Settimana della quarta domenica dopo Pentecoste – Lunedì – SS. Pietro e Paolo
Iniziamo la settimana con una grande solennità. La chiesa, nella sua sapienza, infatti, ci fa onorare i due santi apostoli da cui dipende la predicazione delle origini e da cui è dipesa la vita stessa della Chiesa: Pietro e Paolo. Con quali sentimenti un pescatore della Galilea sarà entrato nella città di Roma? Con quale attenzione si sarà avvicinato alla grande capitale dell’impero un prigioniero ma cittadino romano? Pensieri diversi, risposte diverse, che possiamo cercare di comprendere con le scritture di questo giorno.
Vangelo
Gv 21, 15b-19
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parole forti, sia quelle di Pietro, che quelle di Gesù. Parole che si riferiscono ad un giorno preciso della vita di San Pietro, in una collocazione precisa. Sono parole dette in una regione, per quei tempi, assai distante da Roma: la Galilea. Una regione che non aveva nulla a che fare con la grande città. Una regione che era sconosciuta ai più. Eppure un luogo caro a San Pietro, un luogo nel quale era la sua memoria di vita. La sua nascita, il suo mondo, il suo mestiere, i suoi affetti erano tutti lì. Anche il suo incontro con il Signore Gesù era avvenuto sulle rive di quel lago e anche la sua “redenzione”, per così dire, era avvenuta lì. Era stato un giorno dopo la risurrezione del Signore, dopo la notte del tradimento, il giorno in cui Pietro aveva sentito quelle parole e si era lasciato interrogare dal Maestro, rimettendo nelle sue mani anche la debolezza di quei giorni, la debolezza di quelle ore tragiche legate alla sua passione. Quando Pietro giunse a Roma erano passati anni da quel giorno. La Chiesa si era già formata. La sua missione a Gerusalemme, ad Antiochia era già stata del tutto vissuta. Ora era a Roma, il cuore dell’impero, il cuore di quel mondo, perché da lì avrebbe continuato a guidare la Chiesa. Anni, forse 26/27, nei quali Pietro è rimasto saldamente alla guida di una comunità avversata, perseguitata, eppure in espansione, una comunità che continuava a generare fedeli, una comunità che continuava ad essere attraente per la sua forza, per il suo impegno, per il suo darsi da fare continuo in mezzo agli uomini. È qui che Pietro ha capito cosa significavano quelle parole. “Andare dove non vuoi”. Non tanto in un’altra città, ma in un altro mondo. Pietro è venuto in un mondo che non era il suo, ha avuto a che fare con una cultura che non era la sua, si è lasciato guidare dai bisogni di fratelli nella fede che vivevano in un modo tutto diverso dal suo. Pietro ha capito qui, a Roma, che quello era il mondo per il quale lo aveva preparato il Signore e al quale lo aveva destinato. Pietro ha capito che quello era il luogo dove amare. Ed è esattamente ciò che ha fatto. Ha amato gli uomini che ha incontrato, ha amato quella Chiesa che si rendeva sempre più forte e viva, ha servito l’uomo con tutti i suoi bisogni, con tutte le sue richieste, cercando di parlare con semplicità, come un pescatore, ma continuando ad essere quel “pescatore di uomini” che il Signore aveva visto, un giorno lontano, proprio in lui. Roma, se lo leggete al contrario, diventa “amor”. Roma è per Pietro la città dove vivere il comandamento dell’Amore. Roma è la città, per Pietro, dove esercitare il suo mandato di pastore supremo del gregge. Roma è la città dove Pietro ha potuto esprimere tutto se stesso e lanciare quelle linee guida per una chiesa capace di parlare all’uomo perché capace di parlare la lingua dell’amore.
