Settimana della 9 domenica dopo Pentecoste – Venerdì
Vangelo
Lc 11, 21-26
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».
Il Vangelo di oggi certamente non si vuole riferire solo agli indemoniati che tornano a una riconquistata libertà dello spirito, ma a tutti! Quello che viene detto di questi indemoniati in generale, si addice, in genere, al cammino spirituale di ogni persona e, dunque, anche al nostro cammino.
Credo sia accaduto a tutti di esserci cimentati nel vincere un nostro peccato, un nostro difetto della vita spirituale. Magari ci siamo impegnati a lungo, abbiamo pregato con fede e forza grandi e, ad un certo punto, siamo riusciti ad ottenere vittoria su quel peccato o vizio che ci tormentava. Eppure abbiamo dovuto constatare, magari nemmeno troppo tempo dopo, che eravamo ritornati da capo al punto di partenza, magari ci siamo anche chiesti come mai, cosa abbiamo fatto, cosa non abbiamo fatto… il Vangelo parla chiaro in proposito. Se c’è un serio cammino spirituale, si lotta per arrivare ad alcune mete e, poi, si fa di tutto per mantenere quella posizione che si è cercata e difesa. Altrimenti si rischia di perdere tutto, anche il progresso fatto e si rischia di tornare in una situazione peggiore di quella da cui ci eravamo affrancati.
Lo spirito del male, ci dice il Signore, porta sempre con sé spiriti peggiori di lui e, “alla fine, la condizione risulta peggiore della precedente”. Dove il male regna, tenderà a regnare sempre di più. Dove c’è anelito al bene, l’aiuto di Dio trarrà per forza del bene, lui che si serve di ogni situazione per richiamare tutti alla verità dell’esistenza.
1 Re
1Re 1, 41b-53
Lettura del primo libro dei Re
In quei giorni. Ioab, udito il suono del corno, chiese: «Perché c’è clamore di città in tumulto?». Mentre parlava ecco giungere Giònata figlio del sacerdote Ebiatàr, al quale Adonia disse: «Vieni! Tu sei un valoroso e rechi certo buone notizie!». «No – rispose Giònata ad Adonia – il re Davide, nostro signore, ha fatto re Salomone e ha mandato con lui il sacerdote Sadoc, il profeta Natan e Benaià, figlio di Ioiadà, insieme con i Cretei e con i Peletei che l’hanno fatto montare sulla mula del re. Il sacerdote Sadoc e il profeta Natan l’hanno unto re a Ghicon; quindi sono risaliti esultanti e la città si è messa in agitazione. Questo è il clamore che avete udito. Anzi Salomone si è già seduto sul trono del regno e i servi del re sono andati a felicitarsi con il re Davide, nostro signore, dicendo: “Il tuo Dio renda il nome di Salomone più celebre del tuo nome e renda il suo trono più splendido del tuo trono!”. Il re si è prostrato sul letto. Poi il re ha detto anche questo: “Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché oggi ha concesso che uno sieda sul mio trono mentre i miei occhi lo vedono”». Allora tutti gli invitati di Adonia si spaventarono, si alzarono e se ne andarono ognuno per la sua strada. Adonia, che temeva Salomone, alzatosi, andò ad aggrapparsi ai corni dell’altare. Fu riferito a Salomone: «Sappi che Adonia, avendo paura del re Salomone, ha afferrato i corni dell’altare dicendo: “Mi giuri oggi il re Salomone che non farà morire di spada il suo servitore”». Salomone disse: «Se si comporterà da uomo leale, neppure un suo capello cadrà a terra; ma se in lui sarà trovato qualche male, morirà ». Il re Salomone ordinò che lo facessero scendere dall’altare; quegli venne a prostrarsi davanti al re Salomone, poi Salomone gli disse: «Va’ a casa tua!».
Così come abbiamo anche potuto sentire nella prima lettura, sinceramente ci interessava poco e, quando abbiamo visto che si trattava di decisioni sul regno di Israele e sulle congiure di quel tempo per il potere, abbiamo magari anche tagliato la spina! Sinceramente credo sia comprensibile! Eppure, se guardiamo bene la trama narrativa è la medesima che abbiamo trovato nel Vangelo: chi è attratto solo dalla gloria, dal potere, rimane come schiacciato da essi. Quando va in crisi qualcosa del proprio pensiero, allora sembra che vada in crisi tutto. Così viene interpretata dagli oppositori del regno l’ascesa al trono di Salomone, il figlio più intelligente e probabilmente più preparato di Davide. C’è però chi ha paura di questa presa di potere: sa infatti che non uscirà illeso da quella situazione. C’è chi teme il potere degli altri, mentre lo vorrebbe tutto per sé, per controllare ogni cosa e per dirigere il corso della storia come meglio si ritiene.
L’elezione di Salomone indica a tutti la volontà di Dio al di là dei calcoli, dei pensieri, di ciò che viene immediatamente in mente pensando al proprio tornaconto e alla propria posizione. A chi è assetato di potere e a chi teme il potere quando è nelle mani degli altri, Dio suggerisce una pronta e doverosa conversione. Se uno crede, sa bene che tutto è nelle mani di Dio.
Per noi
- Quale conversione possiamo suscitare in noi quest’oggi?
- Nel nostro itinerario di fede siamo precisi e sappiamo difendere i risultati che otteniamo o lasciamo un po’ tutto al caso e, quindi, rischiamo di perdere quello che abbiamo ottenuto?
- Che idea abbiamo del potere e cosa ricerchiamo per la nostra vita?
Proviamo a pensarci, per non lasciare che le cose sopravvengano senza che noi le possiamo controllare e, alla fine, ci rovinino.
Chiediamo al Signore di mantenere sempre desta la nostra attenzione, perché sappiamo innamorarci del nostro cammino di fede, ciò di cui dobbiamo sempre rendere conto a Dio.