Benedetti dai poveri2020-11-15T15:28:49+01:00

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Benedetti dai poveri

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Introduzione

Richiamo solo brevemente i passi della lectio:

  1. La lectio. Anzitutto si individua un testo biblico di riferimento che vuole animare la serata, la preghiera, la riflessione.
  2. In questo secondo momento dell’esercizio di preghiera comunitaria, è un po’ compito mio far parlare il testo e cioè, in base alle sottolineature proposte dalla lectio, leggere, spiegare, alcune dimensioni che sono emerse e che interessano la riflessione.
  3. Proprio come i bovini, che dopo aver molto mangiato rimasticano di nuovo ciò che hanno ingerito, così il fedele che pratica la lectio, in un tempo di silenzio questa volta personale, cerca di ritornare sulla lectio e sulla meditatio, confrontando gli spunti personali con quelli che il predicatore ha predisposto.
  4. Dopo aver svolto tutto questo lavoro, ci si ferma. Non si scava più nel testo, non ci si trattiene più, non si approfondisce più, ma ci si concentra solo sul mistero di Dio e si cerca di contemplare un tratto, un aspetto di questo mistero, introdotti dalla lectio proposta. Anche se non siamo in chiesa e davanti al Santissimo, cerchiamo di entrare in contemplazione del mistero di Dio.
  5. In questo momento può nascere, o è bene che nasca, anche una preghiera personale, dettata dalla propria riflessione.
  6. Ogni momento di meditazione con il testo biblico, deve poi cercare anche un riscontro concreto, una “actio”, un’azione che ci viene suggerita, proposta o che vogliamo tutti eleggere.

Come si vede il lavoro è serio, metodico, composito e anche complesso. Sarà facilitato in questo metodo chi non partecipa per la prima volta a un corso di lectio divina, ma tutti ci potremo arrivare.

IL SIRACIDE E IL VANGELO

Sempre nell’ambito delle introduzioni che ci aiutano a capire e a comprendere questo libro, occorre capire che il Siracide è, tra gli scritti del vecchio testamento, uno dei più vicini al nuovo. Abbiamo già detto della sua collocazione storica la scorsa volta e, quindi sappiamo che il testo è stato scritto quasi alla vigilia del cristianesimo. Nella lettura del testo ci renderemo conto di come Gesù faccia riferimento proprio a questo testo in molte parti della sua predicazione. Sarà premura della lectio di questa sera mostrare i molti richiami al Vangelo che congiungono il testo che oggi affrontiamo soprattutto al Vangelo di Matteo. Questo spiega però anche perché il Siracide è stato un libro molto letto dai neofiti, cioè da coloro che si avvicinavano al cristianesimo. La comunanza di insegnamento e, qualche volta, la sovrapposizione perfetta di concetti e contenuti della predicazione, è stata usata, dalla Chiesa antica, per far comprendere come la rivelazione ad Israele portava a quella conclusione e perfezione del Vangelo. Noi, che leggiamo questi testi 2000 anni dopo la rivelazione del Signore Gesù, comprendiamo molto bene come questa educazione del Siracide si sposi perfettamente con i testi che noi tutti abbiamo maggiormente nel cuore.

È con quest’attenzione che affrontiamo il capitolo identificato come oggetto della nostra lectio.

SIR 3,29-4,10 LA STRUTTURA DEL TESTO: APPUNTI PER UNA LECTIO

Entriamo nell’analisi del secondo brano della nostra lectio divina e uniamo gli ultimi due versetti del capitolo 3 al capitolo 4 che ci siamo proposti di analizzare in questa nostra seconda serata. La struttura del testo sembra abbastanza chiara:

3, 29-30:                     il rapporto tra peccato e pratica della carità

4, 1- 6:                        istruzione di un figlio sul tema della carità

4, 7-9:                         nella comunità

4, 10:                          conclusione

COSA DICE IL TESTO: APPUNTI PER UNA MEDITAZIO

La conclusione del capitolo 3: elemosina e peccato

Nell’ambito del capitolo 3, il Siracide ha inteso dare alcuni insegnamenti al figlio. Ovviamente leggiamo non solo una trama di tipo famigliare, ma un insegnamento generale. Il Sapiente Siracide si rivolge a tutti gli israeliti che desiderano crescere nella sapienza come a dei figli e cerca di invitarli a vivere un itinerario di attenzione alla sapienza di Dio che si rivela anche attraverso il suo insegnamento.

Alla fine di tanti insegnamenti, egli inizia il suo discorso sul povero. È a questo proposito che incomincia una vera novità della predicazione del Siracide perché se la sapienza antica, presso molti popoli, prevedeva un sostegno per il bisognoso in forza di una filantropia da salvaguardare, il Siracide va molto oltre. Non si deve sostenere l’uomo solo per il gusto di sostenere un simile che si vede versare nella difficoltà. Si sostiene un povero perché, consci dei propri limiti, si vive la carità come un esercizio di donazione in favore della espiazione dei propri peccati. C’è un legame diretto tra l’espiazione del peccato e il sevizio al povero.

