IV domenica di Pasqua
Cristo pastore.
Come abbiamo detto la scorsa domenica, queste due domeniche di pasqua ci fanno riflettere su due titoli attribuiti a Cristo. Settimana scorsa Cristo via, verità, vita. Quest’oggi Cristo pastore. È una delle immagini più classiche e più antiche dell’intera cristianità. Ma noi comprendiamo davvero cosa vogliono dire? Sappiamo comprendere le parole che abbiamo ascoltato in riferimento a Cristo pastore? Cosa fa Cristo pastore per noi? E cosa dobbiamo fare noi, se vogliamo essere sue pecore?
Atti
At 20, 7-12
Lettura degli Atti degli Apostoli
Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte. C’era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti. Ora, un ragazzo di nome Èutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: «Non vi turbate; è vivo!». Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati.
Timoteo
1Tm 4, 12-16
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Carissimo, nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbìteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.
Vangelo
Gv 10, 27-30
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Vangelo
È il Vangelo che fa parlare questa immagine.
Le mie pecore ascoltano la mia voce. Il contenuto è immediatamente sulle pecore, ovvero, fuor di metafora, è una descrizione del comportamento di chi vuole seguire Cristo. Indirettamente, però, questa immagine ci dice cosa fa Cristo per le pecore. Egli, continuamente, rivela la voce del Padre, rivela la Parola del Padre, di cui lui stesso è incarnazione.
Io le conosco. La seconda azione di Gesù buon pastore è la conoscenza delle pecore, una per una. Egli chiama le pecore, come dice un altro brano di Vangelo, e le pecore si sentono comprese e oggetto della bontà del pastore. Così Cristo ama ogni anima e si rapporta con ogni anima.
Io Do loro la vita eterna. Gesù esce subito dalla metafora del pastore, per dire cosa fa per le anime che sono come sue pecore. Egli dona a tutti la vita eterna. Il buon pastore, tra le varie cose che fa per il gregge dei fedeli, dona a tutti la speranza. È questo il contenuto fondamentale della predicazione di Gesù. Il buon pastore è fonte di speranza per chi crede.
Non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mano del padre mio. È un ultimo accento della predicazione di Gesù ed è un’immagine di protezione. Il Signore che dona la vita eterna a tutti, non vuole che nessuno si perda, per questo è vicino allo sfiduciato, all’amareggiato, a colui che ha perso la speranza. Inoltre Gesù afferma che non c’è esperienza alcuna che possa estinguere la speranza di essere con il Padre, uniti a lui, per sempre.
Io e il padre siamo una cosa sola. A condizione, però, di rimanere uniti a Cristo. Solo a questa condizione si può stare certi che nessuno ci potrà rapire dalla mano del Padre. Senza unione a Cristo, invece, è del tutto impossibile perseverare nella condizione di pecore che non vengono rapite dalla mano del Padre. È questa l’immagine finale della predicazione del Signore, in diretta unione con quella di domenica scorsa. Cristo via, verità e vita conduce al Padre perché è unito a Lui e per questo è il buon pastore.
Atti
Si capisce così la gustosa predicazione degli Atti. La comunità dei credenti è riunita per stare insieme a Cristo buon pastore, rappresentato dall’Apostolo Paolo che, nel nome del Signore, educa il suo popolo. Ad immagine di Cristo buon pastore, anche Paolo raduna il popolo di Dio per offrire la sua parola e per amministrare i sacramenti. È una predica lunga quella di Paolo, perdura tutta la notte, tanto che c’è un giovane, Eutico, seduto su un davanzale, forse per prendere un po’ d’aria, che non resiste al sonno e si addormenta! Solo l’intervento di Paolo riesce a farlo risorgere, proprio ad imitazione dei grandi miracoli di Gesù. Un brano bellissimo sull’identità del pastore che è il discepolo, ovvero il Sacerdote – oggi è anche la domenica di speciale preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione.
Timoteo
Così la seconda lettura è dedicata al ministero sacerdotale ovvero alle vocazioni sacerdotali che sono l’oggetto della nostra comune preghiera di oggi. Paolo invitava il giovane amico Timoteo a non perdersi d’animo di fronte alle dicerie che si sviluppano nella comunità anche per la sua giovane età. Timoteo è invitato a vivere ad imitazione di Cristo buon pastore, ovvero a predicare la parola di Dio e a spezzare il pane per tutta la comunità. È in questo due gesti che si ravvisa l’essenza del sacerdozio ministeriale. Sono questi due i segni che i discepoli – sacerdoti ripetono in ciascuna comunità cristiana perché i fedeli possano, a loro volta, incontrare Cristo il buon pastore e lasciarsi edificare da Lui nella speranza.
