Lunedì 30 agosto

Settimana della domenica che precede il martirio – Lunedì

Siamo nella settimana che contiene la celebrazione della festa del martirio di San Giovanni il Battista che, come abbiamo già spiegato, è uno spartiacque nel calendario ambrosiano e apre ad una nuova e diversa sezione del tempo dopo Pentecoste. Questa settimana leggiamo pagine del Vangelo che si riferiscono direttamente a San Giovanni e, come prima lettura, il libro dei Maccabei. Oggi è anche la festa del beato cardinale Schuster e mi pare che le Scritture ci aiutino a pensare alla santità degli intercessori.

Vangelo

Mc 1, 4-8
✠ Lettura del Vangelo secondo Marco

In quel tempo. Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Partiamo dalla santità di Giovanni il Battista. L’epoca di Giovanni è tutta un’epoca di attesa del Messia, un tempo di fermento e di grande vigore spirituale. Anche Giovanni partecipa a questo rinnovamento e a questo senso di attesa che è presente in tutto Israele. Giovanni, per meglio aderire a tutto questo, si ritira nel deserto, vive di poco o niente e, con la sua predicazione, oltre che con il suo esempio, richiama tutti all’imminente venuta del Messia. Una predicazione forte, sostenuta, grintosa, implacabile. Tutti riconoscono la santità di Giovanni, tanto che vanno da lui per chiedere il battesimo in remissione dei loro peccati, mentre offrono segni di conversione.

Maccabei

2Mac 3, 1-8a. 24-27. 31-36
Lettura del secondo libro dei Maccabei

In quei giorni. Nel periodo in cui la città santa godeva completa pace e le leggi erano osservate perfettamente per la pietà del sommo sacerdote Onìa e la sua avversione al male, gli stessi re avevano preso a onorare il luogo santo e a glorificare il tempio con doni insigni, al punto che anche Selèuco, re dell’Asia, provvedeva con le proprie entrate a tutte le spese riguardanti il servizio dei sacrifici. Ma un certo Simone, della tribù di Bilga, nominato sovrintendente del tempio, venne a trovarsi in contrasto con il sommo sacerdote intorno all’amministrazione della città. Non riuscendo a prevalere su Onìa, si recò da Apollònio di Tarso, che in quel periodo era governatore della Celesiria e della Fenicia, e gli riferì che il tesoro di Gerusalemme era colmo di ricchezze immense, tanto che l’ammontare delle somme era incalcolabile e non serviva per le spese dei sacrifici; era quindi possibile trasferire tutto in potere del re. Apollònio si incontrò con il re e gli riferì delle ricchezze a lui denunciate; quegli designò Eliodòro, l’incaricato d’affari, e lo inviò con l’ordine di effettuare la confisca delle suddette ricchezze. Eliodòro si mise subito in viaggio. Ma appena fu arrivato sul posto con gli armati, presso il tesoro, il Signore degli spiriti e di ogni potere si manifestò con un’apparizione così grande, che tutti i temerari che avevano osato entrare, colpiti dalla potenza di Dio, si trovarono stremati e atterriti. Infatti apparve loro un cavallo, montato da un cavaliere terribile e rivestito di splendida bardatura, il quale si spinse con impeto contro Eliodòro e lo percosse con gli zoccoli anteriori, mentre il cavaliere appariva rivestito di armatura d’oro. Davanti a lui comparvero, inoltre, altri due giovani dotati di grande forza, splendidi per bellezza e meravigliosi nell’abbigliamento, i quali, postisi ai due lati, lo flagellavano senza posa, infliggendogli numerose percosse. In un attimo fu gettato a terra e si trovò immerso in una fitta oscurità. Allora i suoi lo afferrarono e lo misero su una barella. Subito alcuni compagni di Eliodòro pregarono Onìa che supplicasse l’Altissimo e impetrasse la grazia della vita a costui che stava irrimediabilmente esalando l’ultimo respiro. Il sommo sacerdote, temendo che il re avrebbe potuto sospettare che i Giudei avessero teso un tranello a Eliodòro, offrì un sacrificio per la salute di costui. Mentre il sommo sacerdote compiva il rito propiziatorio, apparvero di nuovo a Eliodòro gli stessi giovani adorni delle stesse vesti, i quali, restando in piedi, dissero: «Ringrazia ampiamente il sommo sacerdote Onìa, per merito del quale il Signore ti ridà la vita. Tu poi, che hai sperimentato i flagelli del Cielo, annuncia a tutti la grande potenza di Dio». Dette queste parole, disparvero. Eliodòro offrì un sacrificio al Signore e innalzò grandi preghiere a colui che gli aveva restituito la vita, poi si congedò da Onìa e fece ritorno con il suo seguito dal re. Egli testimoniava a tutti le opere del Dio grandissimo, che aveva visto con i suoi occhi.

La prima lettura è molto più scenografica! Si parla del Sacerdote Onia, custode del tempio di Gerusalemme, uomo di preghiera e di forte fede. Un uomo che è tutto dedito alla preghiera e al servizio della casa di Dio. Un grande intercessore che prega per gli amici e per i nemici di Dio. Un uomo così potente che estende la sua autorità anche su ciò che, di per sé, non gli compete. Egli, come abbiamo sentito, entra in contrasto con il governatore della città e il suo potere è talmente forte da avere la meglio. È per questo che il governatore non solo non si arrende ma decide, in qualche modo, di fargliela pagare. Ecco il richiamo al re sulle immani ricchezze del tempio, come risulta da moltissime fonti. L’imperatore, immediatamente, cerca di prendere possesso di quelle immani ricchezze ma, come abbiamo sentito, il suo amministratore viene fermato da visioni e forze celesti. Anzi, il ministro in questione è salvato proprio solo dalla forza della preghiera del sacerdote Onia che intercede per lui presso l’Altissimo e gli salva la vita. Il ministro, così fortemente colpito da quello che gli capita, non solo si converte ma diventa un testimone di fede, lui che era venuto a Gerusalemme solo per spogliare il tempio!

Per noi

La forza della preghiera dei due intercessori è, quindi, il tema di riferimento di questo giorno in preparazione alla festa del martirio di San Giovanni. Oggi, poi, noi fedeli ambrosiani ricordiamo anche la figura del beato Schuster, che alcuni di voi forse hanno anche conosciuto. Anche lui si colloca tra i grandi intercessori del popolo di Dio. Il beato Schuster ha sempre creduto nella forza della preghiera e, in un tempo difficilissimo come è stato il tempo della guerra, si è profuso per essere il grande intercessore del popolo di Dio.

La forza della preghiera di intercessione non è, però, solo appannaggio dei santi o delle grandi figure di intercessori. Essa è una realtà alla portata di tutti. Siamo tutti noi che possiamo essere grandi intercessori, anche con la nostra preghiera povera. Noi saremo poi figure di intercessori apprezzati e forti tanto quanto uniremo la nostra preghiera alla preghiera di Cristo sacerdote sommo ed intercessore massimo nella Eucarestia. È nella forza del sacramento che noi possiamo presentare al Signore tutte le nostre richieste, suppliche ed intercessioni. Invito tutti, proprio nella memoria del beato Schuster e con la forza della Scrittura che abbiamo ricevuto, ad essere intercessori per qualcuno o per qualche intenzione comune. È questo il modo migliore per vivere bene non solo questa giornata ma anche questa settimana di memoria di San Giovanni Battista.

2021-08-26T17:47:01+02:00