Domenica dopo l’ottava del Natale.
Lo stile di vita è, oggi, di grande importanza. Molti ne parlano, molti intervengono su questo tema, altri, pur non parlandone apertamente, semplicemente con il proprio modo di vivere e di comportarsi, affermano un proprio stile di vita. Qual è lo stile di vita del cristiano? Qual è lo stile di vita di chi ha contemplato la nascita del Signore?
Siracide
Sir 24, 1-12
Lettura del libro del Siracide
La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità».
La storia, la cultura, la tradizione di Israele fanno rientrare questo discorso nel tema della sapienza. C’è una convinzione che il popolo di Dio ha, da sempre, vissuto e portato avanti: il popolo che Dio si è scelto incarna la sapienza di Dio. “Fissa la tenda in Giacobbe, prendi eredità in Israele”; sono le parole che abbiamo letto nella prima lettura e che sono messe sulla bocca della Sapienza, impersonificata in una donna, parole che vengono da un preciso comando di Dio. Israele si sente popolo sapiente non per orgoglio, non per arroganza, non per dire di essere migliore di altri popoli della terra, ma perché si riconosce popolo scelto da Dio per rivelare la sua presenza. Non quindi un merito, non un il frutto di uno studio o di un’applicazione ma, piuttosto, la benevolenza di Dio. Dio si compiace di rivelare la sua sapienza attraverso la fede in Lui. Sapiente è chi vive secondo Dio. Il popolo di Israele è invitato a vivere secondo questa rivelazione, ricercando nella fede la sapienza di Dio, la sua benevolenza, la sua vicinanza. Eredità che il popolo cristiano ha, da sempre, applicato anche a sé stesso. Ecco perché noi leggiamo questo testo. Il popolo cristiano rilegge queste parole alla luce del mistero dell’incarnazione del Verbo, che è ancora il centro della nostra celebrazione. Il credente sa che la sapienza di vita che egli può raggiungere non è dovuta allo studio, all’applicazione o a qualsivoglia genere di esercizio, ma è dono di Dio che si rivela al suo popolo e che parla ai suoi figli soprattutto per mezzo del Verbo incarnato, per mezzo di Gesù, il rivelatore della paternità e della benevolenza di Dio agli uomini.
Vangelo
Lc 4, 14-22
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
È il cuore del Vangelo, che, quest’oggi, ci mostra una scena normale della vita di Gesù. Quella condivisione con la vita dell’uomo iniziata nella sua incarnazione, quella condivisione che è diventata vicinanza, quella condivisione che è iniziata a Betlemme, continua poi a Nazareth. La condivisione che è fatta di gesti, di parole, di segni, come l’andare in sinagoga, il sabato, come tutti i figli di Israele. Quella stessa condivisione di fede, che è fatta di lettura dei testi antichi, ai quali, però, Gesù da una nuova interpretazione. Prendendo il rotolo di Isaia, Gesù dichiara adempiuta quella scrittura proprio in Lui. Lo stile di vita del Signore è, dunque, quello descritto nel rotolo. Il Dio che cerca l’ultimo, il peccatore, lo sfiduciato, il debole, si rivela nei gesti, nelle parole, nell’esempio di Gesù, in una parola, nel suo stile di vita. Stile di vita che, partendo dalla condivisione, mostra a tutti la vicinanza di Dio che “ridona la vista ai ciechi, rimette in libertà gli oppressi, proclama l’anno di grazia del Signore”, ovvero da un lato dona uno stile di vita nuovo all’uomo, dall’altro chiede coerenza rispetto a questo stile di vita mostrato da Gesù e offerto a tutti. Uno stile di vita in cui la condivisione ha un ruolo centrale, la sobrietà diventa un tratto distintivo, l’attenzione la cura e la premura costante di ogni giorno. Sono i tratti distintivi di Gesù e, quindi, del credente, che, condividendo la vita dell’uomo, mostra la sua fede. Potremmo dire che Gesù ha abbracciato un popolo, una cultura, un tempo, per dire che il credente deve fare esattamente lo stesso e, nei segni, nelle modalità concrete del suo tempo, deve mostrare quello stile di vita che sa parlare di Dio, della sua presenza, della sua condivisione con la vita di tutti.