Per noi
Sono diverse le provocazioni per noi che rileggiamo questa Parola di Dio.
- Noi cresciamo nella dimensione della speranza cristiana?
La prima provocazione che vorrei lasciare a tutti è questa. Senza la speranza della vita eterna, non ci può essere vita cristiana, come dicevo anche la scorsa domenica: togli la dimensione della speranza e non ha più alcun senso un richiamo ad una vita di fede e ad un’etica di comportamento cristiano, che rischia di diventare solo un obbligo, solo un codice di comportamento sempre più lontano da quella che è la vita.
Credo che la dimensione della speranza cristiana sia quella sulla quale tutti dobbiamo impegnarci maggiormente oggi. Noi che viviamo questa epoca, noi che siamo alle prese con tutto ciò che questo tempo di pandemia comporta, noi che stiamo modificando, con molta fatica, il nostro modo di vivere e le nostre abitudini sociali, abbiamo bisogno di crescere nella dimensione della speranza cristiana.. in questa dimensione di speranza si cresce solamente con la partecipazione attiva e frequente all’Eucarestia e con la riflessione costante sulla Parola di Dio.
Viviamo in un tempo dove la partecipazione fedele e costante all’Eucarestia non è più un valore. Voi siete un’eccezione, siete tra coloro che, in qualche modo, per ragioni personali che solamente la vostra coscienza conosce, avete deciso di perseverare su questa via e continuate ad accogliere questo insegnamento che ci è stato lasciato. Credo che il Vangelo di Cristo buon pastore ci riporti all’urgenza di far tornare tutti i fedeli ad una vita di attiva partecipazione al Sacramento domenicale. Qui occorre che sappiamo suscitare la nostra fantasia e la nostra dimensione di accoglienza. Se vogliamo essere una comunità che cresce nella dimensione della speranza, se vogliamo che i nostri concittadini, parenti, amici crescano nella dimensione della speranza cristiana, abbiamo bisogno di richiamare tutti ad una partecipazione attiva e frequente al Sacramento.
Seguiamo Cristo buon pastore in questa prima direzione, ascoltiamo quella voce che ci chiede di essere testimoni gioiosi della Messa.
C è, poi, una seconda riflessione: come preghiamo noi per le vocazioni? Diremo che ogni anno, in questa quarta domenica di Pasqua, ritorniamo sul tema. Certo, riproponiamo la preghiera perché tutti dobbiamo essere consci del momento che stiamo vivendo e delle difficoltà che la chiesa sta affrontando. Anche noi, nel nostro piccolo. Quest’anno abbiamo perso due sacerdoti che hanno fatto molto per Cassano e come vedete, non sono stati sostituiti. Eppure non stanno venendo meno i servizi che cerchiamo di offrire, quindi magari non ce ne accorgiamo tanto, ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte al gravissimo problema delle vocazioni. Tutte le vocazioni. A fare problema è una vita intesa in senso vocazionale da parte dei giovani. Tra tutti gli esiti, anche quello sacerdotale, sta particolarmente soffrendo. Noi cosa facciamo come comunità cristiana per chiedere a Dio l’aiuto che ci necessita? Cosa facciamo per chiedere a Dio il dono di nuovi sacerdoti? Cosa facciamo come mamme, papà, nonni, nonne, per insegnare ai nostri figli o nipoti che la vita ha senso solo quando la interpretiamo alla luce della dimensione vocazionale? Credo che la fragilità di moltissimi giovani ci stia dicendo questo: siamo di fronte ad una generazione che, avendo perso la speranza non può che consumare le cose del presente e rifugiarsi nelle emozioni che esse provocano e suscitano. Ma è questo quello che vogliamo? Come comunità cristiana non è forse vero che siamo tutti chiamati a dimostrare che la vita è fatta di altro e che la vita si fonda su altro? Ma anche a questo proposito, può comprendere questa verità solamente chi continua a cibarsi di Cristo e chi continua a ricevere la parola come dono.