Domenica 26 Gennaio

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

C’è una Epifania, cioè una manifestazione, che è del tutto speciale e che passa, anche per Gesù, da ciò che di più normale c’è nella vita di un uomo: la famiglia. C’è una rivelazione speciale dei contenuti della fede che passa attraverso la vita nascosta a Nazareth i cui eventi sono, già di per sé, motivo di evangelizzazione.

Colossesi

Col 3, 12-21
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi

Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.

Come vive la famiglia di Nazareth? In parte ce lo spiega San Paolo, che, meditando sugli esempi della Santa famiglia, ne fa una meditazione per tutti i cristiani.

Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, sopportandovi a vicenda…”. Certo, di sopportazione nel senso più letterale del termine, non ci deve essere stato bisogno nella casa di Nazareth, ma la santa famiglia è, certamente, il luogo dove si vivono e si testimoniano le altre virtù elencate da San Paolo. La tenerezza di Maria, verso Gesù e verso Giuseppe, l’umiltà di Giuseppe che educa Gesù non solo con la parola e con il riferimento costante alla fede dei padri, ma anche con il proprio esempio, la mansuetudine di Maria e di Giuseppe che sanno di avere solo in custodia quel figlio particolare che non è loro e che ha una missione particolare da compiere nel mondo.

Tenerezza, bontà, mansuetudine, sono le caratteristiche del vivere quotidiano, della semplicità, della normalità anche per le nostre famiglie. Se noi vorremo dare un’interpretazione cristiana al nostro vissuto in famiglia, dobbiamo partire da qui. Il cristiano che vuole dare testimonianza della sua fede, si rivesta di queste virtù. Poi, certo, anche di sopportazione, di perdono, di dialogo cercato continuamente.. realtà che la famiglia di Nazareth non ha avuto bisogno di vivere, per la sua santità. Proprio per questo, però, la santa famiglia diventa esempio che richiama tutti noi alla verità di un vivere in famiglia che stiamo rischiando di perdere.

Vangelo

Lc 2, 41-52
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. I genitori del Signore Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Quella normalità che è fatta anche di momenti difficili. La famiglia di Nazareth ne ha avuti molti: il dover lasciare Betlemme a causa di Erode, il rendersi stranieri in un paese lontano, l’Egitto, per sfuggire alla repressione, per esempio. Poi il perdersi del Signore nel tempio, appena compiuto quell’esame, il “bar mitzpà”, che lo aveva reso adulto di fronte alla società. Oppure il vedere morire Giuseppe, o ancora la partenza di Gesù per il suo ministero, e, poi, i fatti della passione del Signore e, infine, il rimanere “sola” di Maria. Una solitudine certo del tutto particolare: la solitudine di chi ha visto il Risorto e diventa testimone, nella prima chiesa e con la comunità degli apostoli, di ciò che è accaduto. Fatti difficili, momenti di tensione, sono stati normali anche nella santa famiglia di Nazareth. È proprio perché è passata attraverso questa normalità dell’esistenza che la santa famiglia diviene, per tutti noi, esempio.

Esempio anche del ritrovarsi, non tanto nel senso fisico, anche se questa operazione ha vivamente preoccupato Maria e Giuseppe. Ma il ritrovarsi intorno alla Parola di Dio. “non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Risposta di Gesù che richiama al tornare alle origini della propria vocazione sia per Maria che per Giuseppe, come, del resto, anche per Lui stesso. La normalità di una famiglia è fatta anche di questo: della ricerca del proprio ruolo, della ricerca della propria vocazione, perché tutti, è certo, ne abbiamo una!

Anche la nostra normalità di famiglia è fatta di questo: della vocazione che ciascuno di noi ha ricevuto in dono e che ciascuno di noi sta vivendo, la normalità di una vita in famiglia è fatta anche di quello che ciascuno di noi è chiamato a realizzare, tenendo conto della presenza, della vicinanza, del contributo degli altri, ma procedendo alacremente su quella strada che il Signore ha preparato soltanto per me! Ciascuno di noi è chiamato a scoprire continuamente questa verità che, talvolta, indica una meta da raggiungere, talvolta invita ad una sosta doverosa, talvolta diviene richiamo per un cambio di rotta. La normalità della vita cristiana è la ricerca e il mettere in pratica la propria vocazione, fino a quando il Signore vorrà. Questa è la normalità della vita cristiana che diventa santità dei giorni.

