Venerdì 20 Dicembre

Feria prenatalizia 4: il futuro.

Mistero dell’Incarnazione,

feria prenatalizia 4.

Il quotidiano, ricco di novità e di segni, diventa apertura al futuro. Credo sia questo il quarto segno, la quarta meditazione che possiamo fare nel cammino che ci siamo proposti per giungere ad un Natale che sia davvero un Natale di speranza.

Vangelo

Lc 1, 57-66
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.  

Un bambino che nasce, è, già di per sé, sinonimo di futuro. Un bambino che nasce è, già di per sé, attestazione di una speranza futura. Così per Elisabetta e Zaccaria. Quando videro, quando toccarono, quando tennero tra le braccia il piccolo Giovanni, chissà che emozione provarono. Poi il ritorno della voce in Zaccaria, e quel pronunciare quella lode, quella benedizione, quella preghiera che, per mesi, aveva custodito dentro di sé. Quante novità tutte in una volta sola. Novità che spinsero a chiedersi: che futuro abbiamo davanti?  Cosa ci sta dicendo Dio per il resto della nostra vita? Certo Zaccaria ed Elisabetta non erano i soli a chiederselo. Non solo Maria era con loro e condivideva queste loro domande, ma tutto il popolo della regione montuosa della Giudea, era scritto, “si domandava: che sarà mai di questo bambino?”. È la domanda circa il futuro. Quel futuro che si scopre sempre incerto, ma anche forte di benedizioni. Quel futuro che fa porre molte domande, ma che il credente sa, essere custodito da Dio. Quel futuro che è personale, ma che riguarda anche un popolo. Quel futuro che è sempre promettente, se lo attendiamo con fede, perché sappiamo bene che è Dio a custodirlo e a permetterlo. Così pensavano Zaccaria ed Elisabetta, che consegnavano quel figlio alla vita, che non sapevano cosa sarebbe successo di lui, ma confidavano in quel Dio che aveva dato loro quel figlio. Così pensava Maria, che continuava la sua attesa e che sapeva che, di lì a qualche mese, anche lei avrebbe visto quel Figlio misterioso che stava prendendo vita dentro di lei. Così pensa qualsiasi credente, che sa che il futuro è nelle mani di Dio, il quale, non conoscendo differenza di tempo, tutto tiene nelle sue mani e tutto guida con il suo amore e la sua provvidenza.

Rut

2, 19 – 3, 4a
Lettura del libro di Rut

In quei giorni. La suocera chiese a Rut: «Dove hai spigolato oggi? Dove hai lavorato? Benedetto colui che si è interessato di te!». Rut raccontò alla suocera con chi aveva lavorato e disse: «L’uomo con cui ho lavorato oggi si chiama Booz». Noemi disse alla nuora: «Sia benedetto dal Signore, che non ha rinunciato alla sua bontà verso i vivi e verso i morti!». E aggiunse: «Quest’uomo è un nostro parente stretto, uno di quelli che hanno su di noi il diritto di riscatto ». Rut, la moabita, disse: «Mi ha anche detto di rimanere insieme ai suoi servi, finché abbiano finito tutta la mietitura». Noemi disse a Rut, sua nuora: «Figlia mia, è bene che tu vada con le sue serve e non ti molestino in un altro campo». Ella rimase dunque con le serve di Booz a spigolare, sino alla fine della mietitura dell’orzo e del frumento, e abitava con la suocera.
Un giorno Noemi, sua suocera, le disse: «Figlia mia, non devo forse cercarti una sistemazione, perché tu sia felice? Ora, tu sei stata con le serve di Booz: egli è nostro parente e proprio questa sera deve ventilare l’orzo sull’aia. Làvati, profùmati, mettiti il mantello e scendi all’aia. Ma non ti far riconoscere da lui prima che egli abbia finito di mangiare e di bere. Quando si sarà coricato, tu dovrai sapere dove si è coricato».  

