Settimana della 1 domenica dopo la dedicazione – Giovedì
Vangelo
Mt 19, 27-29
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Pietro disse al Signore Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
Dopo la festa dei Santi Simone e Giuda ecco che ci viene proposto di riflettere sull’esito della fraternità in Cristo. Da un certo punto di vista è anche lecita la domanda del discepolo che chiede: cosa avremo in cambio per tutto quello che lasciamo? Cosa avremo in cambio per tutti gli sforzi che sosteniamo? Realizzare una fraternità con Cristo e una fraternità di uomini in Cristo è impegnativo e, oggettivamente, difficile. Ecco che la risposta del Signore non si fa attendere. C’è già qualcosa di attuale ora, c’è già qualcosa di attuale nell’oggi della storia: “il centuplo”. Chi realizza una vera fraternità in Cristo ha già qualcosa che gli altri non hanno perché il Signore viene nell’anima in modo misterioso e segreto e tuttavia reale. Il Signore viene e la sua presenza rende serena l’anima di chi lo riceve. Il Signore viene e rende possibili quelle cose che, altrimenti, non lo sarebbero. Poi c’è anche un centuplo quantificabile in relazioni, amicizie, condivisioni… tutte realtà che provano e sperimentano coloro che si lasciano attrarre dal Vangelo per realizzare questa fraternità.
Apocalisse
Ap 14, 1-5
Lettura del libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
In quel giorno. Vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.
L’Apocalisse, nell’ambito delle visioni di Giovanni, ci mostra un tipo del tutto singolare di fraternità con Cristo che è la verginità che si consacra per Dio. C’è una forma di fraternità in Cristo, che non è per tutti e che non è a discapito di altre vocazioni, che realizza un tipo assolutamente singolare di fraternità: la verginità che si consacra a Dio. Essa è il segno di un cuore che attende solo Cristo, è il segno, anche provocatorio, che ricorda a tutti che c’è un Amore più grande al quale siamo chiamati, sebbene ciascuno debba camminare sulla sua vita. La verginità di coloro che si sono consacrati a Dio su questa strada risplende anche nella vita eterna e diventa dove Cristo brilla come lo “sposo”, come il “dolce atteso”, come il fine di tutta una vita. Chi ha atteso Cristo nella verginità per tutta la propria esistenza, lo trova, nella vita eterna, come giudice e Signore di tutto e di tutti ma, soprattutto, come dolce premio per una vita che è stata tutta fatta di attesa e di vigilanza.
Per noi
La lezione che riceviamo oggi è molto provocatoria ed attuale per il nostro mondo e per la nostra chiesa.
Pare, infatti, che l’ideale di una vita consacrata, non sia più molto attuale nei nostri tempi. Pare che l’ideale di una verginità che si consacra non riscuota più l’interesse dei nostri giovani. Pare che l’ideale di una vita che diventa attesa e rinnovamento, non scuota più di tanto le coscienze, specie die giovani. Forse è bene che ci domandiamo:
- Mi lascio provocare da questo segno presente nella vita della Chiesa?
- Prego perché ci siano ancora uomini e donne che sanno dare, con questo segno, una testimonianza alla vita in Cristo?
Credo che tocchi ciascuno di noi riflettere sulla bellezza e sull’importanza di questo segno nella vita della Chiesa, come pure tocca a oi pregare perché esso non termini di affascinare il cuore di molti uomini e donne del Vangelo. Preghiamo specialmente per i giovani, che, di fronte a questi valori, hanno paura. Preghiamo perché anch’essi, ricevendo la testimonianza dei valori del Vangelo, sappiano aprirsi a quella fraternità con Cristo che parla ai cuori e che, anche su questi temi delicati della vita cristiana, suggerisce cosa è possibile vivere, cosa è possibile fare per rendere felice la propria esistenza e per continuare quella testimonianza che, fino ad ora, non è venuta meno nella vita della Chiesa. Il Signore ci assista e ci conceda di vedere nuovi giovani e ragazzi che sanno consacrare a Cristo la propria vita con il segno della Verginità che si consacra e che diventa attesa del Regno.