Di più. Come dice il versetto 30, chi fa del bene agli altri non solo espia i propri peccati, ma “provvede all’avvenire”. Il Siracide, in forza di questo insegnamento, scopre che Dio è vicino a coloro che fanno del bene ai poveri. Considera che il bene fatto ai poveri sia un investimento. Investimento per il proprio futuro: se tu aiuti gli altri ci sarà qualcuno che aiuterà te nel momento del tuo bisogno, perché Dio non lascia senza ricompensa i suoi figli che praticano la carità e vivono l’altruismo e l’attenzione reciproca. Il bene fatto rimane poi come un attestato presso Dio per quando ci presenteremo dinnanzi a Lui, nel mistero della morte.

Come si vede il Siracide ispira poi la parola di Gesù. Prendete Matteo al capitolo 6, i vv 3-4 o ancora 19- 21. La predicazione di Gesù richiama i passi del Siracide molto da vicino. Tutto l’antico testamento sostiene e prepara la rivelazione del nuovo, ma, come vedete, il Siracide è vicinissimo alla mentalità del Vangelo. Gesù si lascia ispirare anche dal testo di questo sapiente per la sua predicazione.

I versetti 4, 1- 6: istruzioni per un figlio sul tema della carità.

Ecco allora le istruzioni pratiche per il figlio che vuole imparare a fare della carità il proprio modello di comportamento:

  • Non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi (v1): la carità nasce da uno sguardo di intesa, di accoglienza, di riflessione personale sulla situazione difficile che si vede. Ricordate Mt 6, 22-23: la lucerna del tuo corpo è il tuo occhio… come dire è dal modo con cui tu guardi la realtà che si capisce se sei un figlio di Dio che cerca di curare la propria educazione alla povertà o se sei uno che passa sopra le cose senza interessarsi ad esse.
  • Non rattristare un affamato, non esasperare un uomo in difficoltà (v 2): subito ci ricolleghiamo a Mt 25, la famosa scena del giudizio universale dove sono citate tutte le opere di misericordia e dove il dare da mangiare agli affamati spicca come simbolo di misericordia e di unione o vicinanza al povero.
  • Non negare un dono ad un bisognoso (v3): noi andiamo subito con la mente a Mt 5, 40: a chi ti chiede la tunica tu lascia anche il mantello… dove Gesù dice chiaramente che, se è in nostro potere di fare qualcosa per i bisognosi, non è cristiano non fare quanto siamo in grado di fare subito, sul momento stesso in cui una cosa ci viene chiesta.
  • Non respingere la supplica di un povero (v4): anche a questo proposito ci torna in mente la predicazione di Gesù di Mt 4, 42: dà a chi ti domanda… oppure potremmo richiamare alla memoria i molti passi del Vangelo sull’accoglienza dei poveri o sull’esempio dato dal Signore stesso circa l’accoglienza del povero.
  • Non offrire a nessuno l’occasione di maledirti (v5): anche a noi torna in mente Mt 6, 6: il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà. La benedizione che viene dal povero che si sente beneficato è già parte di quella benedizione che Dio fa discendere su coloro che praticano la carità.

I versetti 7-9: nella comunità.

Dopo queste istruzioni, il Siracide incomincia a chiedersi: ma come si sta in una comunità? Come è chiamato a vivere il sapiente che vive all’interno di una comunità di uomini? Il Siracide è convinto: un figlio di Israele deve essere così sapiente da dare sempre l’esempio. L’esempio si vede soprattutto da come uno ascolta il povero, da come uno si fa prossimo ai bisogni dell’altro, ma anche da come uno ascolta la predicazione di coloro che sono le guide del popolo ecco perché il sapiente diceva: davanti ad un grande abbassa il capo: è l’atteggiamento di sapienza dell’umile nei confronti del suo maestro: egli ascolta ciò che il maestro dice perché sa che il suo insegnamento è parola per l’eternità. Anzi, il Siracide sa bene che ogni maestro in Israele predica l’attenzione al povero, l’accoglienza del povero. È per questo che il maestro va ascoltato, esattamente come lui si sta facendo ora maestro di coloro che vogliono imparare la disciplina e la vigilanza.

Molto forte anche la frase sul saluto al povero: porgi l’orecchio al povero e rispondigli al saluto con affabilità, che a noi fa subito venire in mente Mt 5, 47: se date il saluto solo al fratello, cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Anche Gesù, ancora una volta, dimostra di conoscere l’insegnamento del Siracide e di tenerlo come guida del suo insegnamento, della sua rivelazione. Ecco, dunque, come si sta nella comunità. Si sta come gente che vuole dare ascolto al povero per ottenere la benedizione di Dio.

Il versetto 10: conclusione per l’uomo di fede.