Romani
Rm 8, 3b-9a
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, Dio, mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.
Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
San Paolo ha tratto, per i credenti ormai organizzati in chiese, le implicanze morali di questo discorso. Conoscendo che l’antica sapienza di Israele si è incarnata in Cristo e osservando lo stile di vita di Gesù, San Paolo può trarre la regola generale: “quelli che vivono secondo la carne, tendono a ciò che è carnale; quelli che vivono secondo lo Spirito verso ciò che è spirituale”. Dove “ciò che è carnale”, per San Paolo, significa tutto ciò che si oppone allo stile di Cristo, allo stile di vita che Dio rivela nel Figlio. Ciò che è carnale è tutto ciò che allontana da quella condivisione che il Figlio di Dio viene a mostrare ad ogni uomo, tutto ciò che si allontana da quell’interessamento che Dio mostra per l’uomo, tutto ciò che allontana da Dio. Ciò che è spirituale non è, semplicemente, ciò che porta alla preghiera, ma, piuttosto, tutto ciò che permette di dare lode a Dio rivivendo, con i propri gesti, con le proprie parole, con il proprio modo di fare, i gesti, le parole, il concreto modo di essere di Cristo. C’è uno stile di vita del credente che, in tutto, mostra il suo incontro con Cristo e il suo aver aderito alla rivelazione del Padre. Aggiunge San Paolo che chi ha aderito alla fede è “sotto il dominio dello Spirito”, assicurandoci così che lo stile di vita del cristiano non nasce da forzature ma dalla disponibilità a lasciarsi conquistare da Dio. Quando un credente si immerge nel mondo della fede, Dio dona nuovi stimoli per aderire, in tutto e per tutto, a Cristo.
Per Noi
Credo che l’invito di oggi alla preghiera possa riassumersi in queste domande:
- Quale stile di vita seguo?
- Il mio stile di vita cosa rivela di me?
- Che testimonianza offro? E che testimonianza ricevo dagli altri?
Credo infatti importantissimo che il cristiano non si limiti ad essere un uomo che vive esattamente come gli altri, per poi vivere alcuni momenti celebrativi in cui esprime la sua fede. Se la fede è vera, autentica, sincera, il cristiano pensa secondo Cristo, vive i valori del Vangelo nella sua vita comune. Nella vita che condivide con gli altri, occupandosi delle cose di tutti i giorni, come fece Gesù, mostra, però, di avere punti di riferimento e valori diversi. È di questo genere di credenti che abbiamo bisogno nella Chiesa di oggi! Non di credenti che si chiudono in una setta, in un piccolo gruppo dal quale si sentono protetti e rassicurati. Credenti che vivono il proprio tempo così come viene offerto a ciascuno.
Dall’altro lato, però, nemmeno credenti che vivono come tutti senza riferimento ai valori della propria fede, del proprio credo, della propria appartenenza ecclesiale. Uomini, donne, ragazzi e ragazze che sanno dire dei sì e dei no precisi, non perché si limitano, non per timore, non perché si credono migliori di altri, ma solo perché hanno nel cuore il Vangelo, che li illumina su ciò che è bene e ciò che è male.
Solo quando vivremo in questo modo, potremo essere anche noi pienamente consapevoli del fatto che c’è una sapienza che si rivela, che si incarna in coloro che amano Dio.
Solo quando vivremo così sapremo offrire quella testimonianza ecclesiale che farà capire che c’è una “differenza cristiana” che vale la pena di accogliere e di vivere, se non si vuole scadere nella propria professione di fede.