Siracide

Sir 7, 27-30. 32-36
Lettura del libro del Siracide

Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare le doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato: che cosa darai loro in cambio di quanto ti hanno dato? Con tutta l’anima temi il Signore e abbi riverenza per i suoi sacerdoti. Ama con tutta la forza chi ti ha creato e non trascurare i suoi ministri. Anche al povero tendi la tua mano, perché sia perfetta la tua benedizione. La tua generosità si estenda a ogni vivente, ma anche al morto non negare la tua pietà. Non evitare coloro che piangono e con gli afflitti móstrati afflitto. Non esitare a visitare un malato, perché per questo sarai amato. In tutte le tue opere ricòrdati della tua fine e non cadrai mai nel peccato.

Oppure quella normalità di cui parlava la prima lettura. Quella normalità della vita che è fatta anche di progressivo invecchiamento o di malattia, e la famiglia diventa il luogo dove vivere il proprio diventare vecchi o nel quale sentirsi sostenuti per la propria esperienza di malattia.

Oppure quella normalità che è fatta di sostegno del povero, di prossimità a coloro che sono nella fatica, nella sofferenza, nel dolore per le difficoltà della vita. Anche in questo una famiglia è di esempio, specie per le generazioni che vengono dopo la nostra.

Normalità che è fatta anche di fede, di rispetto per la legge di Dio, di preghiera e di ricerca del Signore, ciascuno secondo le proprie possibilità e il proprio cammino.

Mi domando se anche la normalità delle nostre famiglie è fatta di queste cose, di educazione alla carità, di sostegno alla malattia e alla vecchiaia. Mi domando se anche la nostra esperienza di normalità della vita in famiglia abbia questi componenti e questi punti di riferimento.

Per Noi

Temo che la normalità delle nostre famiglie sia fatta di altro:

  • La normalità della fretta: ognuno ha i suoi ritmi, le sue cose, le proprie scansioni del tempo e, in molte famiglie, diventa difficile anche la cosa più normale che ci sia: radunarsi per un pranzo, per una discussione, per un confronto… La normalità della vita di famiglia è data anche da queste cose, da un incontrarsi quotidiano che diviene tempo impiegato per il bene di tutti.
  • La normalità dell’egoismo: mi pare che ciascuno, oltre ad avere i propri tempi, abbia anche i propri progetti, la propria scansione di vita che non sempre è capace di tenere conto degli altri. In molte famiglie è ormai accettato come normale che ciascuno abbia i suoi progetti e le sue prerogative, senza che il confronto con quelle degli altri diventi occasione per riflettere sulla bontà dei propri progetti.
  • La normalità della solitudine: mi sembra che in molte famiglie ci sia una solitudine dei giovani, che vanno avanti per la loro strada senza un serio confronto con gli adulti, spesso, in realtà, senza un confronto con alcuno. Oppure penso alla solitudine di molti anziani, che non è solo la solitudine fisica del tempo speso da soli, ma che è anche la solitudine emotiva data dal non poter mai condividere niente con nessuno, oppure spirituale perché nessuno prega mai con loro o li porta mai in chiesa… Fenomeno preoccupante e in costante aumento quello della solitudine in una società fragile.
  • La normalità del privato: così assistiamo anche ad un sempre più largo privatizzarsi delle questioni e dei problemi. Così che non si possa più parlare, in realtà di bene e di male, perché ciascuno ha il suo modo di vedere, ciascuno ha il suo modo di sentire e nessuno deve essere attaccato o disturbato, perché ciascuno ha il diritto a pensare ciò che vuole e a rimanere tranquillo…

La nostra normalità è diversa da quella della scrittura, fatta di premura, cura, vicinanza, confronto, sopportazione, ricerca del bene comune, sostegno alla vocazione, preghiera…

Forse questa festa della famiglia ha proprio il compito di dirci che c’è una normalità della fede che anche noi siamo chiamati a conoscere, ricercare, custodire. Senza questa normalità che viene dalla fede, tutto diventa più difficile, incerto…

La festa della santa famiglia ci metta, dunque, a confronto con la normalità della famiglia di Nazareth e insegni a ciascuno di noi che solo dove c’è il rispetto per Dio possono nascere tutti gli altri beni della vita. Ma senza questo fondamento, forse, la vita diventa solo un’estenuante ricerca di tranquillità che non avremo mai. Dove manca Dio, manca, infatti, il terreno per vivere quella “normalità” di esperienze che fa bene a tutti!

2020-01-25T14:13:49+01:00