Corinti
2Cor 11, 16 – 12, 9
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, nessuno mi consideri un pazzo. Se no, ritenetemi pure come un pazzo, perché anch’io possa vantarmi un poco. Quello che dico, però, non lo dico secondo il Signore, ma come da stolto, nella fiducia che ho di potermi vantare. Dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch’io. Infatti voi, che pure siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. In realtà sopportate chi vi rende schiavi, chi vi divora, chi vi deruba, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. Lo dico con vergogna, come se fossimo stati deboli! Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani. Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo.
Come giunge Paolo a Roma? Abbiamo molte più notizie che su San Pietro. Giunge come un uomo prigioniero, giunge come un uomo che ha vissuto appieno la sua parabola di araldo del Vangelo, giunge come un uomo che, come diceva la lettura, ha dovuto combattere le sue battaglie, ha dovuto affrontare le sue fatiche. Giunge come un predicatore noto ed affermato: ha già scritto una lettera anche alla comunità che dovrà accoglierlo. Giunge come un uomo che è sì in attesa di giudizio, ma anche come uno che può continuare la sua azione di predicatore, la sua azione di annunciatore del Vangelo, la sua azione di uomo di Dio. Paolo giunge a Roma con in testa una sola idea chiara: quella sarà l’ultima città della sua vita. Man mano che rimane a Roma, ci starà circa 2 anni, avrà sempre più la consapevolezza di essere un uomo già condannato a morte. Paolo sa come vivono i cristiani, sa come sono trattati, perché dovrebbe fare eccezione? Eppure non teme tutto questo e continua a vivere bene il tempo. Continua a stare in mezzo alla gente che va a trovarlo nella casa dove vive gli arresti domiciliari, continua a ricevere la gente nel nome del Signore, non si ferma mai di predicare, di scrivere, di leggere. Un uomo infaticabile. Non sappiamo che rapporto ebbero San Pietro e San Paolo a Roma, non sappiamo come vissero, eppure sappiamo che edificarono la città con la loro presenza, con il loro amore, con la loro parola.
Per noi.
Che cosa chiedere per noi alla preziosa intercessione di San Pietro e di San Paolo?
- Chiediamo di saper amare anche noi il nostro tempo, la nostra città, la nostra comunità. Non sarà il tempo migliore, non sarà il tempo più facile, non sarà il tempo dello splendore della fede… ma è il nostro tempo e dobbiamo amarlo, convinti che solo chi ama è da Dio, convinti che solo chi ama evangelizza, convinti che lo splendore di una comunità cristiana si misura solamente in base a quanto una comunità sa abbracciare il suo tempo e sa dialogare con l’uomo.
- Chiediamo a San Pietro e a San Paolo di saper intercedere per il bene della gente, per il bene delle anime come loro non si sono fermati di annunciare il Vangelo a tutti, con le parole e con gli esempi. Chiediamo di avere nell’animo lo stesso ardore, lo stesso fervore di quegli uomini santi che seppero evangelizzare il loro mondo, la loro epoca, con parole ispirate da Dio.
- Chiediamo a San Pietro e a San Paolo di intercedere per la nostra chiesa, che vediamo invecchiata, spesso ripiegata su se stessa, spesso non più in grado di parlare al cuore dell’uomo, spesso non capace di discernere i problemi, eppure ancora viva, vitale, piena di risorse nuove. Chiediamo a San Pietro e a San Paolo di proteggere il Papa e di illuminarlo nel suo ministero. Chiediamo ai Santi Apostoli di essere sempre punto di riferimento per la nostra gente. Chiediamo che la chiesa di Roma sia esemplare e punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che oggi cercano Gesù e il Padre.
Santi Pietro e Paolo, voi che amaste la Chiesa, voi che deste la vita per la Chiesa, insegnate anche a noi ad amare la Chiesa e a dare, nell’oggi della storia, la nostra vita per lei. Insegnateci ad essere i primi capaci di vedere nella Chiesa il volto di Gesù Cristo che parla al cuore dell’uomo. Siate voi a dirci quale direzione prendere, dove andare, come vivere in questo tempo difficile e complesso ma anche ricco della grazia di Dio.
Santi Pietro e Paolo intercedete sempre per noi!