Giovedì 26 Dicembre

Ottava di Natale, Santo Stefano Primo Martire.

Siamo sempre un po’ forse stupiti che, accanto alla culla di Gesù bambino, sia collocato un martire. Forse rimaniamo stupiti anche di questo Vangelo che ascoltiamo oggi. Ci domandiamo perché un vangelo così strano, per niente natalizio. La risposta viene dalla tradizione ambrosiana e, soprattutto, dai grandi commenti di sant’Ambrogio.

Sant’Ambrogio

Mt 17, 24-27
✠ Lettura del vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?».
Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei? ». Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Così scrive, anzitutto, nel commento Sui sei giorni della creazione: “Perciò gettò le reti e prese Stefano, che per primo salì dal Vangelo recando nella sua bocca lo statere della giustizia”.

Nell’Esposizione del vangelo di Luca, inoltre, leggiamo: “Forse questo primo pesce è il primo martire, che aveva in bocca il didramma, cioè il prezzo del tributo. Il nostro didramma è Cristo. E quel primo martire, cioè Stefano, aveva in bocca il tesoro, perché nella sua passione parlava di Cristo”.

E, da ultimo, nel trattato Sulla verginità troviamo scritto: “Su questa nave pesca Pietro, e gli viene ordinato di pescare, ora con le reti, ora con l’amo. Grande mistero! Pare infatti che si tratti della pesca spirituale con la quale si ordina di gettare nel mondo l’amo della dottrina, perché tragga dal mare il primo martire Stefano che aveva dentro di sé la ricchezza di Cristo, poiché un martire di Cristo è un tesoro della Chiesa”.

E sant’Ambrogio continua: “Dunque quel martire che per primo dal mare salì al cielo, catturato da Pietro per diventare ministro dell’altare, fu sollevato non dalla rete, ma dall’amo, perché fosse innalzato fino al cielo per il suo sangue versato, nella cui bocca c’era un tesoro, quando durante il martirio parlava di Cristo”.

Dunque il brano di Matteo che abbiamo ascoltato viene letto in maniera allegorica, come farà anche sant’Ilario di Poitiers, e lo scopriamo anche dalla didascalia che il lezionario ambrosiano pone all’inizio del racconto: “Il sangue dei martiri, seme dei cristiani. Paolo, moneta d’argento scaturita dal martirio di Stefano”.

Nella Chiesa

Noi, dunque, rileggiamo questo brano e ci lasciamo guidare dalla morte di Santo Stefano nella nostra condizione di credenti che venerano il Natale 2000 anni dopo questi eventi. Vogliamo, anzitutto, avere la consapevolezza che anche noi siamo coloro che, nel mare del tempo e della storia, venerano la dottrina di Cristo, come diceva il nostro Santo Patrono. Siamo cioè coloro che, nel corso della storia, vogliono onorare Cristo, vogliono conoscere Cristo, vogliono dare alla propria fede un posto di rilievo e di onore. Alla fede è dato il posto di illuminare tutta l’esistenza, tutta la vita. È per questo che onoriamo Stefano che, tra coloro che hanno seguito la dottrina di Cristo, è il primo martire.

Atti

Lettura degli Atti degli Apostoli

In quei giorni. Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato».
E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo. Disse allora il sommo sacerdote: «Le cose stanno proprio così?». Stefano rispose: «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.  

Esattamente come ci ricordavano gli Atti degli Apostoli. Dove Stefano trae la forza della sua fede? Dove prende il coraggio per stare a predicare nel tempio? Dove attinge quella forza, non solo di spirito, ma anche fisica, che serve per amministrare la carità? Unicamente e solamente dal mistero di Dio. La continua preghiera sulla passione, morte e risurrezione di Cristo, il continuo pensiero alle pagine del Vangelo, la meditazione assidua sulla vita di Cristo, sono ciò che ha spinto Stefano a dare esempio, con la propria esistenza, di quello che Cristo aveva fatto. La sua donazione è una donazione di amore pari a quella di Cristo, la sua accettazione del martirio è un’accettazione della morte pari a quella di Cristo. Non per niente San Luca, autore di questo brano, descriveva la morte del santo della carità come la morte di un altro Cristo.

Per Noi

La festa di Santo Stefano ha, dunque, un compito singolare e importante: quello di farci comprendere che la celebrazione del Natale non è una festa che deve riempire le nostre case e le nostre chiese, piuttosto è la celebrazione della nascita di Cristo per capire poi che si deve vivere come Cristo. Nella donazione di ogni giorno, nella vicinanza agli altri, nel sostegno della malattia, nell’amministrazione della carità, nella donazione generosa a chiunque entri in contatto con noi… chi ha “la dottrina di Cristo”, come ci diceva il nostro Sant’Ambrogio, vive poi come Cristo ogni giorno della vita. Potremmo anche dire che, se ieri abbiamo celebrato il ricordo della venuta di Cristo nel tempo e la nascita di Cristo secondo la carne, oggi dobbiamo celebrare la nascita di Cristo in noi, appunto come accadde a Stefano. Celebrare questa nascita vuol dire, unicamente, imparare a vivere con i valori di Cristo. Celebrare il Natale è questo: non il ritrovo delle famiglie, non la poesia dei canti e delle celebrazioni, ma quel rinnovarsi della mentalità che genera Cristo nel cuore di chi lo desidera e di chi lo cerca con attenzione e cura.

Auguriamoci che la festa di Santo Stefano ci aiuti a fare questo. Per non passare invano un altro Natale dei sentimenti, e non della grazia.

2020-01-12T10:26:26+01:00