Martedì 26 maggio

Settimana della settima domenica di Pasqua – Martedì

Cantico

Ct 5, 6b-8
Lettura del Cantico dei Cantici

L’amato mio se n’era andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa; l’ho cercato, ma non l’ho trovato, l’ho chiamato, ma non mi ha risposto. Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città; mi hanno percossa, mi hanno ferita, mi hanno tolto il mantello le guardie delle mura. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate l’amato mio che cosa gli racconterete? Che sono malata d’amore!

L’amore tra un uomo e una donna, quando è autentico, sa superare qualsiasi difficoltà della vita. Certo si porteranno addosso alcune ferite, alcuni segni che dicono come la vita non abbia risparmiato fatiche e difficoltà. Eppure esso continua la sua corsa e non si arresta davanti a nulla. Nemmeno davanti alla morte, perché l’amore tra un uomo  e una donna può durare oltre il tempo fisico che si ha a disposizione, come tutti sappiamo molto bene poiché lo abbiamo già visto testimoniare da molte persone umili e semplici anche a noi vicine.

Vangelo

Gv 15, 9-11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Così è anche nella vita di fede. Ecco perché il Signore Gesù dice: “rimanete nel mio amore”. Il cammino di fede è fatto anche di questo, di una fedeltà che sa andare bel oltre le difficoltà della vita, le crisi che il tempo genera, le esperienze che non sono sempre avvincenti e che, spesso, segnano il cammino dell’uomo. I comandamenti rimangono una direzione, un’indicazione per rimanere nella strada di Dio. Non tanto perché sono “leggi” da seguire, ma, molto di più, perché sono “indicazioni” che dicono al cuore dell’uomo come regolarsi in molti casi della vita e come tenere desto il cuore per non perdersi nei diversi meandri dell’esistenza. “Rimanere nell’amore di Dio”, in un cammino di vera fedeltà, è anche causa di felicità. Gesù richiama questa verità a tutti, ricordando che solo dove esiste un cammino fedele, Dio realizza in pieno la felicità dell’uomo.

Filippesi

Fil 3, 17 – 4, 1
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Anche San Paolo torna su questi concetti. Anzitutto chiede ai Filippesi di farsi suoi imitatori. Non certo per arroganza o per vanagloria. Paolo non vuole mettere in mostra sé stesso, ma sa bene che egli si è fatto imitatore di Cristo. Ecco perché osa proporre sè stesso come modello. Come lui, Paolo, si è fatto imitatore di Cristo, così è possibile a tutti farsi imitatori di Cristo. La scelta personale, la decisione personale di seguire il Signore, ma anche la forza che viene da una comunità sono gli ingredienti cardine di un cammino di fede volto alla ricerca costante del volto di Dio e, quindi, incamminato verso la felicità.

In secondo luogo San Paolo tornava anche sul concetto di ricerca della felicità che non dipende tanto dalle coordinate della vita. Paolo sa bene che il cristiano è chiamato a ben altra felicità, quella della vita eterna e, per questo, ricordava ai suoi interlocutori di non soffermarsi semplicemente e banalmente sulle condizioni di felicità di cui parlano gli uomini, ma a cercare sempre quella felicità che viene da Dio e che è l’unica e vera causa di felicità per ogni uomo. Un richiamo che anche noi dobbiamo fare nostro per non perderci nelle mille cose della vita e per tenere lo sguardo fisso su quella meta dell’esistenza che non possiamo assolutamente fallire.

Veni Sancte Spiritus!

Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché anche noi impariamo a riconoscere e a ricordare che la felicità della nostra esistenza non dipende da quello che accade, da quello che abbiamo, da quello che riusciamo ad essere, ma dalla tensione verso il mistero di Dio che si compirà con la sua visione.

Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché impariamo che la vita di fede è fatta anche della difficoltà della ricerca e perché non abbiamo a disperarci quando siamo immersi nella fatica della lotta per vincere ogni ostacolo che si presenta a noi sul percorso che porta a Dio.

Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché impariamo a farci “imitatori di Cristo” sapendoci proporre come modello anche ad altri. Non perché “bravi”, non perché arrivati a chissà quale meta, ma perché siamo in grado di testimoniare che solo una vita che si fa cammino di imitazione di Cristo e sequela è veramente realizzata e piena.

Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam!

2020-05-22T10:15:41+02:00