3 dopo l’Epifania
Per introdurci
- Che cos’è?
È questa la domanda: “man’hu”, donde “manna” in italiano, con una traduzione quasi letterale del suono, che si fanno gli ebrei quando vedono la manna depositata fuori dal proprio accampamento. Preludio di quello che sarà l’Eucarestia. Quindi per noi:
- Cos’è per noi l’Eucarestia?
- Cosa rappresenta nei nostri cammini spirituali?
Ecco la preziosa occasione che ci viene offerta per meditare oggi e per dare qualche provocazione alla vita spirituale.
La Parola di Dio
LETTURA Es 16, 2-7a. 13b-18
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno». Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa sera saprete che il Signore vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e domani mattina vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui». Al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”». Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto, chi poco. Si misurò con l’omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo; colui che ne aveva preso di meno, non ne mancava. Avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne.
SALMO Sal 104 (105)
Il Signore ricorda sempre la sua parola santa.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. R
Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
nelle tribù nessuno vacillava.
Quando uscirono, gioì l’Egitto,
che era stato colpito dal loro terrore.
Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte. R
Alla loro richiesta fece venire le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque:
scorrevano come fiumi nel deserto.
Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo. R
EPISTOLA 2Cor 8, 7-15
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
VANGELO Lc 9, 10b-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù prese i suoi discepoli con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Esodo
Partiamo proprio dall’Esodo, dal prodigio della “manna”, come ormai siamo abituati tutti a dire. Se abbiamo ascoltato bene, abbiamo inteso che all’origine del fenomeno della manna c’è una preghiera, molto forte, di lamentela. La gente si lamenta perché nel deserto si sta male, perché nel deserto manca un cibo sufficiente, come era in Egitto. Come già dicevamo settimana scorsa, il popolo di Israele quasi rimpiange il tempo della schiavitù, considerando la presenza di acqua e cibo bene più importante della stessa libertà. Mosè interviene, anche questa volta, per questa ennesima lamentela di tutti ed ottiene da Dio questo cibo che non si sa cosa sia, ma “manna”, o piuttosto: “man’hù”, perché nessuno sa dire che cosa sia. Certo è che essa fu un dono gratuito di Dio, che appariva ogni mattina fuori dall’accampamento, che a ciascuno era permesso raccoglierne quanto necessario per il fabbisogno giornaliero. Se poi se ne tratteneva un quantitativo maggiore, questa ammuffiva. Un segno per dire che non ci si approfitta dei beni che Dio mette a diposizione, non si trattiene oltre misura, ma si mette tutto a disposizione anche degli altri, perché i doni di Dio sono per tutti. La manna chiede questo: riconoscimento del beneficio ricevuto, lode di Dio, condivisione con tutti. Fu certo un prodigio che continuò nel tempo, ed accompagnò il popolo ebraico fino all’ingresso nella terra santa, poi cessò, nella terra che produce i suoi frutti, nella terra dove scorrono, per dirla con i testi sacri, “latte e miele”
Vangelo
La trama del racconto del primo testamento è anche il canovaccio sul quale si è costruito il miracolo del Signore. Anche qui siamo in un deserto, anche qui, sebbene non si tratti di un viaggio ma di una presenza temporanea, manca il cibo. Non si tratta di una lamentela, ma, piuttosto, della finezza dei discepoli che si domandano come una folla tanto numerosa potrà avere cibo per mangiare a sufficienza, o di una delicatezza del Signore, che vuole, in qualche modo, premiare chi è venuto per ascoltare la sua catechesi, la sua predicazione.
Anche nel racconto evangelico si tratta di porre l’accento sulla condivisione: ci sono solo cinque pani e due pesci, ma questo basta al Signore per trarne una molteplicità di cibo tanto che tutti sono saziati e tutti riescono a vivere bene non solo quella sazietà, ma il richiamo che essa dischiude. L’invito non è infatti ad avere cibo per un giorno, ma a desiderare quell’altro pane quotidiano, quel pane che nutre l’anima, quel pane che sarà l’Eucarestia, a cui il miracolo rimanda.
I gesti del Signore sono esattamente quelli dell’ultima cena. Egli prende quello che c’è, come prenderà il pane e il vino che sono sulla tavola del cenacolo per la cena pasquale; alza gli occhi al cielo, in segno di ringraziamento per quei doni ma anche come invocazione al Padre, dal quale tutto proviene e al quale tutto deve ritornare; pronuncia la benedizione, la “berakah” ebraica, che è lode al creatore ma anche richiesta del suo aiuto, della sua vicinanza, della sua presenza.
In questo caso si aggiunge poi che ne avanzò una quantità smisurata, proprio come a Cana di Galilea nel miracolo dell’acqua diventata vino. Segno di una benedizione che diventa gioia, che non ha fine, che è inquantificabile. Le 12 ceste non solo dicono la pienezza del dono, ma anche che quel pane è destinato a tutti i figli di Israele, le 12 tribù storiche. Indicazione, molto evidente, di ciò che sarà l’Eucarestia, un pane benedetto, un pane spezzato, rivolto proprio a tutti coloro che riconosceranno, in quel segno, la presenza del Signore.
Corinti
San Paolo conosce bene i testi sacri sia del primo testamento, e, quindi, l’episodio della manna, ma anche la parola di Gesù che gli è stata trasmessa. Parola che egli non solo va ripetendo, ma anche celebrando. Il gesto della cena del Signore, la benedizione sul pane e sul vino perché diventino il suo corpo e il suo sangue è, ormai, elemento già presente nella sua comunità, è Eucarestia che viene celebrata nei piccoli gruppi di cristiani che incominciano ad essere presenti nel mondo di Paolo. Paolo non deve sottolineare molto il valore liturgico del gesto: i cristiani lo celebrano almeno nel “giorno del Signore”, cioè in domenica, con tutti i limiti e le difficoltà del tempo.
