raccomandazioni di Paolo come qualcosa di eccessivo, di impossibile, di ingiusto, perfino! Perché bisognerebbe stare in silenzio con l’ingiusto? Perché non opporsi? Anzi, non dovrebbe essere giusto opporsi con tutte le forze visto che bisogna saper chiamare il male e il bene con il proprio nome?
1° esercizio. Gesù invita a discernere. Un conto è la persona, un conto è la realtà. Alla persona si deve sempre rispondere con benevolenza, preghiera, accettazione del male che fa. Alle cose ingiuste ci si oppone con chiarezza. Occorre dunque distinguere tra la persona e il male. Al male in sé si resiste, alla persona si risponde sempre con la preghiera e intercedendo per lei. Il primo compito della parola di Dio di oggi è dunque questo: impariamo a pregare per coloro che, secondo il nostro giudizio, ci hanno fatto del male. Impariamo a pregare per coloro che, secondo il nostro modo di vedere le cose, non si sono comportati giustamente.
2° esercizio. Un secondo esercizio. Noi chiamiamo sempre il male con questo nome e sappiamo davvero sempre riconoscere e proporre il bene? Forse non sempre. Forse anche noi non siamo così categorici, forse anche noi cerchiamo scuse per tutto, soprattutto per noi stessi quando ci avviciniamo pericolosamente a qualcosa di male. La parola di Dio ci propone e ci chiede questo esercizio: essere capaci di chiamare le realtà con il proprio nome ed essere capaci di vedere le cose con l’occhio di Dio. La parola di Dio ci ha detto chiaramente che uno è capace di un giusto giudizio solo se ha una vita di preghiera autentica, incisiva, vera. Al di fuori di questo orizzonte non è possibile vivere con questa logica. Abbiamo noi questa capacità?
3° esercizio. Vorrei proporre un terzo esercizio. Siamo onesti? Cosa pensiamo sia l’onestà? È ancora un valore l’onestà per noi? forse perché siamo italiani, e, quindi, come popolo, un po’ refrattari alla logica dell’obbedienza, del rispetto delle regole… Forse perché siamo così continuamente sobissati di esempi negativi che non sappiamo più nemmeno bene cosa sia giusto fare, fatto sta che anche noi tutti siamo onesti per le cose che vogliamo, con i principi che scegliamo noi e non siamo onesti in generale su tutto! Tutti corriamo il rischio di escludere qualche ambito e, come al solito, di farci una morale particolare basata sulla nostra persona. Le scritture di oggi ci hanno provocato a sufficienza e ci hanno detto con chiarezza che o si è onesti su tutto, o non lo si è. O si ha la capacità di derivare i valori della vita dalla fede e, allora, si giudicano le cose con gli occhi di Dio, oppure si vivrà con altri criteri e si giudicherà in base ad altri criteri. Ovviamente la domanda per noi è chiara: chi vogliamo essere?
4° esercizio: infine un’ultima applicazione per noi. Noi pensiamo davvero alla vita eterna? Abbiamo la consapevolezza di quale sia la fine della nostra vita per cercare l’esito che dovrebbe essere la felicità eterna? credo che sia fondamentale riprendere questa prospettiva che ci è stata data in tutte queste ultime domeniche e anche dalla festa dell’Assunta. Se noi non entriamo nella prospettiva della vita eterna, non vivremo mai questo genere di onestà e di rettitudine morale che le scritture ci propongono.
Al di là dell’esercizio che sentite più vostro e che sceglierete di compiere, domandatevi chi volete essere. Ma domandatevi anche cosa pensate che il mondo abbia bisogno da noi, dai cristiani. Se vogliamo essere luce e sale, come il vangelo spesso ci ricorda e ci dice, saprete cosa scegliere!