Natale di Nostro Signore Gesù Cristo.
Messa nella notte Santa.
Carissima sacra famiglia,
benvenuta!
Benvenuta nella nostra chiesa di San Giulio, dove sei collocata ogni Natale, ma, quest’anno, come sai, ci siamo radunati proprio tutti insieme, le tre parrocchie della nostra comunità per lodare il mistero dell’incarnazione del Verbo. Normalmente stai collocata per mesi in un sottoscala della casa parrocchiale, ma da questa sera e per tutto il tempo di Natale tu, Sacra Famiglia, ci accoglierai qui in chiesa. Sii la benvenuta! Così, come sai, in questa notte santa e nel segreto di questa notte santa, vorrei colloquiare un po’ con te, quasi che, terminate le molte cose della preparazione, la visita alle famiglie e ai luoghi del lavoro di questa città, le novene, i ritiri, ci possa essere uno spazioo del cuore, che spero per tutti, diventi preghiera.
Cara Maria,
mi rivolgo anzitutto a te. A te che sei inginocchiata che tieni, con una delicatezza infinita quel lenzuolo che avvolge il tuo Gesù, a te che, con i tuoi capelli raccolti, poco o nulla dici della fatica di quel viaggio da Nazareth a Betlemme, del non trovare alloggio, del parto che rimane avvolto in un’ombra di mistero, esattamente come tu avvolgi Gesù nel suo lenzuolo.
Trasmetti a tutti, credo, un vivissimo senso di famiglia fortissimo, una premura che diventa cura e servizio. Trasmetti un vivissimo senso di adorazione di Dio, di adorazione quel figlio che stavi guardando, quella notte a Betlemme, per la prima volta. L’angelo ne aveva parlato, certamente con Giuseppe ne avrai discusso mille volte, anche su quella via infinita per Betlemme, ma ora, per la prima volta lo vedevi. Lui, l’atteso, il Messia promesso, colui che avrebbe redento il popolo dai suoi peccati… Così lo aveva chiamato l’Angelo, così lo aveva chiamato Elisabetta, dicendoti: “a che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?”. Eppure, per te, era il “tuo” Gesù, era il “tuo” figlio, quello che avevi portato in grembo, quello che ora potevi vedere, contemplare, ma anche toccare, accogliere, portare al seno. Il tuo volto, infine, Maria, mi pare che dica un vivissimo senso gioia, letizia, esultanza non dicibile, incontenibile, eppure trasmessa solo dallo splendore del tuo volto.
Cara Maria, mi sembra che tu duca proprio a me e a tutta questa “mia” comunità radunata attorno alla culla di tuo Figlio: solo una vita radicata in Gesù fiorisce! Solo dove la vita è radicata e fondata in Cristo fiorisce il senso di famiglia! Sai, Maria, di famiglie ne ho viste tante, in questi ultimi due mesi dedicati alle benedizioni. Famiglie extra large ed extra small, famiglie giovani e attempate, famiglie con i nonni e famiglie che piangono il lutto di una persona cara, famiglie ricche e famiglie meno abbienti, famiglie italiane e famiglie di stranieri… ce ne sono un po’ di tutti i tipi. Mi pare che siano in molti a credere ancora nella famiglia, anche se non mancano i problemi, le difficoltà, o anche se il cuore di molti giovani adulti è lontano da quel senso di famiglia che il Vangelo trasmette. Aiutaci tu, Maria, a capire che solo in una vita radicata in Cristo fiorisce il senso di famiglia. Ho trovato famiglie dove si crede e famiglie dove la fede è un po’ in disparte. Famiglie che hanno pregato volentieri e famiglie nelle quali dire un “Padre nostro” insieme è già un’impresa. Ho trovato famiglie dove il senso di Dio è quasi spento, ma anche famiglie che conservano ben acceso il loro lume della fede. Maria, aiutaci tu a capire che solo dove la fede rimane un valore di riferimento, si può arrivare a fondare la vita in Cristo per farla fiorire. Ho trovato famiglie in cui si gioisce per un nuovo figlio, per una promozione al lavoro, per un successo di un nipote, per una malattia superata, ma anche famiglie in cui si piange per una disgrazia, si prova sofferenza per una difficile situazione… Maria, aiutaci tu a capire che se la vita è radicata in Cristo, si accetta tutto e si trova il senso di tutto. Magari con fatica, ma dove regna l’amore di Dio non è impossibile trovare il senso di ogni cosa e arrivare a gioire di quella gioia che non è la spensieratezza, non è la tranquillità, ma è la gioia del sapere che Dio è con noi, Egli che è l’Emmanuele.
