Chi teme il Signore sa scegliere gli amici2020-12-11T20:36:24+01:00

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Chi teme il Signore sa scegliere gli amici

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Chi teme il Signore sa scegliere gli amici

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Introduzione

Richiamo solo brevemente i passi della lectio:

  1. La lectio. Anzitutto si individua un testo biblico di riferimento che vuole animare la serata, la preghiera, la riflessione.
  2. In questo secondo momento dell’esercizio di preghiera comunitaria, è un po’ compito mio far parlare il testo e cioè, in base alle sottolineature proposte dalla lectio, leggere, spiegare, alcune dimensioni che sono emerse e che interessano la riflessione.
  3. Proprio come i bovini, che dopo aver molto mangiato rimasticano di nuovo ciò che hanno ingerito, così il fedele che pratica la lectio, in un tempo di silenzio questa volta personale, cerca di ritornare sulla lectio e sulla meditatio, confrontando gli spunti personali con quelli che il predicatore ha predisposto.
  4. Dopo aver svolto tutto questo lavoro, ci si ferma. Non si scava più nel testo, non ci si trattiene più, non si approfondisce più, ma ci si concentra solo sul mistero di Dio e si cerca di contemplare un tratto, un aspetto di questo mistero, introdotti dalla lectio proposta. Anche se non siamo in chiesa e davanti al Santissimo, cerchiamo di entrare in contemplazione del mistero di Dio.
  5. In questo momento può nascere, o è bene che nasca, anche una preghiera personale, dettata dalla propria riflessione.
  6. Ogni momento di meditazione con il testo biblico, deve poi cercare anche un riscontro concreto, una “actio”, un’azione che ci viene suggerita, proposta o che vogliamo tutti eleggere.

Come si vede il lavoro è serio, metodico, composito e anche complesso. Sarà facilitato in questo metodo chi non partecipa per la prima volta a un corso di lectio divina, ma tutti ci potremo arrivare.

IL SIRACIDE E L’AMICIZIA

Come introduzione penso sia giusto ricordare che il tema dell’amicizia è uno dei temi più studiati in tutta l’antichità. È uno dei temi classici di tutte le filosofie ed è uno dei temi cari ai grandi del sapere. Pensare solo al “de amicitia” di Cicerone, per dire un titolo  e una delle somme menti che si è applicata a questo tema. Il Siracide conosce le scuole di pensiero e, nel suo indagare sul sapere, incontra soprattutto la filosofia degli Epicurei. Il suo dire sul tema dell’amicizia nasce proprio da questo confronto, dal sentire che in lui c’è qualcosa di diverso da ciò che le grandi scuole del pensiero antico propongono e insegnano. Epicuro insegnava che si può rinunciare a tutto, anche al cibo, ma non agli amici. Poiché gli dei sono lontani e, per lo più, non si occupano degli uomini, anzi, caso mai rappresentano i loro vizi, l’unico antidoto alla solitudine è quello dell’amicizia. Epicuro invita a godere dei piaceri della vita con gli amici, perché senza amici si è sommamente poveri. Il criterio del divertimento e del richiamo ai piaceri della vita secondo Epicuro è ben noto a tutti: si può fare qualsiasi cosa con l’amico, basta non ledere il diritto altrui e quello del popolo, della cultura, alla quale si appartiene. Ecco perché dare a qualcuno dell’epicureo, significa ricordagli che è uno dei tanti che si innamorano dei piaceri della vita. Il Siracide si confronta soprattutto con amici e conoscenti che sono così, che parlano di queste cose, che hanno sposato questa filosofia di vita.

Una seconda premessa che mi sembra necessario fare per capire poi l’insegnamento del Siracide, è ricordare che Gesù Ben Sira, è di estrazione borghese, è uno che sta bene, è uno che ama mangiare bene, ma è uno che in casa propria non può trattare nessuno alla pari. Gli schiavi sono sua proprietà, non possono essere i suoi amici. Anche se ama molto sua moglie, ella non è considerata certo alla pari di lui: è il costume dell’epoca. Anche i figli, nel diritto ebraico, sono una benedizione di Dio, certamente, ma anche una proprietà, qualcuno di cui si ha la responsabilità. Non sono mai messi sullo stesso piano dei genitori. Il Siracide riflette sul tema dell’amicizia come uno che sta bene in casa propria ma anche come uno che sa di non avere persone alla pari intorno a sé. Sta bene con la famiglia che si è creato, ama molto la moglie e i figli, ma non si considera alla loro pari. Ecco perché deve necessariamente riflettere sul tema dell’amicizia e lo fa con tutta la sua fede. Sarà proprio questa la novità del Siracide: egli non crea una scuola di pensiero filosofico, ma attinge al patrimonio della fede per cercare la sua istruzione sul tema dell’amicizia.

