1 dopo la Dedicazione – il mandato missionario
Per introdurci
Quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio, quando riconosciamo la sua presenza di Padre nella nostra vita personale e comunitaria, non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato. La relazione di Gesù con i suoi discepoli, la sua umanità che ci si rivela nel mistero dell’Incarnazione, nel suo Vangelo e nella sua Pasqua ci mostrano fino a che punto Dio ama la nostra umanità e fa proprie le nostre gioie e le nostre sofferenze, i nostri desideri e le nostre angosce (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22). Tutto in Cristo ci ricorda che il mondo in cui viviamo e il suo bisogno di redenzione non gli sono estranei e ci chiama anche a sentirci parte attiva di questa missione: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (Mt 22,9). Nessuno è estraneo, nessuno può sentirsi estraneo o lontano rispetto a questo amore di compassione..
Sono parole di Papa Francesco per questa giornata missionaria mondiale.
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- Sentiamo la presenza di Cristo nella vita personale e comunitaria?
- Siamo a contatto con l’umanità di Cristo?
- Se nessuno è estraneo a questa missione, io mi sento partecipe di essa?
Atti
At 8, 26-39
Lettura degli Atti degli Apostoli
In quei giorni. Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: «Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita». Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada.
1 Timoteo
1Tm 2, 1-5
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù.
Vangelo
Mc 16, 14b-20
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù apparve agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Atti
Capite che, allora, in quest’ottica, diventa stupenda la pagina degli Atti che abbiamo letto. C’è un uomo, un eunuco, un funzionario della regina di Etiopia. Un uomo che viene dall’Africa. È stato a Gerusalemme, è un uomo di fede, sta leggendo il profeta Isaia. C’è un altro uomo, Filippo, un discepolo del Signore, uno di quelli che ha condiviso la sua storia ed è stato testimone dei fatti della Pasqua. È Dio che vuole e che permette l’incontro dei due. L’incontro acquista subito il senso di una catechesi. Filippo spiega all’Etiope ciò che sta leggendo e che non capisce: i brani del profeta che sta leggendo si riferiscono al Signore Gesù. Filippo spiega allo sconosciuto ciò che è avvenuto a Gerusalemme proprio nei giorni della Pasqua. La sua catechesi parte da un testo profondissimo della scrittura, ma, subito, diventa il racconto di un’esperienza. Che cosa ha raccontato Filippo all’eunuco se non della sua vocazione, del suo seguire il Maestro, del suo vedere con i propri occhi quello che il profeta aveva descritto e che si era realizzato perfettamente nel Signore Gesù? L’avventura stupenda di Filippo consiste proprio in questo: nel sentirsi un missionario dell’amore del Signore, poiché lui per primo si riconosce uno di quelli raggiunti dall’amore di Dio, dall’amore di Cristo. La sua catechesi non è solo la spiegazione di un passo della Bibbia, ma il racconto di una propria esperienza.
È questo che converte l’etiope, e la sua conversione non si limita ad una parola, non si limita ad una promessa, non è solamente un fatto esteriore, una frase di circostanza. Quest’uomo chiede: “cosa mi impedisce di essere battezzato?”. Quest’uomo non vuole solo dire che ha capito la scrittura, non vuole ringraziare Filippo perché gli ha trasmesso una sapienza, ma vuole entrare a far parte di quel gruppo di persone che si riconoscono salvate da Cristo e vuole essere partecipe della sua missione. Quest’uomo vuole ritornare al suo paese non per dire quello che ha visto a Gerusalemme, non per raccontare le meraviglie della città santa, ma per dire ciò che è avvenuto in lui, per dire come in lui è nato il principio della fede, per narrare a tutti come lui, per primo, si è sentito raggiunto dall’amore di Cristo pur non avendolo mai incontrato, conosciuto, se non nell’annuncio missionario di un discepolo.
È la descrizione più bella della fede. Filippo sul carro dell’eunuco, Filippo che battezza quest’uomo in una sorgente di acqua, dice a tutti che la fede non è l’adesione ad una idea, o a un codice di comportamento etico. La fede è esperienza dell’amore di Dio che si fa in una comunità e che riguarda la propria persona. La fede è un incontro personale con Cristo attraverso i sacramenti e la Parola di Dio. Partecipare alla missione della Chiesa è lasciare che questo contatto avvenga e che questo desiderio di raccontare la propria storia ci invada e ci guidi.
