Project Description
Educati da una sapienza inesauribile
Educati da una sapienza inesauribile
Introduzione
Richiamo solo brevemente i passi della lectio:
- La lectio. Anzitutto si individua un testo biblico di riferimento che vuole animare la serata, la preghiera, la riflessione.
- In questo secondo momento dell’esercizio di preghiera comunitaria, è un po’ compito mio far parlare il testo e cioè, in base alle sottolineature proposte dalla lectio, leggere, spiegare, alcune dimensioni che sono emerse e che interessano la riflessione.
- Proprio come i bovini, che dopo aver molto mangiato rimasticano di nuovo ciò che hanno ingerito, così il fedele che pratica la lectio, in un tempo di silenzio questa volta personale, cerca di ritornare sulla lectio e sulla meditatio, confrontando gli spunti personali con quelli che il predicatore ha predisposto.
- Dopo aver svolto tutto questo lavoro, ci si ferma. Non si scava più nel testo, non ci si trattiene più, non si approfondisce più, ma ci si concentra solo sul mistero di Dio e si cerca di contemplare un tratto, un aspetto di questo mistero, introdotti dalla lectio proposta. Anche se non siamo in chiesa e davanti al Santissimo, cerchiamo di entrare in contemplazione del mistero di Dio.
- In questo momento può nascere, o è bene che nasca, anche una preghiera personale, dettata dalla propria riflessione.
- Ogni momento di meditazione con il testo biblico, deve poi cercare anche un riscontro concreto, una “actio”, un’azione che ci viene suggerita, proposta o che vogliamo tutti eleggere.
Come si vede il lavoro è serio, metodico, composito e anche complesso. Sarà facilitato in questo metodo chi non partecipa per la prima volta a un corso di lectio divina, ma tutti ci potremo arrivare.
PREMESSA
Anche questa sera ci lasciamo introdurre dal sapiente stesso nella lettura di questo testo molto bello e profondo che affronteremo.
Per il Siracide, uomo che, come ricorderete, si è proposto a noi fin dal primo incontro come lo studioso che investiga le realtà della natura e che ascolta la rivelazione di Dio per donarla agli uomini, ha l’idea che la sapienza sia sempre in progresso fino ad un suo culmine. La sapienza che è da sempre presente presso Dio e che è Dio stesso si rivela agli uomini poco per volta, pian piano, fino a quando raggiungerà il suo compimento e il suo culmine. Così, se leggerete voi la prima parte del capitolo, scoprirete che Gesù ben Sira ha questa idea molto precisa del rivelarsi della sapienza: essa è presente nell’opera della creazione, poi, pian piano, tra gli uomini suscita un popolo presso il quale prendere dimora: il popolo di Israele. Ma nemmeno in Israele la rivelazione è piena, immediata, esaustiva, totale. Anche nel popolo di Israele la sapienza si rivela pian piano, attraverso continue e progressive tappe che sono, in ultima analisi, le tappe della storia della salvezza. La sapienza di Dio che brilla nella creazione e, in ultima analisi, nell’uomo, procede poi la sua rivelazione nel popolo eletto che inizia la sua storia con Abramo, prosegue per i patriarchi, giunge ad uno dei suoi sommi punti con Mosè e con l’opera della liberazione di Israele, procede con la rivelazione della sapienza ad opera dei profeti per lasciare poi spazio alla riflessione dei sapienti. Il Siracide, quindi, afferma che la rivelazione della sapienza avviene in Israele, passa, soprattutto per Gerusalemme e anche in Gerusalemme la rivelazione della sapienza ha un cuore: il tempio. Dunque il sapiente si schiera per una rivelazione di sapienza progressiva, che passa attraverso la storia degli uomini, ne accetta i tempi, guida pian piano l’uomo, quasi prendendolo per mano, di livello in livello, fino all’ultimo stadio di rivelazione. Gesù Ben Sira sa di collocarsi a questo livello ultimo. Ma sa che ancora manca un compimento e, per questo, rimanda al compimento che Dio farà della sua rivelazione di sapienza. In questo il sapiente si dimostra profetico. Noi, che rileggiamo la scrittura dopo il compimento di ogni cosa nella persona del Cristo, sappiamo anche quale era il compimento a cui il Siracide accennava. È il Signore Gesù, piena, vera e anche ultima manifestazione della sapienza di Dio, nel quale si compie ogni cosa.
