Settimana della quinta domenica di Quaresima – lunedì
Questa quinta settimana di quaresima è dedicata all’articolo del Credo: “credo la risurrezione della carne, la vita eterna”, come abbiamo annunciato nella S. Messa di ieri. Questo articolo ci immette così sempre più già nella spiritualità della settimana santa che si avvicina e nella quale avremo la possibilità di riflettere sulla vita donata da Cristo all’umanità.
Vangelo
Mc 8, 27-33
Lettura del vangelo secondo Marco
In quel tempo. Il Signore Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
C’è sempre stato e, probabilmente, ci sarà sempre un interesse generale sulla persona di Cristo. Gesù lo sa bene che si parla di lui. Per le città e i villaggi che Egli visita, c’è sempre un parlare di molti sulla sua persona, sul suo ministero, sulla sua predicazione. È per questo e anche per provocare i discepoli che Gesù chiede: “la gente chi dice che io sia?”. Le risposte sono varie, come potrebbero esserlo anche al giorno d’oggi, perché la risposta dipende anche dal cammino di fede di ciascuno, dal grado di coinvolgimento che una persona vive rispetto al mistero di Dio. Così è anche per il discepolo. Tutti stanno vivendo un itinerario spirituale molto forte e molto importante, ma il coinvolgimento non è mai uguale e il risultato dipende dalla libertà di ogni discepolo. San Pietro, nella sua generosità di cuore, non solo si lascia molto coinvolgere da quello che sta vivendo, ma vorrebbe anche che il Maestro fosse conosciuto da tutti, diventasse sempre più importante, affermasse tutto il suo potere. Pietro sinceramente attendeva tutto questo. Quando sente il maestro parlare di morte, di sofferenza, di dolore, ovviamente ha reagito. A ben vedere la catechesi di Gesù ha in sé anche la luce della vita eterna: aveva detto che il maestro doveva “dopo tre giorni risorgere”. Povero Pietro! Cosa avrà capito di quella catechesi? Cosa avrà capito della parola “risorgere”? La fede di Israele parlava poco della vita dopo la morte e per lo più in termini non troppo positivi: dopo la morte l’anima è attesa nello “sheol”, il “regno dei morti”, un regno senza luci e senza ombre, senza gioia e senza dolore, un regno medio in tutto. È Gesù che parla apertamente di risurrezione. Non solo ne parla ma compie anche miracoli di risurrezione per educare il discepolo e il credente a credere e a sperare nella risurrezione: la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Nain, poi Lazzaro… casi eclatanti che facevano certamente discutere sulla vita eterna. Oltre alle parole del Vangelo certamente Gesù ne avrà parlato ai discepoli in privato, ma questa catechesi è difficile per tutti! Anche per uno come Pietro. Chissà, perciò, cosa avrà capito quel giorno. Certo, per lui tutto sarebbe diventato più chiaro al sepolcro vuoto, ma occorreva ancora tempo! Una riflessione molto consolante anche per noi, sempre in difficoltà quando sperimentiamo il mistero della morte dei nostri cari, dei nostri amici, dei nostri parenti. Una riflessione che ci ricorda che anche noi procediamo per gradi e che ci avvicineremo sempre più ad una retta concezione della vita eterna, tanto quanto ascolteremo la Parola di Dio e tanto quanto rifletteremo sulla vita eterna. Mi pare che l’invito che dovremmo tutti raccogliere oggi sia proprio quello di non lasciar cadere la riflessione sulla vita eterna. Lasciamo che il pensiero dell’eternità beata ci provochi, ci stimoli e anche ci scomodi un poco!
Genesi
37, 2a-b; 39, 1-6b
Lettura del libro della Genesi
Questa è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i suoi fratelli. Giuseppe era stato portato in Egitto, e Potifàr, eunuco del faraone e comandante delle guardie, un Egiziano, lo acquistò da quegli Ismaeliti che l’avevano condotto laggiù. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell’Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi, quello lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell’Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, sia in casa sia nella campagna. Così egli lasciò tutti i suoi averi nelle mani di Giuseppe e non si occupava più di nulla, se non del cibo che mangiava.
L’inizio della storia di Giuseppe, molto sunteggiato, ci parla del pervenire di Giuseppe in Egitto e del suo avere fortuna in ogni cosa. Il testo dice esplicitamente che non era solo la bravura di Giuseppe a stupire, ma la mano di Dio era con lui. Vedremo anche nei prossimi giorni come il cuore della storia sarà proprio la dimostrazione della provvidenza con cui Dio si occupa dei suoi figli. È questo il pensiero che deve aprire lo sguardo anche sulla vita eterna. Il Dio provvidente e buono è anche colui che accoglie nel seno di Abramo i morti. Una fede molto forte, quella dell’antico testamento, che lascerà poi spazio alla catechesi di Gesù sulla vita eterna che abbiamo già visto nel Vangelo.
Proverbi
27, 23-27b
Lettura del libro dei Proverbi
Figlio mio, preòccupati dello stato del tuo gregge, abbi cura delle tue mandrie, perché le ricchezze non sono eterne e una corona non dura per sempre. Tolto il fieno, ricresce l’erba nuova e si raccolgono i foraggi sui monti; gli agnelli ti danno le vesti e i capretti il prezzo per comprare un campo, le capre ti danno latte abbondante per nutrire te, per nutrire la tua famiglia.
Una meditazione molto semplice che aiuta a capire che mentre la vita terrena ha bisogno di cose materiali per le quali occorre darsi da fare, la vita eterna dura per sempre. Un invito a guardare sempre “oltre”, verso Dio.
In preghiera
Dolce Trinità di amore, tu hai disposto la vita eterna come fine della vita di ogni uomo. A noi, sempre alle prese con i nostri dubbi e difficoltà, concedi di avvicinarci a Te, che sei la fonte dell’eternità beata. Amen
Esame di coscienza
- Cosa penso della vita eterna?
- Quali difficoltà e quali dubbi provo in me quando penso alla vita eterna?
- Cosa mi suggeriscono le scritture di oggi?
- Quanto prego perché giunga anch’io all’eternità beata?