Una terza premessa. Il tema dell’amicizia è trattato in numerosissimi passi del Siracide: alcuni sono solamente dei versetti sparsi qua e là nei discorsi, altre volte sono gruppi di versetti che danno origine ad una trattazione più sistematica. Il tema, nel suo complesso, appare trattato come il tema della donna, in molteplici occasioni. Dunque sono due i temi cari al Siracide, che impariamo a conoscere e a scoprire: il tema del rapporto con le donne, e, dunque, diremmo noi, il tema affettivo, e il tema dell’amicizia, ovvero, diremmo noi, il tema della relazione.

Una quarta premessa. Se leggerete anche gli altri passi, vedrete che il Siracide deve essere un uomo dal cuore molto generoso, un uomo che ha rischiato molto per l’amicizia, ma che deve avere sofferto molto. Il Siracide non è misantropo, non è uno che non ami le relazioni umane, non è uno che si trattenga dall’avere legami profondi con le persone, ma è uno che cerca, a tutti i costi e in tutti i modi, di essere prudente. Questo atteggiamento è proprio di un animo nobile e sincero, che ha sofferto. Dunque noi ci approcciamo al tema sapendo bene che il Siracide deve avere stretto legami di amicizia che credeva profonda, ma che, poi, si è rivelata inconsistente. Anzi, il Siracide lascia trasparire di essere uno dei molti uomini che sono stati traditi da un amico e, per questo, ha sofferto molto. Ecco perché egli, ora, è molto prudente e cerca di far capire a tutti che vagliare le amicizie, è il solo modo che abbiamo per non perdere quel tesoro che Dio mette nelle mani e nel cuore di ogni uomo. Questo ci fa comprendere anche l’umanità del Siracide, perché credo che tutti noi, ci immedesimiamo nell’esperienza fatta dallo stesso Siracide: anche noi avremo investito in rapporti che, poi, si sono rivelati vuoti e inconsistenti, non promettenti come, all’inizio, appariva. Tutti noi abbiamo sofferto a causa di qualche amico. Ecco, il Siracide ha avuto la medesima esperienza e, per questo, diventa maestro di vita.

Capiamo così che il Siracide ha dedicato, comunque, molto spessore al tema ed ha dato linee essenziali per la riflessione che adesso leggiamo in questo brano che è un po’ la sintesi di tutto il suo pensiero.

SIR 6, 5-17 LA STRUTTURA DEL TESTO: APPUNTI PER UNA LECTIO

Entriamo nell’analisi del terzo brano della nostra lectio divina, rimandando poi anche al capitolo 12, 18 e 37, che pure trattano dello stesso tema.

vv.5-6            incipit e annuncio del tema

v.7                  la regola base dell’amicizia

vv. 8-12         gli esempi dell’esperienza

v.13                il consiglio

vv 14-15         il cuore della trattazione

vv. 16-17        la conclusione

COSA DICE IL TESTO: APPUNTI PER UNA MEDITAZIO

I vv14-15: chi trova un amico trova un tesoro

La partenza non può che essere il cuore di questa trattazione sull’amicizia che deriva dal libro dei proverbi. Come vedete, se avete la Bibbia in mano, la citazione proviene da Pr 18, 19 e da Qo 4, 9-12. Quello che proviene da un proverbio che anche noi conosciamo molto bene è il cuore della sapienza di Israele. Perché il Siracide dice questo? Perché riprende il proverbio antico? La risposta è la logica conseguenza delle introduzioni. Il Siracide trova, nei suoi amici, quel “di più di vita e di grazia” che la famiglia e i sottoposti non gli possono dare. Egli vede, nelle amicizie che intrattiene, quel parlare alla pari con altri uomini che non ha nel contesto della famiglia. Sebbene sia affezionatissimo alla famiglia e sebbene in molte occasioni affermi che la famiglia è il primo e sommo bene di Israele, il Siracide trova che solo nel contesto delle amicizie ci sia quel tesoro di parità che diventa utile alle relazioni e grandezza del vivere. Ecco il perché della ripresa del proverbio antico.

