Domenica 22 novembre – 2 di Avvento – I figli del Regno

2° Domenica di Avvento

I figli del regno, come è intitolata questa domenica, hanno una loro sapienza. Qual è la sapienza dei figli del regno? La sapienza della continua ricerca della consolazione che viene da Dio quando ci si apre alla confessione nella verità. È questa la sapienza che tutti noi, come figli del regno che stanno celebrando questa domenica, dovremmo avere, e non solo in questo tempo di Avvento.

Isaia

Is 51, 7-12a
Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l’insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni; poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione. Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, o braccio del Signore. Svégliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate. Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, che hai trafitto il drago? Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo, giubilo e felicità li seguiranno, svaniranno afflizioni e sospiri. Io, io sono il vostro consolatore».

Romani

Rm 15, 15-21
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».

Vangelo

Mt 3, 1-12
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Vangelo

Sulla sapienza della conversione che sfocia in una sincera confessione per il perdono dei peccati era centrata tutta la pagina del Vangelo. Giovanni il Battista, il Precursore, come è bene chiamarlo specie in questo tempo di Avvento, centra tutta la sua predicazione sulla penitenza. Egli amministra il Battesimo per la conversione dei peccati e ascolta pazientemente la confessione di coloro che si accostano a lui, presso il Giordano, per incontrare il mistero di Dio. “Accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”, era scritto. Giovanni, “confessore” della fede, perché apre la strada a Cristo, ma anche “confessore” perché ascolta il peccato degli uomini e chiede a Dio la remissione delle colpe per coloro che si accostano a lui animati da sentimenti di fede, di riconciliazione con Dio, di emendazione della propria vita.

Giovanni, il confessore monolitico, granitico, colui che sa rimproverare senza indugi: “razza di vipere”, dice rivolgendosi ai “suoi” penitenti. “Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?”. Parole alle quali non siamo certo abituati noi, tantomeno quando ci rechiamo in confessionale. Parole molto severe e molto dure, che ricordano una verità: l’uomo con il peccato, si allontana da Dio e rende Dio “parte lesa”. Il suo amore per l’uomo è ferito da ogni dinamica di peccato; il suo desiderio di essere accanto all’uomo è vanificato da ogni realtà peccaminosa; il suo desiderio di condividere in tutto e per tutto l’esistenza degli uomini è assolutamente escluso da qualsiasi peccato, al di là della fattispecie, della gravità, della reiterazione del peccato stesso. Dio e il suo amore sono esclusi dalla vita dell’uomo peccatore. È come se l’uomo, in ogni peccato, dicesse a Dio: posso fare a meno di te. Tu non c’entri con la mia vita. La mia vita va benissimo per come la gestisco io.

Giovanni rincara poi la dose a coloro che lo raggiungono per il battesimo di remissione dei peccati: “già la scure è posta alla radice degli alberi, perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco… chi viene dopo di me tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con fuoco inestinguibile”. Parola durissime che hanno una grande sapienza: quella di voler insegnare che la vita ha senso solo se rimessa nelle mani di Dio. Solo una vita dove si vive la fede in maniera intensa è una vita degna di essere vissuta. Una vita senza fede, una vita senza Dio è una vita che si perde nel peccato. Il Precursore, sebbene con queste parole dure e con queste immagini forti, non vuole terrorizzare nessuno. Piuttosto vuole spronare chi si accosta a lui nel deserto, a vivere un itinerario significativo di fede. Non si può prendere in giro Dio. Dio conosce il segreto dell’uomo, conosce il bene che viene dal suo cuore ma conosce anche il male che è presente in esso. Con Dio non si può barare, o mentire. È lui che svela il segreto del cuore. Davanti a Lui c’è solo la verità di un’esistenza, con quanto di bene ma anche con quanto di male una vita è stata in grado di produrre.

Così Giovanni ricorda che l’incontro con Dio è sempre un incontro purificatore, purchè sia condotto con profondità e con verità.

Ecco la sapienza di un figlio del regno, ecco la sapienza di chi vuole essere figlio del regno, ecco la grazia di chi vuole iniziare un itinerario di conoscenza di sé stesso alla luce del mistero di Dio che si rivela.

