Settimana della 13 domenica dopo Pentecoste – Lunedì
San Bartolomeo, apostolo, e poi Santa Monica e Sant’Agostino sono le memorie liturgiche che segnano questa settimana nella quale leggeremo il libro di Esdra. Ci stiamo avvicinando alla fine della prima sezione del tempo dopo Pentecoste, che ha uno spartiacque nella festa del martirio di San Giovanni il Precursore, che, poiché cadrebbe di domenica, viene spostata al 1° settembre. Leggeremo per questo il libro di Esdra questa settimana e la prossima l’ultimo dei libri storici dell’Antico Testamento, il libro dei Maccabei.
Vangelo
Lc 13, 10-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
Le due letture sembrano molto distanti l’una dall’altra. Eppure sono due racconti molto simili. Nel Vangelo è in assoluto primo piano la compassione di Gesù per questa donna che “satana ha tenuto schiava per 18 anni”. Non si tratta solo di una donna con una malformazione: l’essere curva. Piuttosto il Vangelo ci indica una persona ricurva su sé stessa, rinchiusa nel suo dolore, sola, ripiegata tanto esteriormente quanto interiormente: ella non sente più nessun richiamo al bene, non avverte più il fascino della Parola di Dio, non è più capace di vivere la sua fede. È per questo che è ricurva! Gesù la libera non tanto dal suo male fisico, non tanto del difetto del corpo, quanto da questo suo essere ripiegata interiormente. Questa donna torna a conoscere il nome del Signore, torna a lodare il suo nome, torna ad essere una figlia di Dio! Ecco cosa conta, ecco cosa è importante. Il Vangelo, ancora una volta, mette in luce come la compassione che Gesù prova è in grado di rialzare alla dignità perduta uomini e donne che si affidano a Lui. Così fa questa donna.
In secondo piano, ma con una riflessione non meno importante, è l’ottusità e la chiusura del capo della sinagoga. Egli, che pure è un uomo di Dio, è assolutamente incapace di riconoscere l’azione di bene che proviene dal Signore. Anzi, è seccato dal fatto che il miracolo avvenga in giorno di sabato. “Ci sono 6 giorni per farsi curare…”, come dire che è nei giorni feriali che si può chiedere una guarigione ma non nel giorno del Signore. Evidentemente quest’uomo è più affezionato alle norme e alle leggi del culto che alla lode di Dio. Ecco perché il Vangelo lo stigmatizza, come insegnamento per tutti coloro che, in nome di norme rigide, impediscono di entrare in contatto con la misericordia di Dio. Gesù non minimizza queste norme e tradizioni, ma chiede che esse abbiano il giusto posto e il giusto valore. Non è possibile che queste norme rendano schiavo l’uomo. Lui, che è venuto per liberare il cuore dell’uomo da tutte queste cose, ben lo sa e ben lo insegna. Il miracolo serve anche a dire questo.
