Venerdì 31 Gennaio

Venerdì della terza settimana dopo l’Epifania

Meditiamo insieme le Scritture.

Siracide

Sir 44, 1; 49, 13-16
Lettura del libro del Siracide

Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni. La memoria di Neemia durerà a lungo; egli rialzò le nostre mura demolite, vi pose porte e sbarre e fece risorgere le nostre case. Nessuno sulla terra fu creato eguale a Enoc; difatti egli fu assunto dalla terra. Non nacque un altro uomo come Giuseppe, guida dei fratelli, sostegno del popolo; perfino le sue ossa furono onorate. Sem e Set furono glorificati fra gli uomini, ma, nella creazione, superiore a ogni vivente è Adamo.

Il cuore della narrazione del Siracide è piuttosto complesso, infatti si enumerano molti personaggi diversi.

Neemia è il grande ricostruttore della città di Gerusalemme dopo la deportazione, la devastazione e l’esilio. È lui il grande ricostruttore delle mura, che non dicono solo un’opera grande a difesa della città, ma dicono il mistero della propria identità: l’identità di chi abita la città sacra a Dio, l’identità di chi si riconosce nel simbolo del tempio, ovvero l’identità di tutti coloro che vogliono lodare e ringraziare il nome del Signore. L’identità di chi sa di appartenere a quel popolo della salvezza al quale altri grandi personaggi avevano legato la propria storia e il proprio nome.

Giuseppe. Ecco, allora, un altro grande della storia antica, il patriarca Giuseppe, colui che era stato venduto dai fratelli e che la provvidenza aveva reso primo ministro di Egitto, perché nella carestia, nella povertà di un popolo, egli fosse il protettore di tutti e il custode di un popolo che onorava il nome di Dio. Anche di lui si dice che “perfino le sue ossa furono onorate”, per dire che egli fu benedizione per tutti.

Sem, Set, Adamo. Sono gli ultimi personaggi citati, ovviamente siamo usciti dal campo della storia e siamo entrati in quei racconti che ricordano e narrano l’origine di ogni uomo della terra. Il Siracide ricorda questi nomi per dire che ogni nome, ogni uomo è importante davanti a Dio. Non solo i grandi della terra, non solo i grandi profeti, i grandi re, i grandi del popolo di Israele sono importanti per Dio. Davanti a Dio ogni nome è importante, ogni storia è unica, ogni vocazione è singolare. Solo questo conta davanti a Dio!

Vangelo

Mc 5, 21-24a. 35-43
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. Essendo il Signore Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare

Ce lo mostra il vangelo. Perché un “capo della sinagoga” dovrebbe disturbare Gesù? Non è il capo di una sinagoga importante, è il capo di una sinagoga di paese, di un piccolo centro di provincia. Molti dei capi della sinagoga sono ormai contro Gesù: perché andare ad ascoltare quest’uomo?

Perché, poi, dare retta a quest’uomo quando vengono a dirgli: “tua figlia è morta”. Cosa c’è da fare ora? La morte ha concluso tutto, non c’è più possibilità alcuna di fare niente. Pazienza per questa figliola, ma è così, la malattia, la morte non risparmiano nemmeno i ragazzi e i giovani: cosa ci si può fare?

Gesù non pensa così, si lascia condurre nella casa del capo della sinagoga. Segue questo padre disperato che ha perso la realtà più importante della sua vita, l’affetto più caro al mondo: quello di un figlio. Chiede però una cosa, quasi fosse una condizione per averlo nella propria casa, per ospitarlo nella propria dimora: “soltanto abbi fede”. È la fede che permette di conservare quella presenza di Dio che diviene speranza, anzi, che diviene certezza di vita nuova presagio di risurrezione, anticipo di quella Risurrezione che poi, dopo la Pasqua, sarà promessa a tutti. Chissà, di fronte a quel corpo di quella ragazza di 12 anni, magari Gesù si sarà ricordato dei suoi 12 anni, di quando volle fermarsi nel tempio abbandonando la custodia che Maria, Giuseppe offrivano proprio a lui, al figlio di Dio. Forse ricordando il dolore dei suoi genitori avrà voluto consolare questo dolore.

Per Noi

Così è l’Eucarestia. Il Sacramento della Divina presenza è Colui al quale possiamo affidare i nostri dolori, certi di essere consolati. È colui al quale possiamo affidare i nostri morti, certi della risurrezione della carne. È colui al quale possiamo esprimere ciò che sentiamo nel cuore, ciò che più sta al centro della nostra riflessione, della nostra gioia, del nostro dolore. Tutto possiamo dire a questa Santa Eucarestia che diviene, per noi, espressione di come Dio ci è vicino perché Dio stima preziosa, lo abbiamo sentito, la vita di ciascuno. Di un profeta, di un re, ma anche di un uomo qualsiasi, di un capo di una sinagoga di provincia o di una ragazza di 12 anni, come ce ne sono tante. Tutto è così prezioso davanti a Lui da diventare oggetto della sua costante misericordia, della sua costante premura, della sua costante presenza.

È Gesù che, nello Spirito, come dice San Paolo, intercede per noi presso il Padre con gemiti inesprimibili. È solo questo quello che noi celebriamo, offrendo la Santa Eucarestia al Padre, noi offriamo ciò che di più nobile, vero, giusto, bello abbiamo sulla terra, ovvero il sacrificio del suo stesso Figlio.

A noi è chiesta solamente la stessa cosa che venne chiesta a Giairo: “tu abbi fede!”. È la fede che siamo qui ad esprimere, è la fede che siamo qui a celebrare, è la fede che siamo qui ad aumentare proprio grazie alla celebrazione di questo Sacramento. Il Signore, che veglia continuamente su di noi, ci aiuti a comprendere che solo la sua presenza salva! Il Signore ci aiuti a capire che dove c’è lui, c’è tutto!

    • Vivo così questi giorni di contemplazione del Sacramento?
  • Siamo lampade che ardono e risplendono per la propria fede?

In un tempo come il nostro, nel quale spesso ci lamentiamo per la mancanza di testimoni di fede, oppure per la debolezza della fede stessa, noi siamo invitati ad essere lampade non per quello che facciamo, ma perché uomini e donne di fede. Come Davide. Noi, probabilmente, non ricordiamo tutte le sue imprese o, forse, la generazione che viene dopo di noi, non le avrà mai nemmeno lette. Eppure comprendiamo bene il suo esempio di fede. Sappiamo bene che egli è figura di ogni credente. Ecco, così dobbiamo essere noi. Figure di credenti in grado di dare quella buona testimonianza che illumina le coscienze. Seguendo l’esempio di Samuele, il profeta che non si lascia corrompere da nessuno, o quello di Davide, il cui peccato viene rimesso nelle mani di Dio, noi saremo come lampade che ardono e che risplendono per la loro bellezza.

Chiediamo al Signore questa grazia, invochiamo già fin d’ora l’intercessione di San Paolo, che ricorderemo domani, per essere sempre e dovunque, testimoni della fede che salva.

2020-01-25T14:35:36+01:00