Sabato 26 settembre

Settimana della 4 domenica dopo il martirio – Sabato

Questo Sabato ha un tema molto riconoscibile anche se, storicamente, non più parte della nostra società: l’aiuto e la vicinanza ai servi. Tema che ha, però, un’applicazione spirituale valida anche per noi, come ogni parola di Dio che non è mai solo storicamente inserita in un periodo storico, ma valida al di là di ogni tempo.

Deuteronomio

Dt 15, 12-18b
Lettura del libro del Deuteronomio

In quei giorni. Mosè disse: «Se un tuo fratello ebreo o una ebrea si vende a te, ti servirà per sei anni, ma il settimo lo lascerai andare via da te libero. Quando lo lascerai andare via da te libero, non lo rimanderai a mani vuote. Gli farai doni dal tuo gregge, dalla tua aia e dal tuo torchio. Gli darai ciò di cui il Signore, tuo Dio, ti avrà benedetto. Ti ricorderai che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha riscattato; perciò io ti do oggi questo comando. Ma se egli ti dice: “Non voglio andarmene da te”, perché ama te e la tua casa e sta bene presso di te, allora prenderai la lesina, gli forerai l’orecchio contro la porta ed egli ti sarà schiavo per sempre. Anche per la tua schiava farai così. Non ti sia grave lasciarlo andare libero, perché ti ha servito sei anni».

Come tutte le società antiche, anche Israele conosce l’istituto della schiavitù. Prigionieri di guerra, famiglie ridotte in povertà, nemici giurati, finivano schiavi. La vera novità di Israele, già nella sua legislazione antica, è, però, il rapporto con gli schiavi. Essi non sono solo dei sottomessi, ma sono persone, uomini e donne a cui è dovuto un rispetto perchè così vuole Dio. Anzi, in Israele, un fratello di fede che cadeva schiavo a causa della povertà nella quale era sprofondato, poteva essere tenuto come servo solo per un certo tempo, al massimo 7 anni. Poteva essere poi lui di rimanere nella casa nella quale aveva servito, ma ciò dipendeva solo da una libera decisione e non da una costrizione. Legge difficile da applicare, perché antieconomica e a causa del confronto con gli altri popoli che, come sappiamo, vivevano in modo ben differente!

Filemone

Fm 1, 8-21
Lettera di san Paolo apostolo a Filèmone

Carissimo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! Ti ho scritto fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo.

Come è attestato anche da San Paolo, il cristiano ha un suo modo per regolarsi su questo tema. Paolo scrive a Filemone a causa di un servo. Onesimo, lo schiavo, ha abbandonato la casa di Filemone e, da cristiano, si è aggiunto a San Paolo. Paolo lo accoglie, osserva il suo modo di fare, poi, invece di tenerlo con sé, lo rimanda a Filemone con la preghiera di accoglierlo non come uno schiavo che va punito per la sua disobbedienza ma come un fratello di fede che ha ricevuto la medesima redenzione di Cristo. Paolo lascia Filemone libero di scegliere: potrebbe anche riprendere Onesimo solo come un servo – la legge del tempo glielo concederebbe – ma è la fede che provoca. Può un cristiano tenere schiavo un fratello, un uomo, una donna che Cristo ha redento? Riflessione importantissima ma dimenticata, poi, per secoli.

Vangelo

Mt 8, 5-15
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Entrato in Cafàrnao, venne incontro al Signore Gesù un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.

Come anche il Vangelo insisteva sulla capacità di saper vedere nel servo un uomo che ha i medesimi diritti degli altri. A dirlo è la bellissima figura di questo centurione, un romano, un non ebreo, un non cristiano ovviamente, che non sfrutta il suo servo ma che, anzi, si preoccupa per la sua salute e giunge perfino a disturbare Gesù, pur di non vedere il suo servo soffrire. Una bellissima umanità, quella del centurione. L’umanità di un uomo che sa che anche i servi sono figli di Dio. Un uomo che ribalta la condizione: invece che farsi solamente servire dal suo servo, si rende lui stesso servitore di quell’uomo malato. Una pagina bellissima, un’immagine bellissima di vicinanza, di umiltà, di relazione profonda

Per noi

Viene spontaneo che tutti ci chiediamo:

  • che sguardo abbiamo sulle persone povere, su chi perde tutto, su chi si rende servo di qualcuno?

Sebbene non siamo più nella condizione storica tratta dalle scritture, sappiamo bene che questi fenomeni sono molto presenti anche nel nostro mondo. Non conta che non li viviamo in prima persona. Conta come noi ci rapportiamo a questi fenomeni, cosa noi possiamo fare, come preghiamo e come intercediamo per questi poveri nel mondo che finiscono schiavi di uomini senza scrupoli che, spesso, sono solamente capaci di sfruttare chi è nel bisogno. Oggi potremmo proprio intercedere per tutti coloro che vivono oggi in situazione simili a queste.

Sia il Signore ad accogliere il nostro grido di intercessione e sia Maria Santissima, che veneriamo sempre con affetto speciale in ogni sabato, a presentare la nostra preghiera a Dio, il Padre di tutti.

2020-09-18T19:34:32+02:00