Rifugiarsi in Dio specie nei momenti difficili.
Mistero dell’Incarnazione,
Settimana della 1a domenica
Vangelo
La preghiera è come una casa costruita sulla roccia: non viene meno, non cede nel momento della tempesta, nel momento della difficoltà, nel momento del pericolo. Purchè sia una preghiera che non sia fatta solo di parole: “non chiunque mi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli…”. La catechesi del Signore è ampia e Gesù è tornato più volte su questo tema. Non sono le molte parole a dire l’efficacia di una preghiera. Non sono le parole spese davanti a Dio a dire l’importanza di appartenere a lui. Piuttosto, dice il Signore, vera preghiera è “fare la volontà di Dio”, che noi, all’inizio di questo avvento, tenendo ben presente la lettera pastorale del nostro Arcivescovo, potremmo anche tradurre così: impariamo a cogliere, nelle occasioni che la vita ci dona, quell’occasione propizia che fa di ogni tempo il tempo nel quale vivere per il bene. Soprattutto cerchiamo di imparare che la preghiera è davvero il rifugio per la vita, il rifugio per tutte quelle occasioni in cui sperimentiamo la nostra fragilità, la nostra debolezza, il nostro limite. La preghiera è la fida compagna di ogni giorno della vita dell’uomo ma soprattutto di quei giorni che diciamo difficili e incerti.
Gioele
Ci aiuta, in questa nostra scuola di preghiera, anche il profeta Gioele, che ci ha ricordato il fascino tremendo del giorno del Signore. Il profeta ci ha insegnato che c’è un giorno verso il quale tutti siamo in cammino, ed è il giorno del giudizio, come lo chiamiamo comunemente, ovvero il giorno nel quale Dio appare portando con sé la sua rivelazione finale e il giudizio per tutti gli uomini della terra. Come non temere questo giudizio, come non temere questo giorno? Evidentemente esso fa paura a tutti! Perché è chiaro che, se non ci consolasse il pensiero della misericordia di Dio, tutti noi avremmo a soccombere! Il profeta ci invita a rimetterci nelle mani della sua misericordia, ancora una volta non solo a parole, ma disponendoci a compiere quel richiamo al bene, al vero, al bello, al giusto che sono il “lasciapassare” per la vita eterna.
Ezechiele
Di fronte a testi come questo percepiamo smarrimento e avvertiamo tutta la difficoltà che viene da essi. Sono parole che vanno inquadrate nello spirito del popolo ebraico. Per la teologia biblica ebraica, è impossibile vedere il volto di Dio e rimanere in vita. Ecco perché Dio non si rivela mai così come è in sé, ma rivela solo ciò che è corollario alla sua gloria. Il profeta sta dunque insegnando che non è possibile descrivere Dio; il mistero affascinante della sua bellezza può essere descritto solo con i simboli: le ruote, gli occhi, i lampi, il tuono…
È questo anche un modo di affermare che ciascuno può comprendere il mistero di Dio che porta dentro di sé. È la coscienza il luogo in cui ciascuno può comprendere il volto di Dio e adorare il suo nome. È dalla coscienza che nasce quella purezza di spirito che sa diventare preghiera.
Scuola di Preghiera
La scrittura di oggi ci ha dunque detto che:
La preghiera non è fatta di molte parole;
È un rifugio in Dio specialmente nei momenti difficili della vita;
È attesa della piena manifestazione di Dio e della sua misericordia;
È intimo dialogo della coscienza con il Padre, di cui vedremo la gloria solo dopo la fine del tempo.
Così le scritture di oggi ci aiutano anche ad avvicinarci ad un altro dei pilastri fondamentali dell’Avvento: l’attesa del ritorno di Dio. Noi dovremmo pregare non solo per i nostri bisogni e necessità, ma anche perché “venga il suo regno”, cioè tutto, finalmente, si instauri in Lui, che è l’origine e la forza di ogni cosa.
Chiediamo al Signore queste grazie per proseguire bene il nostro cammino di Avvento.