I vv 5-6: incipit sul tema.

Così possiamo capire l’incipit dal quale muove il brano: proprio perché l’amicizia è l’unica realtà della vita che permette di incontrare persone alla “pari”, il linguaggio deve essere gentile e capace di coltivare i rapporti umani. Potremmo definirla una raccomandazione di buon senso, perché il Siracide comprende che molto è fatto dal carattere. Un carattere chiuso e scontroso, un carattere difficile, non si aprirà mai ad una amicizia vera, o la ostacolerà non poco. Un carattere gioviale e un animo dolce attirano, invece, le relazioni.

Subito dopo, però ecco il consiglio del saggio: molti siano i tuoi conoscenti, ma il tuo consigliere uno su mille. Capiamo bene il perché dell’altra introduzione. Il Siracide  un uomo che ha sofferto a causa di relazioni che non hanno avuto buon esito, amicizie che si sono dovute interrompere, problematiche di relazioni che tutti conosciamo bene. Ecco perché il Siracide raccomanda la prudenza, che vedremo, poi, negli esempi successivi. Dunque il sapiente ci dice che l’amicizia è una benedizione per la vita e che, tuttavia, non si può essere amici di tutti. Occorre vagliare bene chi sono gli amici. Questa è la raccomandazione del sapiente! Per non soffrire troppo, come, invece, capita ad ogni uomo che non vive questa regola di vita.

Il versetto 7: la regola.

Si capisce così la regola generale: “se vuoi farti un amico, mettilo alla prova”. Si vede che qui parla tutta l’esperienza di vita di quest’uomo che consiglia a tutti di non affrettare nulla nelle relazioni. Potrebbe essere molto pericoloso. Il Siracide, quindi, raccomanda non solo prudenza, ma anche fede, come vedremo meglio nei versetti successivi. Così il sapiente si mostra non solo uomo di buon senso, ma anche uomo di fede. Quello che il Siracide scrive a proposito di questa regola, non è solo frutto della sua esperienza, ma anche della sua preghiera e del suo itinerario di ricerca di Dio.

I vv 8-12: gli esempi.

Quali sono gli esempi che il sapiente porta?

  • C’è l’amico di comodo. Esperienza che tutti abbiamo fatto, quella di essere sfruttati. Certamente c’è qualcuno che si è detto nostro amico fino a quando gli facevamo comodo, ma, poi, si è dileguato. Ovviamente questo esempio deve valere anche come esame di coscienza e deve permetterci di verificare se noi siamo stati mai amici solo di comodo.
  • C’è l’amico che si cambia in nemico, ovvero quello che, invece di custodire i segreti e anche i momenti di tensione o litigio che possono capitare tra due amici, rivela tutto ad altri. Costui è considerato proprio come un traditore. Il Siracide arriverà a dire che si può perdonare tutto ad un amico, tranne l’aver rivelato segreti. L’amico traditore di intimità non ha mai perdono. Ovviamente anche qui dobbiamo domandarci se anche noi siamo stati mai traditori di segreti.
  • C’è l’amico compagno a tavola, cioè quello che va bene solo per fare grandi risate, grandi tavolate, ma che non è uomo o donna al quale poter rivelare le proprie cose, al quale poter chiedere consiglio. Credo che tutti abbiamo avuto o abbiamo amicizie di questo genere, così come siamo invitati a verificare se anche noi, a volte, siamo amici solo per queste cose.
  • In tutti questi casi, si ritiene che siano amici solo nella fortuna, e che diventino come famigliari, salvo poi cambiare idea e muovere contro. Questa affermazione è molto importante, perché ci rivela che, per il Siracide e in genere per tutta la cultura ebraica, nulla può essere equiparato alla famiglia. Certo, ci possono essere amicizie così profonde che portano a considerare un amico come uno di famiglia, ma, dice il sapiente, occorre prestare attenzione, perché se un amico non è stato messo alla prova potrebbe accadere che, benchè ammesso alla famiglia, uno ti si ritorca contro. Questo è il dolore più grande. Ovviamente il Siracide intende proteggere anche la famiglia da cose di questo genere e dai dolori che ne derivano, ecco il perché di questa affermazione.

