Settimana della seconda domenica di Pasqua – Sabato
Questo sabato della seconda settimana di Pasqua, per noi italiani, coincide con il 25 aprile e, quindi, con l’anniversario della liberazione, il ricordo di tutti i defunti delle guerre e facciamo doverosa festa per tutto questo. Festa che diventa non solo attestazione di unità nazionale, ma, per noi credenti, preghiera che la Chiesa eleva per tutti, per i vivi e per i morti di qualunque parte, di qualsiasi condizione. Di questi eventi stiamo perdendo la memoria: è quasi del tutto finita la generazione dei protagonisti e rimane solo quella generazione che conobbe quegli eventi perché li sperimentò nell’epoca giovanile. Fare memoria di eventi lontani nel tempo senza averli vissuti diventa difficile. Si rischia di trasmettere qualcosa che è lontano da noi quanto i grandi eventi del passato, con la conseguenza di mettere tutto dietro le spalle senza lasciare che questi eventi ci parlino ancora e ci illuminino sulla situazione che ci riguarda. Questo è quello che dovremmo fare! Non già solo per alimentare il ricordo, ma, come credenti, per sentire la vicinanza di Dio al suo popolo in ogni evento della storia. È con questa premessa che meditiamo le pagine del Vangelo di oggi e, più in generale della scrittura.
Atti.
1 Petri
1Pt 5, 5b-14
Lettura della prima lettera di san Pietro apostolo
Carissimi, rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen! Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!
È soprattutto la pagina di San Pietro proposta per oggi a diventare, per noi tutti, invito a “riversare su di Lui ogni preoccupazione”. Chissà quante volte il Signore ha raccolto il pianto di coloro che erano in guerra e le loro preoccupazioni. Chissà quante immaginette nelle tasche dei soldati. Chissà quante preoccupazioni hanno raccolto in quei giorni. Così, come diceva la Scrittura, accade da ogni parte del mondo, presso ogni popolo, dal momento che le preoccupazioni non sono poi così dissimili. In tutto questo, però, viene anche dato un atteggiamento spirituale al quale, sempre, aderire. “Il Signore resiste ai superbi”, diceva San Pietro. È questo l’atteggiamento interiore con il quale occorre rivolgersi a Dio, in ogni tempo. Anche quando è il tempo di guerra, anche quando al cristiano tocca difendersi con le armi, è doveroso rivolgersi al Signore con questo atteggiamento di fede. Dio, dal canto suo, conferma, consola, come abbiamo sentito nella scrittura. La memoria degli eventi storici che arricchisce la nostra celebrazione odierna, diventa quindi, alla luce della fede, motivo di consolazione e di sicura speranza.
Lettera a Timoteo
2Tm 4, 9-18
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero. Ho inviato Tìchico a Èfeso. Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene. Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere. Anche tu guàrdati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli.
Anche San Paolo, in un momento difficile della sua esistenza, non disdegna chiedere aiuto. Il brano è stato scelto perché ci parla espressamente di San Marco, richiesto dall’apostolo come aiuto nel momento della prigionia e, quindi, del venir meno di quelle essenziali condizioni di vita che la libertà garantisce. Il brano non è solo storico, ma è di aiuto spirituale a ciascuno di noi. Infatti il testo aiutava a capire che il Signore diviene principio di consolazione per coloro che si affidano a Lui. Da un lato, come vedete, è il medesimo messaggio della prima lettura. Dall’altro è un richiamo per ciascuno di noi perché, fidandoci di Dio, anche noi troviamo la nostra consolazione e la nostra pace.
Vangelo
Lc 10, 1-9
✠ Lettura del vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Il credente che si sente consolato e sostenuto dal Signore, in ogni tempo e in ogni luogo, diventa poi un uomo, una donna, che augurano la pace. È significativo che il saluto che il credente dovrebbe sempre dare è proprio: “la pace sia con te!”. Quel saluto che rimane solo nella liturgia presieduta dal Vescovo, perché sia segno di quella missione apostolica di cui il vescovo è erede. Oppure quel saluto di pace che rimane, ritualmente, nelle nostre celebrazioni. Spesso, tuttavia, è poco più che una formalità. Il vangelo ci dice, invece, che chi ha celebrato la Pasqua, chi ha celebrato il Risorto e continua a celebrarlo nel tempo, si impegna per la pace. A partire dalla sua casa per aprirsi, poi, a tutto il mondo.
del pesce sopra. Un simbolo. Il simbolo di tutte le altre volte in cui Gesù aveva avuto a che fare con i pani e i pesci. Il simbolo, per eccellenza, della Santa Eucarestia. Come a dire che quell’esperienza unica che poterono fare i discepoli, non certo per merito ma per grazia, sarebbe poi stata possibile anche ai credenti di ogni tempo e di ogni luogo, sperimentando la forza segreta che viene dall’eucarestia.
Per noi
In un giorno come questo noi dovremmo avvertire l’urgenza della preghiera per la pace, come pure il richiamo non già ad essere pacifisti, come si dice nel gergo abituale, quanto piuttosto ad essere operatori di pace.
L’operatore di pace è uno che si applica per essere capace di portare in tutte le situazioni che sperimenta, il dialogo e la pace. Partendo proprio da quelle più semplici, da quella legate alla sua casa, al suo mondo, al suo modo di essere e di vivere. Ho l’impressione che l’espressione “essere pacifista” vada di moda ma non corrisponda poi ad un impegno concreto. Ci diciamo pacifisti e facciamo sfilate e fiaccolate per situazioni che sono così lontane da noi che nemmeno ci sfiorano. Essere operatori di pace, invece, ci mette al lavoro nella vita quotidiana, con la famiglia, con i colleghi di lavoro, con le concrete persone con le quali conviviamo, per essere, verso di loro e insieme con loro, operatori di pace. Auguriamoci questo! Auguriamo questo all’Italia. In un mondo che conosce ancora guerre e tensioni, divisioni e lotte, in un mondo che ancora si arma e combatte, chiediamo al Signore di essere operatori di pace. Questo servirà al bene non solo della nostra anima ma di tutta la comunità.