Caro Giuseppe,
chissà perché sei sempre in piedi, chissà perché sei sempre un passo indietro, chissà perché hai sempre quella tunica viola e quel mantello marrone, in qualsiasi statuina o affresco che ti ritragga. Sembra quasi che tu emani un senso di solitudine. Sembra quasi che, con la tua posizione, con il tuo abito, tu dica a tutti che sei solo. Eppure sappiamo che non è così. La vicinanza e la condivisione di vita e di fede con Maria, dicono il contrario. La vicinanza degli angeli, che tu sogni continuamente, dice ben altro! L’accoglienza che hai saputo esprimere al piccolo Gesù dice bene che la tua non è solitudine, ma, caso mai silenzio di contemplazione, di pensiero profondo, di accoglienza, di rispetto. Chissà se sapevi già che tu un giorno, saresti stato proclamato patrono della Santa Chiesa, proprio per quella tua discrezione, proprio per quel tuo silenzio che ti ritrae sempre così nella vita di Gesù, come presente, attivo, capace di protezione ma sempre silenzioso. Ma ne dubito, dal momento che, in quella notte, della Chiesa non c’era che l’ombra.
Forse è proprio da questa impressione di solitudine che trasmetti che faccio partire una ulteriore riflessione. Anche qui da noi, di solitudine, ce n’è molta. Non mi preoccupa tanto la solitudine degli anziani che, prima o poi, è un po’ un fatto naturale della vita e forse non è nemmeno del tutto sbagliata. Dà la possibilità di concentrarsi su quell’ultimo incontro che deve essere compiuto, quello con tuo Figlio, quello che tu hai contemplato nel presepe e per molti anni della sua vita, ma che noi tutti incontreremo con la morte, come tu sai benissimo, dal momento che sei anche il patrono di una buona morte. A preoccuparmi è la solitudine dei giovani, che non è l’assenza di compagnia, di amicizia, di relazioni. Si, in qualche caso c’è anche questo, ma a preoccuparmi è la mancanza di ideali, la scarsità dei valori, il vedere che la mia generazione non è stata capace di generare uomini e donne che, proprio a partire dalla condivisione di valori grandi, sapesse ulteriormente far crescere quella civiltà che è stata, per secoli, fondata sui valori del Vangelo. Così capita che chi ci prova, si senta incredibilmente solo. Mi pare però anche tu, San Giuseppe, come la tua sposa, mi risponda che solo una vita radicata in Cristo diventa capace di vincere al solitudine, diventa capace di vivere e trasmettere valori grandi, diventa capace di bene, sotto ogni profilo e sotto ogni aspetto. A dircelo sei proprio tu, che hai vissuto la tua vita tutta radicata in un misterioso e affascinante senso di Dio. Suscita anche in noi, San Giuseppe questo senso di Dio! Tu che sei il patrono della chiesa universale, suscita anche in noi questo desiderio di cose grandi questo desiderio di vero, di bello, di unico, di nobile, che può ancora radicare e fondare ciascuno in Cristo.