Il v13: il consiglio

Ecco, infine, il consiglio che genera un altro proverbio: “dai nemici mi guardo io, ma dagli amici mi guardi Dio”, che dice come è difficile mettere davvero alla prova un amico. C’è sempre qualcosa che sfugge. Ecco l’insegnamento di fede. Il Siracide, alla fine, ci dice che solo il compagno di fede può essere veramente un amico. Solo chi pensa allo stesso modo, solo chi segue la medesima via di moralità, solo chi ha lo stesso Dio e la stessa fede, ovvero i medesimi valori, può stringere amicizia grande. Su questo punto io credo che non tutti pensiamo come il sapiente antico, potremmo tutti citare, credo, casi di amicizie sincere, profonde e generose, che sono nate proprio con persone che pensano diversamente da noi il problema religioso e con le quali, peraltro, abbiamo avuto momenti di sincero confronto. Ecco il Sapiente antico è di avviso diverso. Non si può sperimentare una amicizia con la “A” se non con un compagno di fede, se non con colui che viene dalla stessa formazione di fede, se non con colui che diventa anche compagno di viaggio verso la medesima casa di Dio. Su questo punto vi lascio pensare, coltivando il vostro parere ma vi chiedo, prima di dire che non siete d’accordo con il sapiente antico, di provare a considerare il suo punto di vista: Dio è il collante più intenso nei rapporti umani e, quindi, anche nelle amicizie. Questa posizione di sapienza è davvero valida anche per ciascuno di noi.

Il v14-15: la conclusione

La conclusione è una ulteriore logica conseguenza di tutto questo discorso, anzitutto viene evocata un’immagine, quella del balsamo. Come il balsamo è qualcosa che rende più dolce qualche esperienza di vita, così l’amicizia è un balsamo per l’esistenza.

La seconda conclusione: “come uno è così sarà il suo amico” ribadisce ancora che l’amico è come uno specchio nel quale uno può vedere o ritrovare sé stesso. Da questo punto di vista si apre una riflessione profonda, perché potremmo utilizzare le nostre amicizie per vedere come siamo!

QUALCHE DOMANDA: APPUNTI PER UNA RUMINATIO

Chi trova un amico…:

  • Quali sono le amicizie che prediligo come un tesoro?
  • Coltivo una relazionalità ampia e profonda?
  • Credo davvero che il confronto con amici fidati sia un “di più di vita” a cui non si può rinunciare?

Incipit:

  • Come giudico il mio carattere?
  • Probabilmente sono in un’età della vita nella quale non posso fare niente per mettere in discussione il mio carattere, ma su cosa posso stare più attento?
  • Quali “fregature” ho ricevuto anch’io nella mia vita? Quali relazioni che sembravano promettenti, alla fine, non sono state tali?

Sugli esempi:

  • Quali delle esemplificazioni fatte dal Siracide mi ha visto protagonista che soccombe sotto il peso di ciò che accade?
  • Quale situazione, invece, deve diventare per me causa di ripensamento, per non essere stato all’altezza di una Amicizia con la “A”?

Sulla sintesi di sapienza:

  • Come entra la fede nel campo delle mie amicizie? Come le ha aiutate? Come, invece, le ha rese più difficili?

Sulla conclusione:

  • Cosa dicono le mie amicizie di me, del mio carattere, del mio modo di impostare le cose della vita?

UNA PREGHIERA: APERTURA ALL’ORATIO

Signore Gesù, tu che fosti amico di molti, tu che sei amico degli uomini, insegnami a vivere bene le mie amicizie e a verificare cosa cerco in ciascuna di esse. Così sia.

UNA PROPOSTA: APPUNTI PER UNA POSSIBILE ACTIO

Per il prossimo mese, chiederei a tutti di vivere bene le proprie amicizie. Anche in un Natale come quello che si prepara e che sarà ovviamente molto più sobrio del solito e con meno possibilità di vivere le amicizie, chiedo a tutti di saper spendere tempo su come vivere le proprie amicizie nonostante le restrizioni in corso.