Piuttosto San Paolo cerca di far capire che da quella celebrazione deve nascere una conformità di vita. A poco servirebbe il gesto liturgico se poi non ci fosse un desiderio vivo di incontro con Cristo, di testimonianza della sua presenza e della sua parola. Ecco perché San Paolo richiamava molto il tema della condivisione, della corresponsabilità nel vivere la vita di ogni giorno, nel mettere a disposizione quei beni che sono beni di Dio, che servono per tutti. “Non si tratta di mettere in difficoltà voi”, diceva l’apostolo a chi, ovviamente lamentava che la sua richiesta di condivisione, la continua richiesta di carità, fossero eccessive. Piuttosto, dice San Paolo, se l’Eucarestia permette di riscoprire il senso della fraternità cristiana, come si può non condividere il dono ricevuto? Il richiamo all’Esodo è dato anche dalla citazione finale con cui terminava il brano, occasione per ritornare a meditare sulle parole del primo testamento.
Per il nostro cammino
- E noi come viviamo l’Eucarestia?
Pare, infatti, che siamo in un’epoca di cambiamento. L’Eucarestia, che per secoli è stata il cuore, il centro di ogni attività pastorale, almeno da dopo il concilio di Trento del 1500, oggi non pare essere più il cuore della vita dei fedeli. Lo vediamo molto bene anche noi che ci rendiamo conto che molti non considerano più la Messa domenicale il cuore della propria preghiera e della propria settimana. Lo vediamo dal tema del “precetto” che sembra avere esaurito la sua carica propositiva e, per questo, viene ritenuto un obbligo dal quale sottrarsi. Lo vediamo bene dal fatto che le generazioni più giovani sono del tutto ineducate a vivere la S. Messa in forma continuativa. Lo vediamo bene, anche noi che siamo qui presenti in questa domenica, anche per il fatto che tutti abbiamo reso la S. Messa qualcosa di molto intellettuale e poco inserito nella dimensione della vita. Vado perché ascolto la parola di Dio, vado perché posso avere un approfondimento di essa, vado perché si canta… sono tanti i modi di esprimersi. Ma tutti percepiamo la fatica di trasformare la Messa in comportamento di vita. Tutti capiamo la difficoltà di avere un tempo nel quale noi ci cimentiamo con la presenza stessa di Cristo che, se entra nel cuore delle persone, cambia la vita.
Anche noi abbiamo bisogno di lasciarci educare dal Vangelo.
Il primo richiamo è quello a cogliere nei gesti del sacerdote, i gesti del Signore, così possiamo ricordare o imparare che il sacerdote agisce “in persona Christi”. Nella presenza del sacerdote, nel segno sacerdotale, si rende presente Cristo che, ancora, fa di sé un’offerta gradita a Dio. Qui, sul nostro altare, come su ogni altare del mondo, si consuma il desiderio del Signore di offrirsi per tutti. Il Signore ci coinvolge direttamente in questo suo gesto di donazione, sicché noi tutti, ora, in questa celebrazione, siamo realmente presenti nel cenacolo dove Cristo, per la prima volta, ha donato sé stesso. È Cristo che si offre per noi.
In secondo luogo, credo che tutti siamo invitati a ricordare che Cristo vuole che noi ci cibiamo di lui. Quando mangiamo noi trasformiamo il cibo in noi, in energia per il corpo. Quando ci cibiamo di Cristo, è Cristo che trasforma noi in sé stesso. Più riceviamo l’Eucarestia e più, se siamo coerenti, trasformiamo la nostra vita in quella di Cristo.
Così che, come diceva San Paolo, chi vive della donazione di Cristo, desidera che anche la sua vita diventi tutta una donazione di sé. L’Eucarestia passa dall’essere celebrazione, momento di rito, convocazione, donazione agli altri, stile di vita. L’Eucarestia trasforma noi in Cristo e, quindi, il nostro stile di vita dovrebbe diventare lo stesso stile di vita di Cristo che, poi, è lo stile di vita delle beatitudini. Più si riceve l’Eucarestia e più cambia il nostro modo di agire, di vivere, di parlare. Come potrebbe essere che uno continua a vivere l’Eucarestia come se niente fosse, accostandosi magari anche al sacramento rinunciando, però, a questo stile di vita? È del tutto assurdo che sia così! Eppure, tutti sperimentiamo la fatica di questo trasformarci in Cristo. È per questo che lasciamo che l’Eucarestia sia una comoda celebrazione! Invece dovrebbe essere esattamente ed assolutamente il contrario: l’Eucarestia ci dovrebbe scomodare così tanto al punto che diventiamo capaci di fare come Cristo, ovvero di donare la vita per gli altri.
Ecco perché sto insistendo moltissimo sul fatto che ciascuno di noi impari a celebrare questo sacramento solo nel giorno del Signore, ma il più spesso possibile. Ecco perché richiamo anche il senso di una visita in chiesa, possibilmente ogni giorno, magari anche in chiese che troviamo altrove, nei nostri luoghi dove passiamo per le diverse attività della giornata.
Vi richiamo già fin d’ora le giornate eucaristiche, che segneranno la settimana della festa di San Giulio.
Chiediamo al Signore di continuare non solo a benedirci, ma a trasformare la nostra vita nella sua, così che tutti possiamo vivere ed altri possano vedere, e nel segno della testimonianza cristiana, un segno della presenza di Dio nel mondo.