Settimana della prima domenica di Quaresima – Giovedì
Genesi
5, 1-4
Lettura del libro della Genesi
Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set. Dopo aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie.
La Genesi oggi ci propone un testo stringato e, apparentemente, poco significativo. Nell’ambito della narrazione è un racconto che serve a legare insieme il brano sulla creazione dell’uomo e la discendenza degli uomini. In questa prima settimana di Quaresima, come cerchiamo di fare ogni giorno, cerchiamo di dare un senso al digiuno e cerchiamo di interpretare i brani che la Scrittura ci propone per sostenere il cammino che ci siamo proposti. Possibile legare insieme questi due temi su questo brano della Genesi? Credo di sì. Se ricordate, il brano della creazione dell’uomo e della donna dice che essi furono creati a “immagine e somiglianza di Dio”. I discendenti di Adamo, è detto in questo brano, sono creati a “immagine e somiglianza di Adamo”. Si capisce che c’è qualcosa in meno! È pur vero che, se Adamo è immagine e somiglianza di Dio e i figli sono immagine e somiglianza di Adamo, allora anche i figli sono immagine e somiglianza di Dio, ma è pur vero che sembra che ci sia progressivamente qualcosa che viene meno! Sembra che l’immagine e somiglianza di Dio sia un po’ offuscata. Ed è vero! Tutti gli uomini sono immagine e somiglianza di Dio ma, a causa del peccato, questa immagine e somiglianza è sempre un poco più opaca, sempre più confusa. Solo un serio percorso di penitenza, e quindi di digiuno, permette all’uomo di recuperare la pienezza di quell’essere immagine e somiglianza di Dio nella quale ciascuno è stato creato. È questo il compito del nostro cammino di Quaresima.
Proverbi
3, 27-32
Lettura del libro dei Proverbi
Figlio mio, non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: «Va’, ripassa, te lo darò domani», se tu possiedi ciò che ti chiede. Non tramare il male contro il tuo prossimo, mentre egli dimora fiducioso presso di te. Non litigare senza motivo con nessuno, se non ti ha fatto nulla di male. Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia è per i giusti.
Il cammino per un recupero dell’essere immagine e somiglianza di Dio passa, come sempre ci è raccomandato, dalla via della carità. Non bisogna mai “essere digiuni” di opere di carità. Non bisogna mai rimandare, come ci diceva il testo, il compimento di opere vere di carità, per non perdere il gusto di una vita dedita al bene, per non perdere il gusto di una vita che si gioca nell’amore. Si recupera lo splendore dell’essere immagine e somiglianza di Dio solo in un percorso di autentica carità, solo in un percorso di attenzione alle opere buone che si possono compiere, solo nel costante dialogo con Dio che apre la via ad ogni genere di testimonianza del bene che diventa non solo aiuto agli uomini, ma anche reale incontro con Dio.
Vangelo
Mt 5, 20-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù diceva ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Così mi pare che anche il Vangelo ci inviti ad avere la sapienza di chi tiene sempre alto il richiamo propostoci dalla fede. Gesù polemizza con chi snatura la legge di Mosè. La legge di Mosè era già tutta impostata per aiutare l’uomo a capire che solo nell’attenzione all’altro e solo nel costante dono di sé nel servizio umile e generoso si trova la via della santificazione della vita. La casistica in cui la morale di Israele aveva ridotto ogni cosa, invece, ha spento questa attenzione, ha stravolto i canoni di questa pedagogia. Gesù richiama con forza il valore originario della parola di Mosè e richiama tutti al fatto che il 5° comandamento non proibisce solo di togliere di mezzo fisicamente una persona a noi ostile! Sarebbe troppo poco. L’attenzione alle parole, l’attenzione alle relazioni è il contenuto principale di questo comandamento. È dal modo con cui ci si interessa per l’altro, dal modo con cui si vive per gli altri, è dal modo con cui, ogni giorno, nel concreto delle situazioni, si esprime la propria attenzione per l’altro che si vede quanto uno fa della propria fede una via di santificazione. Solo così si recupera pienamente quell’essere immagine e somiglianza di Dio impresso nell’uomo fin dalla creazione. “Digiunare”, ovvero non attendere a questo progetto, significa condannarsi ad essere immagine sempre più opaca del mistero di Dio, che è la verità di ogni attenzione, accoglienza, vicinanza ad ogni uomo.
Esercizio per la revisione di vita quaresimale
- Sono consapevole di essere immagine e somiglianza di Dio?
- Come mantengo viva questa realtà spirituale?
- Sono sollecito e premuroso nella carità?
- Che attenzione alle relazioni so esprimere?
Impegno per suscitare la sapienza in noi
Credo che tutti, oggi, siamo invitati a comprendere che l’itinerario quaresimale di “digiuno” che ci siamo proposti non consista solo nel rinunciare a qualche cosa, a qualche realtà della vita che ci fa piacere avere, per offrirla a Dio, se poi non siamo pronti e solleciti a rivalutare le nostre relazioni con gli uomini e la nostra capacità di servizio dell’uomo stesso. Servirebbe a poco rinunciare ad un piatto e poi far vivere male le persone che hanno a che fare con noi!
Il digiuno ci deve ricordare per che cosa siamo fatti, quale deve essere lo scopo della nostra vita. Il tempo che poi si libera grazie al digiuno non deve certo essere tempo per l’ozio, ma, piuttosto, tempo per la preghiera e per la carità.
Domani siamo tutti invitati a “saltare” un pranzo per vivere il digiuno. È questa la regola della Chiesa per tutti coloro che hanno un’età compresa tra i 18 e i 60 anni. Cosa faremo del tempo che liberiamo? La proposta è chiara. Facciamone un tempo di attenzione all’uomo o un tempo di preghiera per recuperare quell’essere immagine e somiglianza di Dio che, poi, si esprime nella carità. Sia questo il nostro compito per non mortificare già fin dall’inizio il nostro impegno quaresimale.
È questo l’esercizio di sapienza che desideriamo vivere oggi.