Esdra
Esd 7, 27-28; 8, 15-23ùLettura del libro di Esdra
Benedetto il Signore, Dio dei padri nostri, che ha disposto così il cuore del re a glorificare il tempio del Signore che è a Gerusalemme e si è volto verso di me con amore di fronte al re, ai suoi consiglieri e a tutti i comandanti del re. Allora io mi sono sentito incoraggiato, perché la mano del Signore, mio Dio, era su di me e ho radunato alcuni capi da Israele, perché salissero con me. Io li ho radunati presso il fiume che scorre verso Aavà. Là siamo stati accampati per tre giorni. Ho fatto una rassegna tra il popolo e i sacerdoti e non vi ho trovato nessun levita. Allora ho mandato a chiamare i capi Elièzer, Arièl, Semaià, Elnatàn, Iarib, Elnatàn, Natan, Zaccaria, Mesullàm e gli istruttori Ioiarìb ed Elnatàn, e li ho mandati da Iddo, capo nella località di Casifià, e ho messo loro in bocca le parole da dire a Iddo e ai suoi fratelli oblati nella località di Casifià, perché ci mandassero dei ministri per il tempio del nostro Dio. Poiché la mano benefica del nostro Dio era su di noi, ci hanno mandato un uomo assennato, dei figli di Maclì, figlio di Levi, figlio d’Israele, cioè Serebia, con i suoi figli e fratelli: diciotto persone; inoltre Casabia e con lui Isaia, dei figli di Merarì, i suoi fratelli e i loro figli: venti persone, e infine degli oblati, che Davide e i capi avevano assegnato al servizio dei leviti: duecentoventi oblati. Tutti furono registrati per nome. Là, presso il fiume Aavà, ho indetto un digiuno, per umiliarci davanti al nostro Dio e implorare da lui un felice viaggio per noi, i nostri bambini e tutti i nostri averi. Avevo infatti vergogna di domandare al re soldati e cavalieri per difenderci lungo il cammino da un eventuale nemico, poiché avevamo detto al re: «La mano del nostro Dio è su quanti lo cercano, per il loro bene; ma la sua potenza e la sua ira su quanti lo abbandonano». Così abbiamo digiunato e implorato Dio per questo ed egli ci ha esaudito.
La prima lettura sembra muovere dal medesimo intento di conservare la purezza delle norme e delle prescrizioni antiche. Esdra è l’uomo che è stato mandato, insieme con Neemia, per ricostruire il tempio di Gerusalemme. La prima mossa è quella di restaurare il sacerdozio e l’ordine dei leviti. Non si tratta però solo di una purità formale, di un rispetto per regole esteriori. Esdra capisce che, se vuole ricostruire il tempio e se vuole fare del tempio quel centro di spiritualità per il quale è stato creato, occorre una classe sacerdotale degna del ruolo e degna del compito che le spetta. Ecco perché egli va a prendere leviti nelle famiglie di antichissima estrazione sacerdotale, persone già formate per il compito sacro che, a loro volta, formino altre persone per il servizio dell’altare. Esdra vuole santificare il compito di chi deve parlare in nome di Dio e deve mostrare i segni della sua misericordia. Non si tratta solo di formalità, ma del rispetto con cui devono sempre essere trattate le cose di Dio, concetto che torna molto spesso nella riflessione del Primo Testamento.
Per noi
Credo che questi spunti di meditazione ci facciano riflettere. Soprattutto il secondo spunto mi sembra di grandissima attualità per noi. Non solo siamo in un’epoca di grande crisi vocazionale dal punto di vista numerico, ma siamo anche in un tempo nel quale i giovani che si preparano al sacerdozio sembrano essere richiamati maggiormente da realtà molto simili a quelle che i loro coetanei vivono ed avvertono. Ovviamente ogni generazione di clero è figlia del suo tempo, e tuttavia occorre ricordare che ci sono delle realtà alle quali non si può venire meno. Soprattutto lo spirito del servizio, il desiderio di edificare una chiesa, il mettersi a servizio di una comunità, sono valori a cui non possiamo abdicare. Questo desiderio di servizio costante e perpetuo deve essere nel cuore anche dei nostri giovani preti che, spesso, sono più attenti alle realtà personali e ai bisogni propri. Preghiamo perché non venga meno nel clero, e in particolare in quello ambrosiano, quello spirito di dedizione e di servizio che ha regnato per secoli e secoli nel nostro clero.
Questo ci aiuta a vivere una realtà decisamente incisiva anche per la prima intercessione di preghiera che ci hanno presentato le Scritture. Un clero ben formato e dedito alla salvezza delle anime, aiuterà anche coloro che sono ripiegati e curvi su sé stessi a trovare quella dimensione fondamentale di vita che permetterà loro di vivere in spirito di appassionata ricerca della Verità di Dio che libera l’esistenza e la sospinge verso le mete fissate per ciascuno da Dio.
È questa la duplice preghiera che vi invito ad elevare oggi al Padre per il bene della Santa Chiesa.