Sir 24, 23-24 la struttura del testo: appunti per una lectio
Entriamo nell’analisi del quarto brano della nostra lectio divina. Possiamo rifarci a questa struttura:
- 23-29 la torah e la sapienza educativa
- 23-24 il rapporto tra sapienza e legge
- 25-29 l’abbondanza della sapienza nel mondo e il compito del sapiente
- 30-34 la funzione educativa del saggio
Con questa premessa e precisata questa scansione del testo, approfondiamo la nostra lectio
Cosa dice il testo: appunti per una meditazio
A: la torah e la sapienza educativa
Vv 23-29. La partenza di questo brano è data dal v 23. La domanda fondamentale che anche noi siamo chiamati a comprendere e a capire è: che rapporto c’è tra la sapienza di Dio e la legge? Ovviamente, anche leggendo il Vangelo, tutti voi vi siete per lo meno fatti l’idea che la famosa “legge di Mosè” è il cuore di molte discussioni tra Gesù e i suoi accusatori, come vedremo anche nell’ormai prossima quaresima. Cosa si intende per “legge”? che rapporto c’è tra la “legge” e la “sapienza”? ovviamente vi invito a mettervi in quella prospettiva di progressiva rivelazione di cui ho parlato nell’introduzione. La “legge” indica non solo un personaggio, Mosè, ma anche un tempo, il tempo di Mosè. La sapienza, o meglio il tempo dei sapienti, si colloca molto dopo il tempo di Mosè e della legge, siamo ormai quasi a ridosso della venuta del Signore e del suo mistero di Incarnazione. Il sapiente sa che sono passati secoli di riflessione rispetto a quel tempo e si domanda: cosa conta di più? La progressione della rivelazione di Dio che cosa ci indica? Gesù ben Sira dà una risposta molto bella, molto preziosa a questa domanda, insegnandoci che la legge e la sapienza si identificano. La legge di Mosè che, per il Sapiente, significa tutto ciò che è contenuto nel Pentateuco, è già rivelazione della sapienza di Dio che si è scelto un popolo presso il quale abitare per rivelare a tutti i “segreti” di Dio. Il Sapiente non fa altro che dire, con il suo linguaggio e per il suo mondo quello che è già contenuto nella legge, così come la legge è già piena rivelazione della sapienza di Dio. La legge non è solo un insieme di norme esplicitate dagli uomini per dire come si giunge a Dio. La legge è molto più di un arida attestazione del diritto, è già dialogo tra Dio e l’umanità perché tutti siano attirati a quell’unico mistero da cui tutti gli uomini ricevono l’esistenza ed ogni altro bene. “Sapienza” e “Legge” sono, per Gesù ben Sira, quasi soggetti intercambiabili.
La cosa è molto interessante anche per noi che, spesso, abbiamo la tentazione di leggere il primo testamento come qualcosa del tutto superato, che ci può dire anche tante cose belle ma che, tutto sommato, non fa poi troppo per noi. Il Sapiente ci dice che non si può pensare così e che tutto il primo testamento va inquadrato in quella progressiva rivelazione di Dio che parla con il suo popolo pian piano, secondo quello che il popolo può intuire, fino alla rivelazione piena della sua presenza nel popolo stesso che si è scelto. Detto ancor più esplicitamente, ciò significa per noi che non ci è possibile comprendere la pienezza della rivelazione che è il Signore Gesù e il suo tempo se non entriamo in quella logica di progressiva rivelazione della sapienza che è la storia della salvezza.
I vv 24-28: la metafora acquatica.
La seconda parte della prima sezione che abbiamo indicato consiste in una metafora acquatica. Come vediamo è rispettata quell’idea di progressione di cui abbiamo già parlato nell’introduzione e nella prima parte della esegesi. Possiamo ora precisare meglio. I 4 fiumi a cui si fa riferimento sono i fiumi attestati nella Genesi che escono dal paradiso terrestre e che “irrigano tutta la terra”. Il che significa che il Siracide utilizza questa immagine per dire che tutta la terra è sede della sapienza di Dio, tutto il mondo è il campo nel quale Dio mostra la sua sapienza. Non ci sono confini per l’attività di Dio che sparge i “semi” della sua sapienza ovunque, senza distinzione di luogo. Potremmo dire che tutto l’universo, conosciuto e non, esplorato e non, è luogo nel quale si rivela la sapienza di Dio, creatore di ogni cosa ma soprattutto Padre che accompagna tutta la sua creazione, tutto ciò che è uscito dalla sua parola di sapienza. È curioso notare che il Giordano, dopo il quale inizia la terra Santa, non sia citato. Il sapiente, anche se è ben conscio che la sapienza di Dio abita in Gerusalemme ed ha la sede nel suo tempio santo, non rinnega quello che ha appena affermato e cioè che la sapienza di Dio riempie tutto l’universo. La particolarità della sapienza di Israele non è in contrasto con la rivelazione universale della sapienza di Dio.
