Settimana della 5 domenica dopo il martirio – Mercoledì
Vangelo
Lc 20, 27-40
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Si avvicinarono al Signore Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
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Dopo festa dei santi Arcangeli si torna al lezionario feriale. Anche oggi possiamo rileggere questa pagina di Vangelo alla luce di quella rivelazione di sapienza che andiamo cercando in questo anno pastorale.
C’è una sapienza umana che porta a domandarsi: che fine fanno i legami umani nella vita eterna? Che valore hanno i legami umani nella vita dopo la morte? È una domanda importante e lecita, dal momento che, nella vita, alcuni legami sono davvero il cuore dell’esistenza stessa. La domanda è posta in modo molto capzioso a Gesù, che viene preso in giro da coloro che non credono nell’esistenza della vita dopo la morte, e, quindi, nell’eternità. Gesù risponde con la sua divina sapienza, ricordando che l’eternità non è la continuazione delle esperienze temporali senza la negatività delle cose materiali. La vita nell’eternità è altra cosa rispetto a qualsiasi esperienza terrena. È contemplazione del volto di Dio, è trasfigurazione nel suo volto, è avvolgimento continuo e costante della sua misericordia e del suo amore. È in questa prospettiva che si rileggono anche i rapporti umani. È chiaro che nel mistero di Dio le anime si riconoscono, ma è altrettanto vero che non ci sarà più bisogno di quei legami umani che hanno segnato il tempo. In Dio “non ci sarà più moglie, non ci sarà più marito”, non già a discapito del matrimonio, ma affermando la trascendenza di un mistero che ci avvolgerà e nel quale comprenderemo anche le cose che, ora, non possiamo comprendere.
Con queste chiare affermazioni Gesù rimanda i suoi interlocutori a vivere pienamente questo tempo, preludio della manifestazione gloriosa dell’eternità.
2 Timoteo
2Tm 1, 1-12
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
Ancora più esplicito è il messaggio che viene a noi dalla prima lettura. Iniziamo la lettura della lettera a Timoteo che ha questo chiaro richiamo di San Paolo: “ravviva il dono della fede che è in te”. L’invito di San Paolo all’amico e collaboratore è quello di tenere sempre desta la fede, superando, di volta in volta, tutte quelle domande, o tutti quei dubbi o tutte quelle difficoltà che, legittimamente, possono entrare nell’anima. Credo che questa prospettiva ci dia una luce in più sul Vangelo. A volte ci sono domande che entrano dentro di noi, che si insinuano nell’anima, che ci portano a pensare. Anche dopo molti anni di professione e di vita cristiana può capitare così. In questi momenti ciò che tutti siamo chiamati a fare è proprio questo “ravvivare” il dono della fede che è in noi.
Come si ravviva il patrimonio della fede? San Paolo in queste poche righe ci dà una indicazione chiarissima: attingendo a quella serie di esempi che vengono, anzitutto, dalla tradizione della famiglia. San Paolo chiede a Timoteo di ricordare l’esempio della mamma e della nonna. Esempi semplici, di fede vissuta, di pietà condivisi, esempi di donne che pregano, sperano, vivono i valori del Vangelo. Possiamo immaginare che non avessero grande istruzione o ruoli di rilievo, eppure sono esempi di fede da seguire, proprio nella loro umiltà e nella loro semplicità. Sono loro che riaccendono la fede nei momenti difficili, sono gli esempi di questo genere che aiutano nell’ora del buio.
Per noi.
Credo che la domanda che ci dobbiamo fare anzitutto è questa:
- Chi sono gli esempi di fede che sono importanti per me?
- Dove attingo luce, quando sono nel momento della difficoltà, della prova, delle grandi domande?
Credo che farà bene a tutti, oggi, recuperare nella memoria gli esempi di fede della nostra tradizione cristiana personale o di famiglia, prima ancora che di popolo.
Potremmo poi chiederci:
- Quali sono le grandi domande che ho sulla vita eterna? Quali sono le domande grandi che ho nel cuore a proposito della risurrezione?
Ringraziamo il Signore che, con la luce del suo mistero, ancora una volta ci aiuta ad approfondire la Parola e a farne la guida per i nostri giorni.