1 dopo la Dedicazione – la partecipazione delle genti alla salvezza
Per introdurci
- Ma è poi vero che tutti siamo chiamati a partecipare alla salvezza?
- Ogni fede, in fondo, non vale come le altre?
- Serve poi così tanto credere, nel mondo di oggi?
Sono domande, forse obiezioni che avvertiamo, che sentiamo nei discorsi che comunemente facciamo. Forse sono anche radicate dentro di noi che viviamo sempre nel mondo in cui siamo inseriti e non possiamo assolutamente essere immuni da quelle problematiche, o crisi, o difficoltà che il tempo ci fa vivere. Trovo che la risposta venga dalla Parola di Dio.
La Parola di Dio
LETTURA Is 45, 20-23
Lettura del profeta Isaia
Così dice il Signore Dio: «Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non comprendono quelli che portano un loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare. Raccontate, presentate le prove, consigliatevi pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo e chi l’ha raccontato fin da allora? Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c’è altro dio; un dio giusto e salvatore non c’è all’infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n’è altri. Lo giuro su me stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una parola che non torna indietro: davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua».
SALMO Sal 21 (22)
Loderanno il Signore quelli che lo cercano.
Da te la mia lode nella grande assemblea;
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre! R
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli! R
E io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!». R
EPISTOLA Fil 3, 13b – 4, 1
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi
Fratelli, so soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
VANGELO Mt 13, 47-52
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Vangelo
L’obiezione del male è sempre stata avvertita dai credenti di tutti i tempi, anche dal credente biblico, come un problema. Anche nel primo testamento abbiamo riflessioni molto forti e molto importanti sul tema, il male è sempre stato avvertito come una potenza che si oppone radicalmente al mondo della fede. Così come il malvagio, cioè l’uomo che compie il male, è sempre stato considerato come un problema nel mondo biblico. È così anche ai nostri tempi, e lo avvertiamo particolarmente in questi nostri giorni sperimentando quella tentazione che il Signore Gesù lascia sottotraccia nel Vangelo che abbiamo ascoltato oggi. La tentazione, cioè, di dividere i buoni dai cattivi, la tentazione di voler distinguere, la tentazione di pensare che anche il mondo della fede debba essere, in qualche modo un mondo di puri. Gesù più volte, nel corso della sua predicazione è tornato sul tema, insegnando sostanzialmente due cose. La prima: bene e male devono convivere. Non è possibile separarli. Non è possibile pensare che questo nostro tempo sia il tempo della partecipazione al bene che si impone e della messa ai margini del male. Gesù insegna che il momento dove bene e male saranno separati è quello del giudizio universale. La dimora di Dio, il “paradiso” come lo chiamiamo più frequentemente, è il regno del solo bene, dove trionfa l’amore e dove noi vediamo già collocati tutti coloro che hanno speso la loro vita per cercare il volto di Dio e per il servizio del bene. Viceversa il luogo del “pianto e stridore di denti”, come diceva il vangelo, che più comunemente chiamiamo “inferno” è il luogo dell’assenza totale di bene, è il luogo della impossibilità di qualsiasi bene, è il luogo dove giunge chi, nella vita, non ha cercato altro che il male, senza mai un pentimento, senza mai un’illuminazione di bene. Così il Signore insegna che la divisione tra male e bene non è possibile mai nel tempo. È una legge da accettare, è una logica nella quale entrare.
La seconda cosa che il Signore insegna: non è possibile nemmeno separare “i cattivi dai buoni”. Cioè non solo non è possibile separare il male dal bene in sé, ma nemmeno l’uomo che compie l’uno o l’altro. Gli uomini devono vivere insieme, l’uno accanto all’altro, nella vita di tutti i giorni. L’uomo buono continuerà a cercare il bene che sa riconoscere e fare; il malvagio non perderà tempo per compiere il male che vede sempre alla sua portata. Non è possibile separare gli uni dagli altri, la vita deve scorrere insieme. Caso mai il compito è un altro: provocare la conversione del malvagio che compie il male con il richiamo del bene che è alla nostra portata; convertire il cuore del malvagio nel nome della misericordia di Cristo. Ecco il compito del credente.
C’è poi anche un piccolo insegnamento che vale sempre per ciascuno. Come non è detto che il malvagio debba sempre essere tale ma una conversione del cuore è possibile, così non è nemmeno detto che il giusto contini ad essere giusto.. anche il suo cuore è esposto alla tentazione del male. Ecco perché il credente vigila sempre su se stesso e fa della preghiera un tesoro dal quale prendere “cose antiche e cose nuove” che gli permettono di resistere alle tentazioni del tempo e di andare avanti nella determinazione del compimento del bene. Il bene rimane sempre un compito, qualcosa a cui accostarsi, una meta da raggiungere sempre, con determinazione, grinta, costanza.
