Mercoledì 25 Dicembre – Santo Natale

Natale di Nostro Signore Gesù Cristo.

Certamente siamo venuti in chiesa quest’oggi con non pochi sentimenti e con molte riflessioni, certamente con qualche preghiera da presentare al Padre, ma, è probabile per tanti di noi, anche con una buona dose di poesia, convinti che questa Messa sia una delle tappe dell’anno liturgico da non poter saltare. Forse siamo qui un po’ persi nei nostri pensieri, magari già con il gusto della tavola di Natale o con il desiderio di qualche incontro che faremo o preoccupati perché dovremo sottoporci a riti e tradizioni che, in ogni famiglia, sono bellissimi ma, per certi versi pesanti o addirittura estenuanti. Vorrei che fermassimo i nostri pensieri ed emozioni, vorrei che ci concentrassimo, anche solo per qualche minuto su ciò che stiamo celebrando.

Ebrei

Eb 1, 1-8a
Lettera agli Ebrei

Fratelli, Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»? E ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio». Mentre degli angeli dice: «Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco», al Figlio invece dice: «Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli».  

Forse rimaniamo, allora, un po’ perplessi. Abbiamo sentito la seconda lettura: “Dio che aveva parlato nei tempi antichi in molti e diversi modi…”, e incominciamo a dirci che sì, forse è anche così, ma, appunto, è storia passata, è roba dei tempi antichi. Quando gli uomini erano semplici, quando la fede rivestiva un compito primario, ma, adesso, nel nostro mondo che conosce molte spiegazioni che l’uomo antico non conosceva, adesso che la fede non riveste più quel ruolo centrale che aveva secoli fa, ha ancora senso parlare di rivelazione? Ha ancora senso pensare che Dio parli all’uomo? E poi, come Dio parla all’uomo? Forse sono domande che ci portiamo dentro, forse sono anche dubbi che abbiamo nel cuore, magari anche perché rischiamo di costruire attorno al Natale un mare di favole, oppure di vivere molte manifestazioni umane di solidarietà, bellissime, caritatevoli, piene di affetto per l’uomo ma lontane da quel cuore che, invece, questo giorno celebra: la nascita di Cristo.

Isaia

Is 8, 23b – 9, 6a
Lettura del profeta Isaia

In passato il Signore Dio umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti.
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.  

Forse ci introduce a questi pensieri anche il profeta Isaia. Dove possiamo dire che “la gioia è aumentata”, dopo la nascita di Cristo? Come potremmo noi affermare che “il gioco che l’opprimeva è stato scalzato, rotto il bastone del suo aguzzino”, dal momento che vediamo bene che, anche dopo la nascita di Cristo, gli uomini continuano ad odiarsi, a farsi guerra, a cercare di prevalere l’uno sull’altro. Insomma, ci pare che questo Bambino di cui il profeta diceva: “il suo nome sarà Dio potente, padre per sempre, principe della pace”, non corrisponda poi molto alla verità. Non solo il mondo è andato avanti come andava avanti prima ma anche ora, dopo 2000 anni dal mistero dell’incarnazione, ben poco è cambiato e, non sempre, il cambiamento è avvenuto in meglio. E allora che fare? Accontentarsi di un Natale che è semplicemente una rievocazione del passato? Vivere una celebrazione di buoni propositi ed intenzioni, ma senza pensare alla fede, all’anima?

Vangelo

Assolutamente no. Ce lo spiega il Vangelo.

Lc 2, 1-14
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quei giorni. Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra
pace agli uomini, che egli ama».  

San Luca ci ha ricordato che in un mondo che andava come andavano le cose a quel tempo,  in un mondo che aveva la sua politica, i suoi poteri, la sua economia, Dio, in un angolo remoto della terra, alla periferia dell’impero, in Betlemme di Giudea, crea una calda comunione di amore che rende possibile l’inaudito: il farsi carne di Dio e il suo entrare nella storia.

La calda comunione di amore tra Maria e Giuseppe, che viaggiano per obbedire ad una legge ma, soprattutto, per obbedire a Dio e per far nascere il Messia atteso e promesso nella città di Davide.

La calda comunione di amore degli angeli che, dal cielo, guardano l’evento e partecipano, con la loro gioia e con la loro musica angelica, all’evento centrale della storia.

La calda comunione dei pastori che, provenendo dai dintorni di Betlemme, si recano alla grotta della natività per lasciarsi riscaldare il cuore da quella calda comunione di amore che custodisce e venera il Figlio di Dio.

Ad un mondo che va per la sua strada, ad un mondo che ha le sue leggi, i suoi potenti, la sua storia in bene e in male, Dio propone una calda comunione di amore come luogo dove si rivela la sua presenza e la sua potenza. Dicendoci così che sempre, in ogni tempo, in ogni luogo Dio nasce dove c’è una calda comunione di amore.

La calda comunione di amore

Carissimi, il senso di questo Natale, sta tutto in questa calda comunione di amore di cui ci hanno parlato tutte le scritture. È alla luce di questa calda comunione di amore che anche noi siamo chiamati a rileggere le nostre storie e a rimettere nelle mani di Dio le nostre vite. È alla luce di questa calda comunione di amore che possiamo sostare davanti al presepe. È sempre alla luce di questa calda comunione di amore che anche noi possiamo tracciare un possibile futuro per la vita nostra e per la vita  della nostra comunità.

È, infatti, la calda comunione dell’amore che permetterà a noi di sentirci comunità unita, al di là delle differenze, delle storie, delle peculiarità che ha ciascuna nostra comunità.

È la calda comunione dell’amore che permetterà di superare quelle diffidenze che ancora abbiamo.

È la calda comunione dell’amore che ci aiuterà a comprendere che, in questo tempo di scarsa presenza di clero, è possibile risvegliare quel senso di responsabilità e di fattiva collaborazione ecclesiale che aprirà strade nuove all’evangelizzazione.

È la calda comunione dell’amore che ci permetterà di vivere quei valori cristiani che sono alla base della nostra società cristiana, quei valori che generano la famiglia, il senso del futuro, l’attenzione alla felicità volta a vincere qualsiasi solitudine.

È la calda comunione dell’amore che aiuterà don Giancarlo a superare questo momento difficile della sua salute, come pure a don Ampellio e a monsignor Marco di vivere quella vecchiaia nella quale portare frutti ancora rigogliosi di bene, di servizio, di presenza, di testimonianza di quei valori cristiani che hanno reso felici e piene le loro esistenze sacerdotali.

È la calda comunione dell’amore che permetterà a ciascuno di sostare di fronte al presepe per stupirsi ancora che il Verbo nasca tra noi.

È la calda comunione dell’amore che permetterà a ciascuno di noi di radicarsi e di fondarsi in Cristo, autore di ogni vita e di ogni bene che fa fiorire le nostre esistenze.

Perché solo una vita radicata e fondata in Cristo fiorisce.

Con l’augurio che la fede che condividiamo, ci aiuti a sperimentare quella calda comunione di amore nella quale diventa possibile ogni cosa.

2020-01-12T10:26:26+01:00