Caro Gesù Bambino,
tu sei il centro della festa. Tu non dici niente, ma sei al centro di tutto. Tu sei sotto lo sguardo protettivo di tuo Padre, di quello celeste, anzitutto, che ha predisposto ogni cosa per il tuo ingresso nel mondo ma anche di San Giuseppe, che veglia sopra di te. Tu sei al centro del cuore di tua Madre, che vive di te, vive per te. Tu sei colui che brilla nel presepe, infatti anche San Giovanni ti chiamava “la luce che illumina ogni uomo, la luce vera”, tu sei colui che riceve i Magi e i loro misteriosi doni, tu sei colui che venerano le piccole folle di pastori che invadono ogni presepe. Tu non dici niente, ma mi pare che ci lasci intuire che è la calda comunione di amore che genera il senso di Dio e ogni altro bene in ogni uomo, in ogni donna, in ogni bambino, in ogni anima che riesce a captare qualcosa, anche di infinitamente piccolo, del tuo mistero. La calda comunione di amore di Betlemme. La calda comunione di amore che coinvolge tutta la Sacra Famiglia, quella che riluce oggi nel presepe, quella che accoglie i pastori e i Magi, quella che venerano Simeone e Anna, quella calda comunione di amore che, nel corso dei secoli, ha dato adito alla più fervida fantasia ed ha collocato nel presepe ogni sorta di personaggio, quasi a dire che è previsto che ciascun uomo si affacci in questa realtà. La realtà di una calda comunione di amore che permette di radicarsi in te, come pure una calda comunione di amore che permette di fai nascere il senso di comunità e di Chiesa, ma anche una calda comunione di amore che permette di vincere ogni solitudine, come pure una calda comunione di amore che permette di risvegliare il senso di famiglia, o il senso di Dio, o la dimensione di gioia a cui è chiamata ogni vita umana. Caro Gesù bambino, chissà se, tra i doni che vorresti portare ancora all’uomo, c’è spazio anche per questa mia richiesta comunitaria: possa tu risvegliare quella calda comunione di amore che deve tenere uniti noi tutti.
La calda comunione di amore
È la calda comunione dell’amore che permetterà a noi di sentirci comunità unita, al di là delle differenze, delle storie, delle peculiarità che ha ciascuna nostra comunità.
È la calda comunione dell’amore che permetterà di superare quelle diffidenze che ancora abbiamo.
È la calda comunione dell’amore che ci aiuterà a comprendere che, in questo tempo di scarsa presenza di clero, è possibile risvegliare quel senso di responsabilità e di fattiva collaborazione ecclesiale che aprirà strade nuove all’evangelizzazione.
È la calda comunione dell’amore che aiuterà don Giancarlo a superare questo momento difficile della sua salute, come pure a don Ampellio e a monsignor Marco di vivere quella vecchiaia nella quale portare frutti ancora rigogliosi di bene, di servizio, di presenza, di testimonianza di quei valori cristiani che hanno reso felici e piene le loro esistenze sacerdotali.
È la calda comunione di amore che don Andrea sa sviluppare con tutti i ragazzi e le ragazze dell’oratorio che diventa segno promettente per questa comunità cristiana e per la città e, per questo, lo ringrazio.
È la calda comunione dell’amore che ci farà valorizzare il segno della presenza delle Madri Canossiane, luminosa presenza di bene silenzioso per la nostra comunità.
È la calda comunione dell’amore che ci permetterà di crescere in quel senso di famiglia, nel rispetto dei valori cristiani, indirizzati costantemente a quella gioia che nessuna solitudine della vita potrà toglierci.
È la calda comunione dell’amore che permetterà a ciascuno di sostare di fronte al presepe per stupirsi ancora che il Verbo nasca tra noi.
È la calda comunione dell’amore che permetterà a ciascuno di noi di radicarsi e di fondarsi in Cristo, autore di ogni vita e di ogni bene che fa fiorire le nostre esistenze.
Preghiera
Santa Famiglia di Nazareth,
dolce fonte della calda comunione dell’amore!
Donaci di radicare le nostre vite in Cristo Gesù.
Risveglia in tutti noi il senso di famiglia!
Donaci di aderire ai valori cristiani!
Salvaci da ogni solitudine della vita presente!
Sviluppa e favorisci in noi la nascita di un vero senso di chiesa!
Donaci quella gioia che può nascere solo da una calda comunione di amore!
E così sia!