Che potremmo ancor intitolare così: l’esempio di una famiglia. Il Siracide, da pio e buon ebreo è convinto più che mai che tutta l’istruzione morale di un figlio passa per la famiglia. È il comportamento che si impara in famiglia ad essere la guida per come uno sarà uomo. Per questo egli diceva che chi fa come da padre per coloro che non l’hanno, o da marito per colei che lo ha perso, cioè chi dona affetto e relazioni di famiglia a chi non le ha avute o a chi non le ha più, sarà davvero figlio di Dio. Come si vede il Siracide utilizza lo schema della famiglia per rileggere tutte le dinamiche della fede. È molto forte l’immagine del credente chiamato “figlio dell’Altissimo” perché è esattamente ciò che è sotteso alla logica del discorso della montagna, i capitoli 5/6/7 del Vangelo di Matteo, nei quali, come abbiamo in parte anche già visto, è sottesa esattamente questa logica.

Per una sintesi.

In sintesi possiamo capire tutti gli insegnamenti del Siracide: Dio è l’artefice della creazione nella quale Egli opera con la sua sapienza. Egli affida la creazione agli uomini perché essi la custodiscano e facciano fruttare sia quanto essi sono sia quanto Egli ha messo nella loro disponibilità. Come avviene tutto questo? Solamente ricercando la Sapienza. Solo se l’uomo imiterà la sapienza di Dio egli riuscirà a custodire la creazione in ogni sua forma e in ogni suo aspetto. Sapienza dell’uomo è la salvaguardia del creato, sapienza dell’uomo è la giustizia, sapienza dell’uomo è la cura per il povero al quale bisogna tendere la mano perché non deve rimanere indietro nessuno che si possa dire realmente figlio dell’Altissimo. La pietà e la misericordia sono i due atteggiamenti sapienziali con i quali l’uomo diventa imitatore di Dio. Anzi, per il Siracide, l’uomo è proprio chiamato a rappresentare il Signore sulla terra. Questo dovere di rappresentanza deriva, ancora una volta, dalla teologia della Genesi. L’uomo, che è immagine e somiglianza di Dio, “rappresenta” Dio sulla terra non tanto nel senso che egli “agisce al posto di Dio”, ma, piuttosto, l’uomo, essendo immagine e somiglianza del creatore, lo “rende presente” nelle sue opere e nelle sue parole. Ecco il perché della sapienza che l’uomo deve cercare di vivere sempre. Senza la sapienza egli non continuerà ad essere immagine e somiglianza di Dio e non potrà rappresentare Dio nel mondo.

Come si vede è una teologia profondissima e molto raffinata, dalla quale, come abbiamo detto, Gesù riprende.

QUALCHE DOMANDA: APPUNTI PER UNA RUMINATIO

Elemosina e peccato:

  • Come rileggo la predicazione del Nuovo testamento a questo proposito?
  • Anche San Pietro dice che l’elemosina espia da una moltitudine di peccato. Come posso utilizzare qualche donazione di carità per arginare il male da me compiuto?
  • Sento vero anche io che le persone che da me sono beneficate proteggeranno il mio futuro e mi accoglieranno nella casa di Dio?

Istruzioni ad un figlio:

  • Con quale sguardo guardo il povero?
  • Con quale attenzione e con quale precomprensione giudico il povero che viene a me?
  • Sono sollecito nel donare o mi faccio pregare per donare qualcosa?
  • Il povero che bussa alla porta del mio cuore è guardato con sospetto o ottiene ascolto e protezione?
  • Sarà capitato anche di respingere un povero: perché? Quale giudizio abita in me?
  • Quale criterio guida il mio cuore?

Nella comunità:

  • Credo che Papa Francesco, da molti anni, stia cercando di educarci ad un’accoglienza incondizionata del povero: che rispetto ho per l’autorità ecclesiale?
  • Come mi relaziono con chi mi guida a vivere i contenuti della fede?
  • Mi sento anche io un figlio dell’Altissimo chiamato a compiere il bene?

Sulla sintesi:

  • Il Siracide ci ha detto con chiarezza che senza sapienza non si va da nessuna parte e, soprattutto, non si può essere figli di Dio. Coltivo l’essere immagine e somiglianza di Dio per essere figlio dell’Altissimo?
  • Sono coscio di rappresentare Dio nella società di cui faccio parte?
  • Che sapienza vedo attorno a me? Dove potrei portare io maggiore sapienza?

UNA PREGHIERA: APERTURA ALL’ORATIO

Signore, concedi anche a me di imitare la tua Sapienza creatrice per essere attento al povero che mi fai incontrare e donami un cuore aperto a tendere la mia mano a chi mandi a bussare alla mia porta. Così sia.

UNA PROPOSTA: APPUNTI PER UNA POSSIBILE ACTIO

Per il prossimo mese oserei proporre di partecipare alla azione di carità dell’Avvento e di preparare la decima per il Natale a sostegno dei poveri.