Sobri per essere sentinelle.
Mistero dell’Incarnazione,
Settimana della 2a domenica
Vangelo
Nel suo ministero di taumaturgo, ovvero di guaritore, Gesù ha accostato molte persone malate. Chi nel corpo, chi nello spirito. L’indemoniato è uno di questi: un uomo che ha lasciato così grande spazio al mistero del male invocato dentro di lui, da essersi trasformato lui stesso in qualcosa di assolutamente maligno e pericoloso. Il ministero di verità e di benevolenza di Gesù non ha limiti. Ecco perché accetta di incontrare quest’uomo e di essergli vicino, con la sua forza. Forza che è liberatrice da qualsiasi forza demoniaca, da qualsiasi male. Forza che è forza di bene e di amore, capace di cacciare qualsiasi presenza demoniaca e di trasformare un uomo perduto in un araldo della misericordia e della benevolenza di Dio.
Il monito finale è un invito alla sobrietà che vale per tutti. Se un uomo vigila su se stesso, se un uomo non si piega al male, se un’anima persevera in uno stile di vita che è stile di sobrietà, di rinuncia a cose apparentemente attraenti, se un’anima sceglie uno stile di vita che è fatto di perseveranza, non cade in quel peccato che è chiamato “peccato contro lo spirito santo”. È il peccato dell’irresponsabilità nella scelta religiosa, è, tecnicamente, l’apostasia, cioè il rifiuto della fede e il disprezzo di Dio e delle cose di Dio. Oggi manca il coraggio di arrivare a tanto. Ma con un comportamento fatto di indifferenza, non si raggiunge lo stesso scopo? Con la pigrizia che, spesso, porta molti lontano da Dio, non si impara a rinnegare il Figlio di Dio e la fede in Lui? Ecco il richiamo alla sobrietà contenuto nel Vangelo, è la sobrietà della pazienza, è la sobrietà della perseveranza che permette di essere “amici di Dio” e quindi, al riparo da ogni pericolo che viene dalla dimenticanza del Regno di Dio e dalla soppressione della speranza cristiana che, invece, rende pieni i giorni di ogni uomo.
Gioele
Continuano le parole di benevolenza per Israele da parte del profeta Gioele. Sembra quasi che non ci sia un invito alla sobrietà nelle parole di oggi, perché, anche per chi conosce poco la geografia dell’Antico vicino oriente, si capisce facilmente che si sta parlando di conquiste, di estensioni territoriali, di “occupazione di spazi”, se vogliamo citare una dimensione che il Papa cita spesso e che vediamo incarnata e connaturale nei figli di Israele. Eppure, a mio avviso, anche questa lettura è un invito alla sobrietà per via del suo finale. “Il regno sarà del Signore”. Israele non conquisterà territori per sé. Non sarà forte perché avrà un forte esercito. Israele avrà successo se si fiderà di Dio, se il suo territorio sarà richiamo per tutti alla fedeltà, se il suo modo di vivere, di fare, di essere presente sulla terra, sarà occasione per testimoniare che Dio è presente in mezzo al suo popolo come è in mezzo a tutti gli uomini. Perché tutti sono amati e richiamati, dalla benevolenza di Dio, ad un comportamento di sobrietà che diviene esso stesso profezia.
Ezechiele
Il profeta Ezechiele continua invece la sua scrittura di testi terribili per Israele. Si capisce subito, senza grande bisogno di interpretazioni, il futuro difficile che viene prospettato ad Israele, la disfatta totale a cui andrà incontro. Al di là della profezia di sventura, si capisce però bene anche il richiamo alla libertà che viene proposto, perché torni ad essere libertà che sa sposare la sobrietà, allora, quando il popolo avrà recuperato la sobrietà a cui lo invita Dio, torneranno i segni della benevolenza. Dio salva non con i grandi numeri, non con i forti eserciti, ma con la piccolezza di chi si affida a lui, con la sobrietà delle persone povere che sanno, però guardare al suo volto e custodire la sua presenza. Di queste anime ha bisogno Dio per la salvezza del mondo, non di altro. Ecco il senso della Parola che abbiamo ascoltato ed ecco il richiamo alla sobrietà che anche il profeta ci dona.
Alla scuola della sobrietà
Papa Francesco ci invita spesso a non occupare spazi ma a generare processi. Forse noi abbiamo in mente ancora la logica dell’occupazione degli spazi: la logica di quando il popolo cristiano era numeroso, la logica di quando tutti andavano in chiesa, la logica di quando si costruivano le strutture per dire che la Chiesa era potente, la logica di avere un partito con il quale agire nella società. Ci sono stati tempi opportuni per questo! Adesso è un altro tempo. Adesso è il tempo di essere segno, il tempo di essere sentinelle, il tempo terribile nel quale vedere anche molte cose venire meno, così è stato anche il tempo del profeta Ezechiele. Ma come quel tempo divenne tempo di riscatto e di conversione, non potrebbe essere così anche per noi? Io credo di sì e lo sarà se recupereremo quella sobrietà che è il tratto distintivo degli amici di Dio. Anche oggi non manchiamo di riflettere su questa virtù per scegliere non tanto cosa vogliamo fare del nostro avvento ma, piuttosto, chi vogliamo essere. Oggi e sempre.