Il v 29: il compito del sapiente.
Così si entra nell’ultimo breve tema di questa sezione: qual è il compito del sapiente? Il sapiente è come colui che ha un’aiuola, ovvero il sapiente ha attorno a sé un certo numero di studenti, che sono coloro che vogliono da lui imparare la sapienza, vogliono attingere alla sua riflessione come sorgente di sapienza profonda. Il suo compito è quello di irrigare la sua aiuola con la sapienza di Dio perché il suo canale si dilati, si trasformi in un torrente, e poi in un fiume, per sfociare, infine, nel mare. Ancora l’immagine dell’acqua che ritorna per dire che il compito del sapiente non è solo quello di tenere legati a sé dei discepoli, ma è quello di fare in modo che i discepoli proseguano il compito della ricerca e continuino a portare nel mondo quella sapienza di cui essi stessi sono scopritori e portatori. Il compito del sapiente è, quindi universale, il compito della “scuola” che il sapiente dirige è universale. Il maestro di vera sapienza non coltiva dei discepoli per tenerli legati o addirittura ad un gradino inferire al suo, ma per lanciarli nel mondo e per fare in modo che la rivelazione della sapienza cresca anche grazie al loro lavoro e alla loro ricerca. Un’immagine bellissima e attualissima che dovremmo far conoscere ai nostri insegnati, ai sapienti di oggi, e, magari, anche ai nostri ministri!
B: la funzione educativa del saggio
Passiamo così alla seconda sezione del testo: la funzione educativa del saggio. Questa sezione richiama molto da vicino anche il capitolo 33, nei vv 16-18, ai quali vi rimando per una lettura più completa e fruttuosa del testo. Il sapiente si descrive come uno che ha camminato dietro ai racimolatori, come uno che ha saputo fare tesoro anche delle esperienze degli altri, come uno che ha saputo anche mettere mano alla sua ricerca personale che, sempre, mantiene viva.
- Il sapiente ha amore per la sapienza, da qualsiasi parte provenga.
- Il sapiente ha un cuore universale, per così dire.
- Il sapiente è ispirato da Dio nel suo lavoro di approfondire la sapienza e di rivelarla agli altri uomini.
- Il sapiente è profetico: è diverso dal profeta che legge la storia degli uomini per dire dove Dio la conduce, e, tuttavia, la sua rivelazione di sapienza, che è volta a dire come la sapienza di Dio si incarna nella storia, aiuta a comprendere anche dove Dio dirige i passi dell’uomo. Il sapiente ha anche un ruolo sociale che lo assimila al profeta che, come sappiamo, aveva un ruolo sociale molto preciso e molto definito nella società di Israele antico.
- Il sapiente fa fatica ad ascoltare e ad approfondire la Parola di Dio e accetta la sua fatica, sapendola benedetta.
In sintesi potremmo dire che tutti noi siamo educati da una sapienza inesauribile, che rinnova sempre la sua presenza nel mondo e che non si arresta mai di fronte a nulla.
Cesù compimento della sapienza
A questo punto occorre anche fare una piccola conclusione cristologica, su Gesù compimento di ogni sapienza. Rileggiamo insieme il testo di Luca 2, 52, dove si dice quella famosa frase secondo cui “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini!”.
Dunque anche in Gesù c’è stato un progressivo aumento di sapienza? Come può il figlio di Dio, venuto a mostrare la sapienza del Padre, crescere in sapienza, età e grazia? Il che ci riporta, in soldoni, alla domanda del catechismo: ma Gesù sa tutto o no? E in particolare sa come finirà la sua esistenza o no? Gesù ha sempre saputo della sua fine o no? Il Siracide ci da la possibilità di capire e di comprendere l’affermazione di San Luca che si ispira proprio a questo testo e che da esso si lascia anche guidare. Certamente Gesù “è la sapienza del Padre”, colui che è presente ed opera nella creazione, colui che conosce tutti “i segreti di Dio”.
