Settimana della 4 domenica dopo il martirio – martedì
Il tema del giorno
La lingua
La Parola di Dio per questo giorno
LETTURA Gc 3, 1-12
Lettura della lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti infatti pecchiamo in molte cose. Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota. Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna. Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! La sorgente può forse far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un albero di fichi produrre olive o una vite produrre fichi? Così una sorgente salata non può produrre acqua dolce.
SALMO Sal 38 (39)
Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua.
Ho detto: «Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
metterò il morso alla mia bocca
finché ho davanti il malvagio».
Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva. R
Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco.
Allora ho lasciato parlare la mia lingua:
«Fammi conoscere, Signore, la mia fine,
quale sia la misura dei miei giorni,
e saprò quanto fragile io sono». R
Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive;
sì, è come un’ombra l’uomo che passa.
Ora, che potrei attendere, Signore?
È in te la mia speranza.
Ammutolito, non apro bocca,
perché sei tu che agisci. R
Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
perché presso di te io sono forestiero,
ospite come tutti i miei padri. R
VANGELO Lc 18, 35-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Giacomo
A che cosa serve la lingua? Ad un’infinità di cose. Dipende anche da quello che vogliamo dire o sottolineare. San Giacomo, nella sua lettera, ha cercato di spronare i fedeli ad un retto uso della lingua intesa come parola. C’è una parola che non è buona, dice il Santo, perché eccessiva, o perché malata, malevola, portatrice di ira… La lingua, ci diceva l’Apostolo con molta forza, è sempre qualcosa da domare, qualcosa per la quale avere attenzione, altrimenti si finisce per essere succubi di essa se non si riesce a frenarla. Con i paragoni della vita di tutti i giorni San Giacomo ha cercato di mettere attenzione al tema del pettegolezzo, del giudizio, dello “sparlare” che, come sempre, ieri e oggi, sono problemi che riguardano tutta l’umanità e, quindi, anche la Chiesa. Pettegolezzo, parola malevola, giudizio senza freno ed audace sono, infatti, realtà con le quali si deve sempre confrontare la comunità ecclesiale.
Vangelo
Di segno opposto sono le sottolineature del Vangelo.
Anzitutto la lingua, la voce del cieco, sono un modo per manifestare la sua presenza, sono un modo per farsi notare dal Signore, perché quest’uomo vuole entrare in relazione con Lui. Ha sentito parlare di Lui, ha sentito dei suoi miracoli e, ora, vuole rimettere nelle sue mani la sua situazione, la sua malattia, la sua solitudine. Cose che, di fatto, avvengono. Il Signore lo ascolta e quest’uomo entra in relazione con lui, domanda cosa desideri da lui, compie il miracolo che, evidentemente con profondo senso di fede, gli viene domandato. È questo un uso buono della lingua, un uso saggio della parola.
Ancor più forte è la sottolineatura finale del Vangelo. Il cieco di Gerico guarito non smette più di parlare del beneficio ricevuto. Usa la sua lingua per entrare in relazione con gli altri, per dire a tutti quello che gli è capitato, per dire con forza quanto è stato buono Dio con lui. È un secondo uso buono della lingua, l’uso per la lode a Dio, l’uso per la testimonianza, l’uso per la preghiera.
Di per sé è attestata anche un’altra realtà. La testimonianza dell’uomo che era stato cieco è così forte e così convincente che altri si associano alla lode che egli eleva a Dio. Tutti iniziano a parlar bene di Dio, lodano Gesù per quello che ha fatto, sentono la benevolenza data al cieco come data anche a loro. C’è una testimonianza di fede generale che nasce dalle parole di un uomo ma che travalica e va ben oltre la sua personale e singola situazione.
Intenzioni di preghiera
Come sempre cerchiamo di trovare intenzioni di preghiera dalla Parola di Dio.
- Preghiamo per imparare a pregare. È il cuore di questo anno che abbiamo iniziato insieme. È il cuore della proposta di riflessione che l’Arcivescovo ci propone per l’anno che abbiamo da poco iniziato. La preghiera è il dialogo con Dio, la preghiera è ascolto ma anche capacità di rimettere nelle mani di Dio le nostre preghiere, le nostre riflessioni, le nostre domande. Il modo migliore per vivere bene questo giorno nel quale abbiamo letto questi due brani, sarebbe proprio quello di fermarci a parlare con Dio di quello che sentiamo, di quello che siamo, di quello di cui abbiamo bisogno.
- Preghiamo per imparare a controllare la lingua. Abbiamo però bisogno anche di questa grazia: la grazia di saperci controllare nel parlare. Anche tra noi ci sono parole eccessive, parole che diventano giudizio, parole che esprimono temerarietà. Preghiamo perché tutti possiamo farci un esame di coscienza ed imparare che la vita di comunità richiede anche questa capacità. Preghiamo perché il controllo che cerchiamo di avere sia per l’edificazione comune e per la realizzazione di una comunità sempre più coesa, leale, vivace, attenta.
- Preghiamo per imparare a lodare. La preghiera di lode è una preghiera molto difficile. È la preghiera che si esprime anche nella liturgia domenicale, pensiamo al Gloria. Spesso è fatta da parole difficili, che sappiamo poco approfondire. Chiediamo la grazia al Signore di insegnarci cosa è la lode, come possiamo lodare il suo nome, come possiamo utilizzare le parole dei testi antichi per relazionarci con Lui mettendoci alla Sua presenza e lodando il Suo nome.
Oggi è anche la memoria di San Vincenzo de’ Paoli, il grande santo della carità. Chiediamo al Signore la forza e la grazia di usare sempre parole di benevolenza per i poveri e di essere attenti nella capacità di sovvenire i fratelli. Non solo a parole, ma anche con le opere, come abbiamo meditato ieri!