Lunedì 27 marzo

Settimana della 5 domenica di quaresima – lunedì 

La spiritualità di quaresima per questo giorno

Terminato il discorso della montagna, la liturgia ci propone di meditare pagine di Vangelo che hanno il compito di introdurci, pian piano, alla celebrazione della Pasqua del Signore. In questo senso leggeremo le pagine che richiamano da vicino il mistero della passione del Signore.

La Parola di questo giorno

GENESI 37, 2-28
Lettura del libro della Genesi

Questa è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i suoi fratelli. Essendo ancora giovane, stava con i figli di Bila e i figli di Zilpa, mogli di suo padre. [Ora Giuseppe riferì al padre di chiacchiere maligne su di loro. Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica con maniche lunghe. I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non riuscivano a parlargli amichevolmente.] Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. [Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?». I suoi fratelli perciò divennero invidiosi di lui, mentre il padre tenne per sé la cosa.] I suoi fratelli erano andati a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Israele disse a Giuseppe: «Sai che i tuoi fratelli sono al pascolo a Sichem? Vieni, ti voglio mandare da loro». Gli rispose: «Eccomi!». Gli disse: «Va’ a vedere come stanno i tuoi fratelli e come sta il bestiame, poi torna a darmi notizie». [Lo fece dunque partire dalla valle di Ebron ed egli arrivò a Sichem. Mentre egli si aggirava per la campagna, lo trovò un uomo, che gli domandò: «Che cosa cerchi?». Rispose: «Sono in cerca dei miei fratelli. Indicami dove si trovano a pascolare». Quell’uomo disse: «Hanno tolto le tende di qui; li ho sentiti dire: “Andiamo a Dotan!”».] Allora Giuseppe ripartì in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono contro di lui per farlo morire. Si dissero l’un l’altro: «Eccolo! È arrivato il signore dei sogni! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna! Poi diremo: “Una bestia feroce l’ha divorato!”. Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni!». Ma Ruben sentì e, volendo salvarlo dalle loro mani, disse: «Non togliamogli la vita». Poi disse loro: «Non spargete il sangue, gettatelo in questa cisterna che è nel deserto, ma non colpitelo con la vostra mano»: egli intendeva salvarlo dalle loro mani e ricondurlo a suo padre. Quando Giuseppe fu arrivato presso i suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tunica, quella tunica con le maniche lunghe che egli indossava, lo afferrarono e lo gettarono nella cisterna: era una cisterna vuota, senz’acqua. Poi sedettero per prendere cibo. [Quand’ecco, alzando gli occhi, videro arrivare una carovana di Ismaeliti provenienti da Gàlaad, con i cammelli carichi di resina, balsamo e làudano, che andavano a portare in Egitto.] Allora Giuda disse ai fratelli: «Che guadagno c’è a uccidere il nostro fratello e a coprire il suo sangue? Su, vendiamolo agli Ismaeliti e la nostra mano non sia contro di lui, perché è nostro fratello e nostra carne». I suoi fratelli gli diedero ascolto. Passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.

SALMO Sal 118 (119), 121-128

Beato chi cammina nella legge del Signore.

Ho agito secondo giudizio e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano gli orgogliosi. R

I miei occhi si consumano nell’attesa della tua salvezza
e per la promessa della tua giustizia.
Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi decreti. R

Io sono tuo servo: fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
È tempo che tu agisca, Signore:
hanno infranto la tua legge. R

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero. R

PROVERBI 28, 7-13
Lettura del libro dei Proverbi

Figlio mio, osserva la legge il figlio intelligente, chi frequenta gli ingordi disonora suo padre. Chi accresce il patrimonio con l’usura e l’interesse, lo accumula per chi ha pietà dei miseri. Chi allontana l’orecchio per non ascoltare la legge, persino la sua preghiera è spregevole. Chi fa deviare i giusti per la via del male, nel suo tranello lui stesso cadrà, mentre gli integri erediteranno il bene. Il ricco si crede saggio, ma il povero intelligente lo valuta per quello che è. Grande è l’onore quando esultano i giusti, ma se prevalgono gli empi ognuno si dilegua. Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo, chi le confessa e le abbandona troverà misericordia.

VANGELO Mc 8, 27-33
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. Il Signore Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Vangelo

Nella regione di Cesarea di Filippi”. Forse quando leggiamo il Vangelo non facciamo molto caso alle indicazioni geografiche o a quelle di tempo. Sono un po’ un corollario rispetto al cuore del racconto. Non è così. Infatti le indicazioni di luogo o di tempo sono molto utili per capire sempre meglio il racconto di ciò che il Signore ha fatto e ha detto. Per esempio oggi il Vangelo ci ricorda che siamo nella regione di Cesarea di Filippi, quindi in un luogo molto lontano da Gerusalemme. Qui il Signore è con i suoi discepoli, in un luogo dove non ci sono veleni, non ci sono discussioni teologiche, non ci sono persone del tempio con le quali confrontarsi o alle quali rendere conto. È per questo che Gesù può procedere ad una domanda che è il cuore di tutta la sua catechesi.