Il mistero dell’incarnazione non cancella queste cose, non toglie nulla a queste verità ma il Verbo di Dio, accettando di divenire uomo, condivide con tutti gli uomini le leggi che regolano l’umanità. Compresa, ovviamente, quella della conoscenza che cresce pian piano nella mente di un uomo e che si deposita nella sua anima. Così Gesù, “in humanis” cresce in una sua sapienza che lo porta progressivamente a capire ciò che riguarda il suo mistero, ciò che concerne la sua rivelazione, ciò che rimanda al mistero di Dio che Egli deve rivelare e che egli porta tra gli uomini. Gesù cresce pian piano anche nella consapevolezza della sua morte violenta, nel mistero del profeta che non viene accettato, nel dolore di Gerusalemme che rifiuta i profeti e che li uccide. Così Gesù capisce quale sarà la sua fine e come porterà a termine quel progetto di sapienza che, da sempre, è il Dio Padre. La Croce la risurrezione sono il punto finale, il punto di arrivo di questa rivelazione di sapienza. In Cristo “abita corporalmente la pienezza della divinità”. Ecco perché tutta la rivelazione di sapienza, compresa quella di Gesù Ben Sira porta a Cristo e da Cristo in poi illumina l’umanità con splendore nuovo.
È la logica espressa fin dai primi versetti del capitolo 11 della lettera agli Ebrei. Dio che parla con la sua sapienza e che la rivela in modi diversi nella storia dell’umanità, parla “ultimamente” nel figlio. Dove “ultimamente” non va riletto nell’orizzonte temporale, ma in quello proprio di “senso ultimo” delle cose. Dio che ha parlato in diversi modi in diversi tempi, da ultimo parla nel Figlio. Da lì, alla luce della sua piena rivelazione di sapienza si può rileggere tutto quello che sta prima e tutto, da lì in poi, rimanda a quel culmine di sapienza che è Cristo stesso.
Come attestano poi gli Atti degli apostoli, questa nuova sapienza che promana dal Cristo, si diffonde essa stessa secondo la medesima legge e, dunque, cresce pian piano. Anche noi siamo un anello di questa rivelazione di sapienza, che sempre deve guardare al Cristo per continuare il suo cammino nel mondo. È la logica del granellino di senape di Lc 13.
Così, ancora una volta, si mette bene in luce come il Sapiente Gesù ben Sira diventa la fonte di ispirazione del Vangelo stesso.
Qualche domanda: appunti per una ruminatio
Sulla lettura della sapienza che si rivela a poco a poco:
- Quale conoscenza e quale amore esprimo per il primo testamento?
- Inizia la quaresima che ci proporrà la Genesi e il libro dei proverbi come traccia di lettura per il tempo “forte” che iniziamo. Come intendo accostarli?
- Comprendo che seguire la rivelazione di sapienza che continua “ a poco a poco” implica sempre una fatica di attenzione e di studio?
Sull’universalità della sapienza:
- Sono capace di valorizzare le diverse forme di sapienza che anche io incontro, ma senza svilire la mia?
- Comprendo che le diverse forme di sapienza hanno una loro gerarchia e che davvero Dio si è creato un luogo di rivelazione della sapienza della fede che non è paritario agli altri?
- Che ruolo specifico do alla rivelazione di Dio?
Sulla dinamica di trasmissione della sapienza:
- Anche io, pur non essendo un sapiente nel senso tecnico ed ultimo della parola, trasmetto sapienza ai miei figli, a chi incontro, o magari sono insegnante e mi relaziono proprio ad un “pubblico” di ragazzi da educare: cosa trasmetto loro?
- Avverto l’essenzialità del mio compito?
- Per quanto riguarda la trasmissione della fede, come mi regolo? Che esempio do e che parola esprimo?
Sull’identità del sapiente:
- Accetto anche io di non essere capito?
- Comprendo che il mio compito è comunque un compito profetico?
- Accetto che il mio ruolo sia anche non compreso, non accettato e, quindi, non di successo?
Una preghiera: apertura all’oratio
Signore Gesù, tu sei la rivelazione della sapienza del Padre, tu che hai accettato la “legge” di crescere in sapienza, età e grazia, dona anche a me di crescere pian piano nella comprensione delle cose del Padre. Così sia.
Una proposta: appunti per una possibile actio
Per il prossimo mese che coincide con il cammino di quaresima, chiedo a tutti di scegliere una delle proposte di riflessione della Parola che guidano il nostro cammino:
- La lectio di ogni giorno
- Il vespero del venerdì
- La via crucis quaresimale della sera