Anche per Rut, la donna che è venuta dalla campagna di Moab, la donna che lavora, vive, crede, spera in un paese straniero, si apre un futuro. Il futuro promesso da un parente stretto: Booz. Il futuro promesso da un “riscattatore”, uno di quegli uomini che ha il potere di cambiare la vita degli altri con una sua scelta. Possiamo solo lontanamente immaginare cosa doveva essere presente nel cuore di Rut. Le sarà stato spiegato dalla suocera cosa significava tutto questo nella legislazione di Israele. Le sarà stato spiegato perché quell’uomo aveva davvero la possibilità di cambiare il loro futuro. Chissà se Rut fece sogni, o attese quasi non sperando più in quel futuro ricco di promesse, lei che era una donna che la vita aveva maltrattato e che già aveva avuto modo di vedere come la vita può essere cattiva con gli uomini. Un futuro fa capolino nella sua mente, per le parole che altre le dicono e per la speranza che altri infondono dentro di lei. La speranza apre le porte ad un futuro da attendere, da amare, da custodire, da sognare. Per Rut tutto questo diventa nuovamente possibile.

Ester

7, 1-6; 8, 1-2
Lettura del libro di Ester

In quei giorni. Il re e Amàn andarono a banchettare con la regina. Il secondo giorno che si beveva, il re disse a Ester: «Che c’è, regina Ester? Qual è la tua domanda e quale la tua richiesta? Fosse anche la metà del mio regno, ti sarà data». Rispose: «Se ho trovato grazia davanti al re, sia risparmiata la vita a me, secondo la mia domanda, e al mio popolo, secondo la mia richiesta. Infatti siamo stati venduti, io e il mio popolo, siamo stati venduti per essere distrutti, uccisi e fatti schiavi, noi e i nostri figli, per diventare servi e serve; ma io finsi di non udire, perché quel calunniatore non è degno del palazzo del re». Disse il re: «Chi è costui, che ha osato fare queste cose?». Ester rispose: «Un nemico: Amàn è quel malvagio». Amàn fu preso da terrore in presenza del re e della regina.
Lo stesso giorno, il re Artaserse donò a Ester la proprietà di Amàn, il calunniatore, e Mardocheo fu chiamato dal re, perché Ester aveva rivelato che egli era legato da parentela con lei. Allora il re prese l’anello che aveva fatto ritirare ad Amàn e lo diede a Mardocheo, ed Ester stabilì Mardocheo su tutte le proprietà di Amàn.  

Un popolo destinato allo sterminio, un popolo che ha un nemico forte e potente, Aman, il primo ministro del re, scopre una cosa nuova, scopre una possibilità nuova, scopre che è possibile che altri si interessino a lui e diano futuro lì dove tutto sembrava finito. A dare futuro al popolo di Israele è una regina ed è il mondo della politica. Quel mondo che aveva tarpato ogni speranza a Israele, è il medesimo mondo che riapre la speranza ad un popolo che torna a pensare alla bellezza della vita e alla potenza di Dio che tutto può. Così muta la sorte. La sorte del potente Aman diventa futuro di disgrazia, di solitudine, di perdita di prestigio. La sorte segnata di Israele, che sembrava lutto e disperazione, diventa attesa di futuro, riabilitazione, possibilità nuova di vita… È Dio che tiene in mano le “sorti” di ciascuno. L’opera prima di Dio è dare futuro a ciò che sembrava senza speranza.

La novena di Natale/5: il futuro

  • Che futuro mi attende?

  • Cosa mi aspetto per il futuro?

  • Credo davvero che sia custodito da Dio?

  • Quale parola di speranza ricevo?

Certo, per noi il futuro assumerà valore diverso in base alla nostra età. Un conto è il futuro di chi è giovane, e attende la realizzazione della promessa di vita. Un conto è il futuro di chi è già anziano, o addirittura vecchio e può attendere solo che il proprio futuro sia lo stabilirsi in quella dimensione di Dio che chiamiamo vita eterna. Vero è che non c’è mai da disperare, che c’è sempre un futuro per tutti. Vero è anche che non dobbiamo illuderci ma capire che, ad un certo punto della vita, il cristiano crede e spera nella visione di Dio; convinti che Dio è il nostro riscattatore, che la “sorte” di ciascuno è nelle sue mani.

Il cristiano attende il futuro guardando a Cristo, “luce per illuminare le genti e gloria del popolo Israele”. È questo l’esercizio più forte di questa novena. Quell’esercizio che dovremmo compiere guardando il presepe dal quale Cristo dice a ciascuno di noi che c’è un futuro per tutti noi che attendiamo.

2020-01-12T10:26:59+01:00