La gente chi dice che io sia?”. La domanda sull’identità di Gesù è il cuore di tutte le domande di fede. Gesù, da subito, ha rivelato la sua identità di Figlio di Dio, ma con molta discrezione. La sua identità si è svelata man mano, fino al suo compimento nella morte di Croce. Gesù ha avuto quasi “paura” che una rivelazione prematura della sua identità potesse compromettere il suo ministero. È per questo che ha cercato, in ogni modo, di tenersi riparato, di non mettersi in mostra, di vivere quasi in sordina l’inizio del suo ministero. È per questo che, per porre questa domanda ai discepoli, ha scelto un luogo remoto, riparato, lontano da sguardi, e soprattutto, orecchi indiscreti. La risposta della gente è imperfetta, imprecisa, eppure conta molto. Gesù vuole ascoltarla, per riprendere poi il dialogo proprio da quello che dice la gente.

Ma voi chi dite che io sia?”. Tutti capiamo che ora la domanda è più diretta, non ci si può trincerare dietro quello che dicono gli altri. Occorre, per forza, prendere posizione. È quello che fa Pietro, in primis, ma è quello che devono fare tutti gli altri. Ogni discepolo è stato chiamato a prendere posizione sulla persona di Gesù. Ogni discepolo ha dovuto dire con parole sue quello che più sentiva nel cuore. La fede richiede questo. La fede richiede di sapersi mettere davanti al Signore in uno stato di assoluta verità.

Ed egli diceva…” La rivelazione del Signore è davvero sorprendente, perché egli rimanda da subito alla sua Pasqua, alla sua sofferenza, alla sua morte e alla sua risurrezione. Tutte cose che il discepolo per un verso non capisce, per altro verso rifiuta. Rifiuta l’idea della passione, della sofferenza, della morte, come fa ogni uomo. Non concepisce ancora l’idea della risurrezione, dal momento che il Signore ne parla spesso ma non è ancora stata compresa la verità delle sue parole.

Il nostro cammino di fede

Credo che il nostro cammino di fede debba necessariamente, come è per tutti, confrontarsi con la domanda diretta: chi è per me il Signore Gesù? Nella mia esperienza vedo che, quando si pone questa domanda ai bambini del catechismo, rispondono con parole molto formali. Gesù è il Messia. È il Figlio di Dio. È il rivelatore del Padre. Tutti titoli teologici molto difficili, che andrebbero spiegati e che un bambino non sa spiegare. Li ripete perché li ha sentiti, quasi in forma mnemonica. Poi, ma mano che si cresce nell’età, le risposte diventano sempre più dubbiose e sempre meno precise. Così capita che, poi, un adolescente, un preadolescente, non sappia più rispondere bene alla situazione, alla domanda. Si passa al vuoto, perfino si incontrano ragazzi che dubitano dell’esistenza storica di Cristo. Poi, da adulti, è raro trovare posizioni precise, risposte profonde. Si rimane un po’ così, un po’ nell’indeterminato e un po’ nel vuoto.

Credo che, invece, per noi che vogliamo vivere un itinerario di Quaresima profondo, cercare la risposta personale a questa domanda sia essenziale. Poco importa se avremo termini teologici molto precisi oppure no. Se Pietro ha avuto la possibilità di rispondere in maniera molto precisa, è solo perché ha avuto la possibilità di una rivelazione interiore unica, personale, a lui riservata. Non certo per merito. Poco importa, dicevo, se anche noi non sapremo dire molto di preciso sul mistero di Cristo. Ciò che conta è la risposta del cuore. Cosa dice il nostro cuore sulla persona di Cristo? Cosa dice il nostro cuore sul suo mistero? Cosa dice il nostro cuore sulla fede? Credo che queste siano le cose fondamentali da verificare. È il cuore che deve parlare. Un itinerario di fede non è vero quando è teologicamente profondo e preciso. Potrebbero esserci persone che solo hanno studiato molto, ma che non credono. Si crede solo quando si ama, come fa il Signore Gesù che, per amore, sale sulla croce. Ecco perché la Croce è il momento massimo della rivelazione dell’amore di Dio per noi: perché è la massima rivelazione di amore. Così come anche noi siamo più veri quanto più amiamo e riveliamo chi siamo proprio quando siamo capaci di vivere gesti di amore precisi e forti. Noi accetteremo che la Croce del Signore sia la sua rivelazione più importante quando ci metteremo, con amore, a rispondere a questo amore. Noi comprenderemo questa rivelazione di amore solo se ci metteremo davanti al Crocifisso lasciandoci amare.

Intenzioni di preghiera

Preghiamo perché tutti impariamo a stare davanti al crocifisso senza dire nulla, solo con il vivo desiderio di lasciarci amare. Preghiamo perché la croce del Signore diventi il “luogo” nel quale trovare conforto per tutti i nostri momenti di vita, specialmente per quelli più dolorosi e difficili. Preghiamo perché la Croce possa sempre essere la parola che andiamo a cercare quando abbiamo bisogno di sentirci amati dal Signore Gesù.

2023-04-01T16:59:27+02:00