Vangelo
Così capiamo meglio anche le parole molto note del Signore Gesù. Parole che, però, non devono mai finire di stupirci. Forse, con un po’ di sano scetticismo, anche noi ci domandiamo: dov’è che vediamo i segni dei missionari descritti da Gesù? Dove si adempie quella parola che dice: “nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro alcun danno”? Noi vediamo questi segni adempiersi quando, con la nostra testimonianza o quando riceviamo la testimonianza di qualcuno che ci parla del cammino di fede e che accende il desiderio di vivere il nostro cammino sempre più nel profondo. Quando illuminiamo le tenebre della non conoscenza, dell’incertezza, del dubbio, noi siamo partecipi di questa missione. Quando togliamo il veleno dell’odio, della divisione, della rivalità, dei conflitti, noi partecipiamo di questa missione. Quando prendiamo in mano le situazioni difficili, le situazioni dove sembra che Dio non ci sia, le situazioni dove manca la sua luce e portiamo uno spiraglio solo di luce, noi viviamo questa missione, così come quando uomini e donne, consacrati e laici o famiglie, decidono di andare in altri luoghi, imparando lingue nuove, per dire la propria esperienza di fede, la propria partecipazione all’umanità di Cristo, la propria esperienza ecclesiale. Questo Vangelo non si adempie in modo miracolistico, in segni che scuoterebbero la curiosità di tutti, ma si adempie nel paziente, silenzioso nascosto lavoro di chi crede, di chi, raggiunto dalla grazia di Cristo si fa missionario di questo Amore che si irradia nell’universo.
Quando vivremo questo, quando la nostra esperienza diventerà l’oggetto di una comunicazione di fede sincera, forte, intensa, allora vedremo questo risultato missionario tra noi.
Timoteo
“Ti raccomando che si facciano suppliche, ringraziamenti, preghiere, perché possiamo condurre una vita tranquilla e calma, dignitosa, dedicata a Dio.”; concludo con queste parole a Timoteo. Chiarissime nella prima parte. Anche noi preghiamo per una vita tranquilla, per una vita serena. Fino a qui ci siamo tutti. Facciamo molta fatica nella comprensione della seconda parte dell’istruzione: una vita dedicata a Dio. Questo non è il nostro modo di sentire, vivere, comunicare la fede. Noi non viviamo per una vita dedicata a Dio. Noi siamo per una vita consacrata a noi stessi, alla nostra tranquillità, al massimo alla ricerca del bene per le persone alle quali vogliamo bene e alle quali ci sentiamo legati. La conversione missionaria che ci chiede il papa continuamente è tutta dentro queste parole: passare da una vita calma, da una vita dove noi dobbiamo essere sereni, poco importa cosa accade nel cuore degli altri, ad una vita che, invece, è dedicata a Dio, ovvero ad una vita dove, nel reciproco racconto della propria esperienza di fede, si impara a cercare il Signore e ad essere membri attivi della sua chiesa.
Per noi
Così deve essere per noi. Partecipare alla domenica missionaria, non è un modo per lavarsi la coscienza. Non è un modo per elevare qualche preghiera per i missionari o per fare qualche offerta, giusto per dire a noi stessi che non siamo poi così egoisti! Queste cose vanno anche bene, ma se ci sarà un racconto reciproco dell’esperienza di fede, allora si comprenderà il valore, la bellezza, il senso di una vita dedicata a Dio. Allora si comprenderà la tenerezza del Signore, che ci parla con i suoi misteri di incarnazione, gioia, redenzione, gloria. Come anche domenica scorsa io voglio chiedere a ciascuno di noi:
- Tu da che parte stai?
- A chi hai mai raccontato la tua esperienza di fede?
- A chi hai chiesto che ti parlasse della sua esperienza di fede, per rinfrancare la tua?
Così potremo rendere questa domenica veramente missionaria.
Così parteciperemo della missione della chiesa. Così troverà senso anche la nostra preghiera per i missionari che conosciamo, o per quelli che ci raccontano qualcosa delle loro missioni. Poiché poi, siamo nell’anno della famiglia, perché non dedicare qualche minuto di questa giornata a raccontarci l’un l’altro le nostre esperienze di fede? Se lo faremo sarà un po’ come se noi fossimo stati, quel giorno, su quel carro. Se lo faremo, diventeremo missionari dell’amore di Dio.