Filippesi
Sono anche molto utili le indicazioni molto pratiche della lettera ai Filippesi che abbiamo letto come epistola. San Paolo ci ha esortato dicendo: “Dal punto a cui siamo arrivati, insieme, procediamo”. La riflessione può essere diversa per ciascuno di noi, ci possono essere molti temi sui quali la pensiamo diversamente. Eppure San Paolo ci invoglia a guardare insieme, come comunità cristiana, in avanti, e a percorrere, insieme, il tratto di strada che, onestamente, possiamo percorrere. Ecco il cuore della parola di Paolo. A cui si aggiungono parole ancora più forti: “non comportatevi da nemici della Croce di Cristo”. Purtroppo può accadere anche questo. Può accadere che il credente, il cristiano che è stato battezzato nel nome del Signore Crocifisso e risorto diventi un nemico della Croce. Realtà terribile, eppure possibile. Quando avviene ciò? quando il cristiano diventa nemico della croce di Cristo? Quando non cerca più il Signore, quando non prega più, quando non cerca più il bene. Realtà che può capitare a chiunque, perché il cammino diventa faticoso per chiunque, anche per ciascuno di noi. Anzi, San Paolo specifica: si diventa nemici della Croce di Cristo quando si pensa al “ventre”, cioè ad una vita sazia, ad una vita fatta di piaceri, quando una vita finisce di essere lotta, quando una vita diventa assuefazione alle cose, quando una vita diventa impermeabile al bene, ecco che ci si comporta da ricercatori del proprio benessere e basta. Così facendo si è nemici della Croce di Cristo. E insieme San Paolo: “la nostra cittadinanza è nei cieli, di là aspettiamo il Signore risorto il quale trasfigurerà questo nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. Sentite quale speranza nelle parole di San Paolo. Sentite quale meta alta egli ponga per ciascuno di noi. Noi siamo questo: gente che guarda continuamente a quel paradiso che è la meta della nostra vita e che non si lascia vincere dal male. Noi siamo gente che guarda al ritorno del Signore e lo attende, perché questo corpo misero, che soffre, che invecchia, che si consuma, che si deteriora, possa sperimentare quella trasfigurazione che ci porrà nell’eternità di Dio, partecipi del suo mistero. Questa è l’identità del credente e questo è il modo con il credente guarda alla storia. Un altro aspetto della professione di fede riguarda Cristo che “ha il potere di sottomettere a sé tutte le cose”. Il cristiano, dunque, non si ferma mai, non smette mai di sperare. Guarda alle cose della storia, sa che esse andranno come devono andare, ma che verrà il giorno in cui Cristo sottometterà a sé tutte le cose. Anche quelle che ora ci sembrano libere di scorrazzare e quel male che, ora, ci sembra che vada avanti imperterrito. Per questo San Paolo raccomandava “rimanete saldi!”. La fede è questione di perseveranza, la fede è questione di fortezza, di radicamento assoluto in Cristo.
Isaia
Questo messaggio cristiano di speranza e di partecipazione alla salvezza è davvero per tutti. Ecco perché il profeta poteva dire: “volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra” Io sono il Signore, non ce n’è un altro”. Parole che ci fanno intuire e che ci fanno capire che la salvezza proposta ai credenti è davvero per tutti. Non ci sono mai limiti. Tutti siamo chiamati alla salvezza eterna in Cristo.
Per il nostro cammino
Ecco le risposte alle nostre domande. È allora vero che tutti siamo chiamati a partecipare alla salvezza, perché il Regno di Dio è proposto a tutti ed è accessibile a tutti. Certo occorrono testimonianze di questo regno che viene, è quel mandato missionario che abbiamo celebrato settimana scorsa e che è il filo rosso che lega insieme queste due domeniche: se uno partecipa al mandato missionario ricevuto da Cristo e che è per tutti i credenti, sa che tutti sono chiamati a partecipare della salvezza eterna e dà il suo contributo per questa partecipazione.
Così troviamo anche l’altra risposta. La fede dell’uomo, la spiritualità che gli uomini vivono pure in diverse forme, è sempre qualcosa di molto rispettabile. Però la fede cristiana è su un altro piano, non è il tentativo dell’uomo di dire qualcosa di Dio e di arrivare, in qualche modo, a Dio; è Dio che si mette in ricerca degli uomini e in dialogo con loro. Questo è il cuore della fede cristiana, che sa rispettare tutti mentre chiede rispetto per sé. È il cuore della fede che ci spinge a sentirci solidali con tutti mentre si annuncia a tutti la salvezza.
Serve tantissimo credere oggi! Più che mai! Cosa ci fa andare avanti in tutto il male che vediamo? Cosa ci permette di essere uomini e donne di speranza nonostante quello che sentiamo, quello che vediamo tra noi? nulla, se non la speranza di cui ci ha parlato Paolo: il ritorno di Cristo, la trasformazione del nostro corpo nel corpo glorificato partecipe del suo mistero; nulla se non la speranza che il Signore mette in ciascuno di noi, ovvero quella che, sebbene male e bene debbano dare avanti insieme, sebbene malvagio e giusto debbano sempre vivere l’uno accanto all’altro, ci sarà un tempo per la divisione. È per questo che vale sempre la pena darsi da fare per vivere il bene e per convertire il malvagio. È questo il senso e lo scopo della vita cristiana. Così noi attraversiamo questo momento di dolore, di morte, di guerra di divisione convinti di tutto questo e pronti ad attendere solo quella manifestazione di Cristo che saprà dire a tuti, in forma palese, il senso dell’aver creduto di chi ha avuto fede. Sproniamoci gli uni gli altri con questa parola, rendiamo viva la nostra speranza anche con la festa dei santi e la commemorazione dei fedeli defunti che in settimana ci attendono, rendiamo salda l’attesa del mondo che verrà, luce per interpretare, per vivere, per scegliere nel mondo di oggi.