Giovedì della terza settimana dopo l’Epifania
Meditiamo insieme le Scritture.
Siracide
Sir 44, 1; 49, 8-10
Lettura del libro del Siracide
Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni. Ezechiele contemplò una visione di gloria, che Dio gli mostrò sul carro dei cherubini. Si ricordò dei nemici nell’uragano, beneficò quanti camminavano nella retta via. Le ossa dei dodici profeti rifioriscano dalla loro tomba, perché essi hanno consolato Giacobbe, lo hanno riscattato con la loro confidente speranza.
Nell’elogio degli uomini illustri, il Siracide propone di ricordare la figura di Ezechiele. Siamo sempre nel tempo della deportazione di Israele alla quale partecipa anche il profeta, che è chiamato ad avere visioni su ciò che accade a Gerusalemme, mentre lui stesso è deportato e ad essere principio di consolazione sia per i deportati sia per coloro che sono rimasti a Gerusalemme. Il libro delle sue profezie è molto ampio e complesso, venne riordinato dai suoi discepoli, ed è consolatorio perché mostra la visione di Dio che sostiene il suo popolo nel tempo della difficoltà e della delusione. Il Siracide ricorda anche che insieme con lui altri profeti sostennero il popolo di Dio al tempo della deportazione e del successivo ritorno in Israele, e furono essi stessi fonte di consolazione per tutti. È per questo che le loro ossa non devono essere dimenticate, ovvero che deve essere ricordata, anche dopo la loro morte, la loro esistenza, il loro operato, le loro parole, i loro libri, perché continuino ad essere, per tutti gli uomini di fede, principio di quella consolazione che solo Dio può donare e che solo a Dio occorre chiedere.
Vangelo
Mc 5, 1-20
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù e i discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Estremamente consolatoria è, poi, la pagina del Vangelo, un miracolo di guarigione del tutto particolare. Un uomo, un indemoniato, uno che ha perso tutta la sua dignità, tanto che è costretto a stare nei sepolcri e a vagare sui monti, in un contesto di solitudine grande. Un uomo “brutale”, dalla forza incontenibile, tanto che spezza tutti i lacci con cui lo si tenta di costringere. Quest’uomo, che apparentemente è lontanissimo da Dio – chi può esserlo più di un indemoniato? – incontra tutta la misericordia, la dolcezza, la consolazione di Dio che diviene, in lui e per lui, principio di salvezza, di redenzione, di conforto. Così che colui che nessuno poteva contenere diviene mansueto ed umile, colui che vagava solitario sui monti, torna ad essere colui che abita la città degli uomini, colui che era malamente vestito ritrova la sua forma dignitosa dell’esistere. Tutto diventa possibile dove c’è la grazia di Dio, tutto diventa possibile dove si trova Dio che si sa chinare sulle sofferenze degli uomini e sa prenderle su di sé, come il Padre misericordioso svela attraverso i segni che Gesù, il Figlio amato, atteso, eletto, compie. Storia di consolazione e di misericordia che dovrebbe essere confinata nella casa, ma che non può, in alcun modo, essere trattenuta. Ecco che questa storia bella di amore, di misericordia, di perdono, di redenzione, di restaurazione della dignità umana viene proclamata a tutti e diventa per 10 città, la “decapoli” notizia buona, “vangelo” che deve parlare a tutti della presenza di Dio e del miracolo che essa compie. Così che, in coloro che ascoltano, trovi posto la meraviglia. Non più la paura che quest’uomo indemoniato incuteva, ma solamente la meraviglia per ciò che può compiere la misericordia di Dio dove incontra un uomo che si lasci guarire dalla sua grazia. Lo stupore che dovrebbe essere in ogni anima che rimane al cospetto di Dio e che conosce la sua azione di grazia, la sua benevolenza, la sua misericordia, il suo essere nell’uomo che lo desidera.
Per Noi
Lo stupore per la presenza di Dio è quel sentimento che dovremmo avere noi tutti nel cuore non solo oggi, ma anche ogni volta che celebriamo la Santa Eucarestia. Lo stupore che dovrebbe cogliere ciascuno di noi quando vediamo il Sacramento della presenza proposto alla nostra adorazione, lo stupore che deve coglierci ogni volta che siamo in grado di fare la santa comunione, lo stupore che deve prenderci di fronte al tabernacolo, segno di quella ininterrotta presenza che accompagna la chiesa ed ogni uomo che desidera trovare nel Signore il punto fermo dei suoi giorni, il punto centrale della propria esistenza e della propria fede.
- Mi lascio cogliere dallo stupore eucaristico ogni volta che vengo a onorare o a celebrare la S. Eucarestia?
Grande è la potenza del Sacramento. Essa è in grado di sciogliere, come abbiamo sentito, qualsiasi problema, qualsiasi vincolo, qualsiasi povertà. Dovremmo venire con fede a presentare al Signore le nostre difficoltà, i nostri dubbi, le nostre perplessità, i nostri dolori.
- Vengo a celebrare l’Eucarestia convinto, nel cuore, che qualsiasi cosa io potrò chiedere, Dio mi si fa vicino?
L’Eucarestia è, poi, principio di consolazione. Consolazione che viene data a coloro che la celebrano con fede, a coloro che la adorano, a coloro che sono in grado di sostare presso di essa, a coloro che vivono di fede in quel pane e in quel vino che non solo attirano a sé, ma diventano principio di consolazione per tutti i poveri. Per il credente, la fonte di ogni consolazione, è solo questa, è solo la S. Eucarestia. Se comprendessimo davvero il valore di ogni singola messa! Se comprendessimo davvero il valore della custodia eucaristica che è qui, ad attenderci in ogni chiesa, segno del Dio pronto ad ascoltarci, ad accoglierci! Se comprendessimo sul serio il valore della visita al Sacramento, vera salvezza dell’anima! Non lo lasceremmo così solo! Potrebbe essere proprio questo il proposito di questi giorni di adorazione, di vicinanza a Dio, di silenziosa contemplazione del Mistero della Divina Presenza.