Settimana della settima domenica di Pasqua – Mercoledì
Efesini
Ef 2, 1-10
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
La nostra riflessione, oggi, potrebbe partire proprio dalla lettera agli Efesini. Anche noi, infatti, come dice San Paolo, ci rivediamo nelle parole dell’Apostolo: “morti per le nostre colpe e peccati nei quali vivemmo alla maniera di questo mondo”. Credo che, maturando in un serio cammino di fede, tutti possiamo comprendere la verità di queste parole perché tutti facciamo fatica a “rimanere” nell’amore di Dio e a camminare con quella sollecitudine che, invece, dovrebbe essere parte integrante del cammino di fede di ogni uomo e di ogni donna che si affida a Dio. Comprendiamo però anche la bellezza e il senso delle altre parole: “Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le nostre colpe ci ha fatto vivere con Cristo”; è questo il senso anche di questo tempo pasquale. Noi abbiamo visto il grande amore di Dio che si è donato per noi sulla Croce di Cristo e siamo in cammino con Lui se ci faremo imitatori di questo amore. Ancora una volta San Paolo insiste moltissimo sulla misericordia di Dio che, oltre non imputare nessun peccato all’uomo, concede grazie particolari perché il cammino di fede non si fermi.
Vangelo
Gv 15, 12-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Come è possibile questo? Come è possibile vivere quello che San Paolo esprimeva nella sua lettera? Ricordandoci che l’unico vero comandamento che ci ha lasciato il Signore è quello dell’amore. “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”: questa dovrebbe essere sempre la prima, unica e vera “legge” che il cristiano segue. Ricordandoci anche che: “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. È un rovesciamento della prospettiva di fede rispetto a quello che noi abitualmente pensiamo. Noi crediamo infatti di avere scelto di seguire il Signore, di avere scelto un percorso di fede e di portarlo avanti grazie alle nostre opere e intenzioni. Gesù ci dice il contrario. Noi “siamo stati scelti”, il che dovrebbe far nascere in noi un vivissimo desiderio di responsabilità. Consapevoli della scelta che Dio ha operato su ciascuno di noi, dovremmo rispondere con la serietà e l’impegno di una vita all’elezione che abbiamo ricevuto.
Cantico dei Cantici
Ct 1, 5-6b. 7-8b
Lettura del Cantico dei Cantici
Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato. Dimmi, o amore dell’anima mia, dove vai a pascolare le greggi, dove le fai riposare al meriggio, perché io non debba vagare dietro le greggi dei tuoi compagni? Se non lo sai tu, bellissima tra le donne, segui le orme del gregge.
Lo sa bene anche l’amata del cantico dei cantici. Ella si affatica nel lavoro dei campi, ecco perché è “abbronzata”, ma non perde di vista “l’amore della sua vita”. Anche se vive della fatica del suo lavoro, non perde di vista quale deve essere l’orizzonte che dà senso e pienezza ai suoi giorni. Non è il lavoro a rendere piena la sua vita, ma la ricerca dell’amato, che permette, poi, di gustare ogni cosa dell’esistenza nel suo giusto valore.
Veni Sancte Spiritus!
Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché anche noi impariamo a riconoscere e a rimettere nelle mani di Dio i nostri peccati. Consapevoli della nostra debolezza, mettiamoci con fiducia dalla parte di chi vuole rimettere il proprio peccato nelle mani di Dio, per non perdere la gioia del sentirsi perdonati e non smarrire la bussola del proprio cammino.
Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché ricordiamo di essere stati scelti dal Signore per qualcosa di particolare, di speciale, che è la nostra vocazione, l’esito cristiano della nostra vita. Chiediamo la forza per vivere bene questa realtà che a noi è stata donata e che è la nostra “elezione”.
Invochiamo la presenza di Dio su di noi e sulla nostra chiesa perché impariamo a ricordarci che è nella quotidianità, nella ferialità che è fatta anche di lavoro, a volte anche duro, impegnativo, serio, che noi siamo chiamati a testimoniare i valori del Vangelo. Solo così vivremo bene la nostra Pentecoste.
Veni Sancte Spiritus, Veni per Mariam!