Educare alla gioia.
Mistero dell’Incarnazione,
Settimana della 4a domenica
Vangelo
Mt 21, 10-17
✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea». Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri”». Gli siavvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: “Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”?». Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte.
Ad una prima lettura sembrerebbe che anche Gesù sia in preda ad emozioni disordinate. Il gesto di rovesciare i tavoli dei cambiamonete e di pronunciare parole molto dure sembra quasi un eccesso d’ira. L’apice del mancato controllo sulle proprie emozioni. Ad una lettura più profonda appare più chiaro che il fare di Gesù è un’azione simbolica pari a quella dei grandi profeti. Il Signore sta cercando di ripulire il tempio da ciò che lo porta ad essere l’esatta negazione di ciò che dovrebbe essere. Il tempio è la casa dell’incontro tra Dio e gli uomini ma, ridotto a questo luogo di mercato, diventa solo un luogo dove cercare profitto. Gesù che ama questo luogo e vuole cercare il bene del tempio, cerca, con questa azione simbolica, di fare il bene della sua casa.
Così pure come emozioni per il bene degli altri sono quelle che spingono Gesù a compiere miracoli per sanare il male che è nel corpo di alcuni uomini che sono lì presso il tempio a mendicare. Gesù cerca il bene di quel corpo, che è tempio dello Spirito Santo, esattamente come ha cercato il bene di quel tempio di pietra che è la casa di Dio.
Così pure come è in primo piano quell’emozione di bene, di condivisione, di plauso che suscitano i bambini che inneggiano a Dio. Il loro canto è un canto di lode a Dio che, nella sua purezza, suscita sentimenti di bene in chi lo ascolta. Gesù si compiace, dunque, di questo bene che indirizza molti all’incontro con Dio Padre.
Dunque potremmo dire che un unico sentimento è nel cuore di Gesù: la costante ricerca del bene. Il bene della casa di Dio, il bene del tempio, il bene dell’uomo, sano o malato che sia, giovane o vecchio che sia. La ricerca del bene che viene dall’incontro con la Verità di Dio: questo è ciò che Gesù ha nel cuore.
Osea
Os 2, 16-19
Lettura del profeta Osea
Così dice il Signore Dio: «Ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acor in porta di speranza. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome».
Anche il profeta Osea mostra senza mezzi termini le emozioni che ha nel cuore. Il profeta sogna, autorizzato e sostenuto da Dio, un futuro in cui diventa possibile ristabilire un’alleanza piena tra il popolo di Israele e Dio. Sarà questa alleanza come una nuova partenza, un tornare a quei giorni dell’Esodo nei quali il popolo di Israele, uscendo dall’Egitto, ancora tutto preso dal comprendere i grandi benefici che Dio aveva suscitato per il suo popolo, si comportava con docilità e con rispetto per Dio. Il profeta sogna un futuro così e si domanda quando potrà essere reale un ritorno all’alleanza originaria con il popolo tutto. La risposta è nel segreto della festa che stiamo celebrando: il Natale è il tempo in cui appare la grazia di Dio e in cui diventa possibile restaurare ogni cosa in Cristo. Il profeta è un uomo che si emoziona per quello che Dio sta per fare, avendo a cuore una sola cosa: affrettare il tempo in cui Dio visita il suo popolo per farlo “risorgere” dalle sue stesse ceneri.
Ezechiele
18, 1-9
Lettura del profeta Ezechiele
In quei giorni. Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Perché andate ripetendo questo proverbio sulla terra d’Israele: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”?
Com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà. Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non mangia sui monti e non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato d’impurità, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l’affamato e copre di vesti chi è nudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall’iniquità e pronuncia retto giudizio fra un uomo e un altro, se segue le mie leggi e osserva le mie norme agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, oracolo del Signore Dio».
Il profeta Ezechiele ci educa con una parola complessa. Al tempo dell’Antico Testamento, si pensava che il peccato di una persona potesse essere, in qualche modo “punito” da Dio anche nei figli e, addirittura, fino alla terza e quarta generazione. È la spiegazione del proverbio: “i padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”. Gesù è di avviso completamente diverso. Tutti hanno una responsabilità personale sulla propria libertà. L’errore di un singolo, anzitutto, non è mai punito da Dio ma sempre messo sotto la luce della sua misericordia. Inoltre ciascuno è comunque responsabile della sua personale condotta, non certo per quella degli altri. Il profeta, dunque, sa comprendere le emozioni di Dio. Poiché l’unica vera emozione che Dio prova è quella della gioia che nasce dal perdono, ecco che il profeta va suscitando questa gioia anche presso gli uomini. Sarà Gesù a portare a termine questa predicazione, dal momento che sono suoi i gesti del perdono e della misericordia che sanno “emozionare” Dio con la conversione degli uomini, ma sanno anche “emozionare” gli uomini di fronte alla pochezza di ogni loro azione e di fronte alla maestà infinita di Dio.
Educare le proprie emozioni
La Parola di Dio di oggi ci dice che una vera educazione delle nostre emozioni, consiste proprio nel saperle rileggere alla luce della venuta del Signore. Poiché l’unica vera emozione di Dio è la gioia per il ritorno del peccatore, potremmo domandarci:
Come, concretamente, potrei provocare la gioia di Dio in questo Natale? Con quale azione farei gioire il Signore?
Io so gioire del perdono che ricevo?
So donare il perdono con gioia?
Qualsiasi altro sentimento, per lo meno, sarebbe inopportuno! Proviamo a chiederci, ormai a qualche giorno dal Natale, se le nostre emozioni sono in linea con quello che Dio pensa, prova, sperimenta, e ci mostra nella nascita e nella vita del Signore Gesù.