Isaia

È però il profeta Isaia che ci permette di cogliere un altro aspetto della confessione del peccato, che è quello più dolce. Chi si rimette dolcemente nelle mani di Dio, chi si lascia avvolgere dalla sua verità, prova una consolazione mai provata, avverte che Dio si fa presente in modo del tutto nuovo: senza mai annullare l’umanità del penitente, Egli la assume si di sé e dona profonda pace nel cuore. È la consolazione che viene dalla Verità. È la pace che si incontra solamente quando si è certi di avere incontrato la Verità di tutta l’esistenza. “Io sono il vostro consolatore”, diceva Dio per mezzo del profeta. Come Dio ci consola? Riconciliandoci con noi stessi, facendoci superare quella differenza tra l’io ideale che ci costruiamo un po’ tutti e l’io reale che siamo. Dio ci consola non tanto facendoci notare ciò che di errato abbiamo fatto, ma rimettendo in gioco la nostra libertà, perché essa abbia sempre a realizzarsi nel bene che rimane alla sua portata. È la verità ad essere, di per sé, consolante. Quando ci rimettiamo nelle mani di Dio consegnando la verità di noi stessi, otteniamo quella consolazione del cuore a cui null’altro, nella vita, ci può condurre. Il figlio del regno, che sapientemente custodisce questa verità, si rimette nelle mani di Dio con questa fiducia nel cuore.

Romani

Così anche San Paolo nella seconda lettura. Egli, come abbiamo letto, si faceva scrupolo di “ricondurre le genti all’obbedienza” della fede. L’obbedienza della fede non è l’atteggiamento di chi obbedisce a leggi che sono fuori di sé, non è il consegnare ad altri la propria libertà, tantomeno la rinuncia a pensare in modo critico anche tutto ciò che appartiene alla fede. Il figlio del regno, nella sua saggezza, sa che “essere ricondotto all’obbedienza” significa comprendere il valore dell’amore di Dio e della sua misericordia. Compreso che tutto il bene che possiamo viene da Dio, l’obbedienza della fede consiste in quell’atteggiamento di sapienza che vive chi cerca sempre di piacere a Dio in ogni occasione, comprendendo bene che il peccato altro non è che la lontananza da Dio e la consegna di sé stessi all’infelicità.

Provocazioni di sapienza:

  • Che idea abbiamo della confessione?
  • Comprendiamo il Sacramento alla luce della Verità di Dio con la quale illuminare la nostra coscienza?
  • Come accostarci al Sacramento?

Credo che, in molti, pensino ancora che il peccato nasce quando c’è una legge da rispettare e non si riesce a rispettarla. Dio, giusto giudice, interviene così perdonando il peccatore, ma anche correggendolo con minacce e castighi. Una cosa non troppo e non del tutto differente da quello che accade presso gli uomini.

È proprio questa la visione da cui, con sapienza, occorre uscire. Infatti la sapienza dei figli del regno è quella di chi sa che Dio, in ogni azione peccaminosa, è sempre la “parte lesa”. Non si infrange una legge, generando così il peccato, anche se siamo forse cresciuti tutti con questa idea; piuttosto non si comprende, non si accoglie, non si vive l’amore di Dio che viene donato ad ogni uomo. Alla radice del peccato, di qualsiasi peccato, c’è il desiderio di escludere Dio dalla nostra esistenza. È il desiderio dell’uomo a voler fare da solo ad imporsi in ogni peccato. È il desiderio di essere proprietari della propria vita ad escludere Dio dall’orizzonte della misericordia. È il tentativo di cercare da solo una verità dei propri giorni, ma la storia ci insegna che questo tentativo è sempre fallimentare, deludente, imperfetto. Anche l’uomo dotato di maggiore sapienza non potrebbe andare oltre tutto questo. È solo nel Sacramento che si ottiene la grazia del peccato, è solo nella verità della consegna di sé stessi a Dio che non si ascolta il giudizio di condanna che meriteremmo tutti per le nostre azioni, ma si incontra la misericordia che perdona e solleva.

Ecco la sapienza dei figli del regno!

L’atteggiamento di sapienza richiesto:

è allora quello di lasciar penetrare nel nostro cuore il richiamo a “fare verità” nella nostra vita, a lasciar parlare il cuore, a comprendere che il peccato non nasce dall’infrazione di una legge, ma dal mortificare, dal tentativo di rendere vano l’amore di Dio. L’atteggiamento di sapienza di questa prossima settimana potrebbe essere proprio questo!

Ricordando che nella ricerca di un confessore stabile che conosca la propria storia, nel rimettere nelle mani di Dio quelle colpe anche lontane nel tempo ma che gravano ancora sulla nostra coscienza, si può sperimentare quella pace che, sola, rende vera la vita dell’uomo, rende bella l’esperienza di essere peccatori perdonati, rende vero il cammino di fede.

Sia questa la sapienza da ricercare in questa settimana e in questo prossimo Natale.

Preghiera alla Sapienza:

Signore Gesù, tu che sei venuto per rinnovare la vita degli uomini, insegnaci la sapienza che viene dal sapere che solo tu puoi rimettere ogni colpa e ogni peccato. Donaci la forza della verità, per rimettere ogni cosa della vita in te e per cercare di continuare il nostro cammino liberi da quei pesi della colpa che opprimono la coscienza. E così sia.

2020-11-20T19:20:35+01:00