Settimana della prima domenica di Quaresima – Lunedì
La “sapienza di chi digiuna” è il primo dei gesti di sapienza che vogliamo vivere in questa Quaresima. È per questo che desideriamo vivere, nel momento spirituale che è la lectio divina sui testi biblici che la liturgia ci propone, una rilettura di essi a partire da questo atteggiamento che ci proponiamo di vivere nei prossimi giorni.
Genesi
2, 4b-17
Inizia la lettura del libro della Genesi
Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».
Secondo il libro della Genesi, ogni realtà creata è buona ed è fatta per l’uomo. L’uomo, per vivere, ha anzitutto bisogno di cibo e di acqua. È per questo che i grandi fiumi sono per lui, perché sia permessa la sua vita sulla terra, così come pure tutto ciò che è buono da mangiare è fatto per allietare il cuore dell’uomo. Non esistono particolari divieti, particolari norme, come poi, del resto, il Signore Gesù dichiarerà esplicitamente nel corso della predicazione del Vangelo. Tutto è buono, perché tutto viene da Dio ed è purificato da Dio.
C’è però qualcosa da cui l’uomo deve astenersi: egli non può mangiare “dell’albero della vita e dell’albero della conoscenza del bene e del male”. Evidentemente due alberi simbolici, per affermare ciò che deve essere sempre ritenuto come verità. L’uomo non possiede la vita: la riceve come dono. L’uomo non è la verità: all’uomo è donato di conoscere la verità o di aderire alla Verità che Dio rivela, ma egli non è la verità in sé. Solo Dio è Verità.
È questo il “digiuno”, se così vogliamo dire, che l’uomo deve praticare. L’uomo si deve astenere dal pensare di essere il padrone della vita, come anche di essere verità in sé stesso. L’astenersi da queste forme di bramosia è già sapienza.
Proverbi
1, 1-9
Inizia la lettura del libro dei Proverbi
Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, per conoscere la sapienza e l’istruzione, per capire i detti intelligenti, per acquistare una saggia educazione, equità, giustizia e rettitudine, per rendere accorti gli inesperti e dare ai giovani conoscenza e riflessione. Il saggio ascolti e accrescerà il sapere, e chi è avveduto acquisterà destrezza, per comprendere proverbi e allegorie, le massime dei saggi e i loro enigmi. Il timore del Signore è principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l’istruzione. Ascolta, figlio mio, l’istruzione di tuo padre e non disprezzare l’insegnamento di tua madre, perché saranno corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo collo.
Posizione, poi, riaffermata dai Proverbi: “Principio della verità è il timore del Signore”, come aveva già detto il sapiente Siracide nel percorso di catechesi che abbiamo vissuto nella precedente scansione del tempo liturgico. Anche l’autore del libro dei Proverbi afferma con forza che è la fede il criterio guida della vita dell’uomo. Solo chi ha fede diventa capace di riconoscere la vita come dono e si dispone a servire alla causa della vita. Solo chi riconosce Dio come Padre comprende che solo Lui è verità e, per questo, si dispone a cercare la verità nel limite dei propri giorni. “Il saggio ascolti e accrescerà il sapere”, diceva ancora la lettura. C’è dunque una forma di digiuno che è del tutto particolare: il digiuno delle parole – sul quale torneremo anche nelle prossime settimane di Quaresima – che diventa esperienza di sapienza e di crescita della propria capacità di ascolto di Dio. È a questa forma di sapienza che il Sapiente vuole condurre ciascuno di noi.
Vangelo
Mt 5, 1-12a
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Vedendo le folle, il Signore Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
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Anche nel Vangelo troviamo una preziosa indicazione al riguardo: “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”. Il mondo di Gesù è un mondo dove gli uomini avevano fame e sete della giustizia. Erano molti coloro che non avevano giustizia, perché appartenevano a quelle categorie sociali a cui non si usava fare giustizia: i poveri, gli orfani, le vedove, gli stranieri… Al tempo del Signore questi poveri non avevano nessuno che tutelasse i propri diritti e, quindi, erano incapaci di far sentire la propria voce. Di loro nessuno si curava. Anche il nostro mondo, così civile, così evoluto, così saggio per alcuni versi, è ben lontano dal vedere risolta questa fame e questa sete. Anche oggi ci sono milioni di persone che vivono in un digiuno forzato rispetto alla giustizia. Persone i cui diritti sono calpestati, persone che sono ai margini di ogni sistema sociale, persone che non hanno alcuna visibilità. Papa Francesco ce lo ricorda spesso. Altrettanto spesso queste persone sono coloro che digiunano per vedere riconosciuti i propri diritti. Lo “sciopero della fame” è spesso un modo per tenere desta l’attenzione su questioni che rischiano di non interessare nessuno e, quindi, rischiano di morire insieme con chi soffre. Con questa beatitudine il Signore insegna che mai un uomo deve disperare, anche quando la fame e la sete per la giustizia consumano una vita intera; dall’altro lato il Vangelo dice a noi che tutti i cristiani devono farsi interpreti delle diverse situazioni di mancanza di giustizia nel mondo.
Esercizio per la revisione di vita quaresimale
- Rispetto la vita mia e degli altri?
- Accetto di non essere io il possessore della verità e attingo dalla fede il criterio per distinguere il bene dal male?
- La mia fede diventa in me principio di sapienza?
- Mi accorgo di chi ha fame e sete di giustizia e vive attorno a me?
Impegno per suscitare la sapienza in noi
Credo che sia sotto gli occhi di tutti come, sempre più spesso, nel nostro mondo, nella nostra società, si sovverta il criterio per distinguere il bene dal male e ci sia un inganno che induce molti nell’errore. Molti sono portati a ritenere un bene ciò che è un male e viceversa. Credo che un “digiuno” dall’atteggiamento perverso che è anche in noi e in base al quale pretendiamo di decidere noi cosa è bene e cosa è male, potrà essere per tutti noi un invito ad essere più sapienti e per chi vive con noi una testimonianza utile di esercizio di sapienza.
È questo l’esercizio di sapienza che desideriamo vivere oggi.