Giovedì 28 Novembre

Sobri per saper compiere cose buone.

Mistero dell’Incarnazione,

Settimana della 2a domenica

Vangelo

La sobrietà della bontà. La sobrietà che viene da un cuore buono, di chi sa vedere i bisogni e le esigenze degli altri. La sobrietà di chi ha una capacità di mettere prima il bene degli altri che il proprio, prima la felicità degli altri che la propria, prima l’interesse degli altri che il proprio. Questo è lo stile di vita di chi è buono. Nelle parole di Gesù vediamo brillare il suo stile di vita, lo stile di vita del figlio di Dio che è “venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.

Voi che siete cattivi…”. È il Signore che giudica noi! Cattivi perché pensiamo prima a noi stessi, prima ai nostri interessi, prima ai nostri diritti, prima alla nostra felicità e, poi, caso mai, al bene e alla felicità degli altri. Al massimo noi siamo buoni nel senso indicato dalla scrittura, solo con quelli di casa nostra, solo con quelli che amiamo, che ci sono vicini, che conosciamo bene!

Avere uno stile di sobrietà è avere la capacità “di estrarre dal suo buon tesoro cose buone”. È questo l’invito che vorrei lasciare a ciascuno di voi in questo giorno di Avvento. Per avere uno stile di sobrietà vero, cerchiamo di estrarre dal nostro buon tesoro quelle cose buone che tutti siamo capaci di fare e che tutti dobbiamo cercare di ottenere dall’esercizio della nostra libertà.

Aggeo

Il profeta Aggeo non sembra avere parole di sobrietà. Siamo di fronte alla scena del tempio distrutto e, quindi, di fronte ad un cumulo di rovine e il profeta chiede chi abbia visto il tempio al suo splendore, chi ricordi come era la casa di Dio per ricostruirla. Le immagini evocate non sono poi immagine della sobrietà: oro, argento, pietre preziose… lo stesso concetto di splendore non è certo amico della sobrietà! Perché Aggeo, profeta dal comportamento e dalla parola sobria, immagina un futuro tempio di splendore? Perché immagina una costruzione splendida e per niente sobria? Perché la casa di Dio deve risplendere come segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Lo splendore della casa di Dio deve parlare dello splendore di Dio stesso. Questo vale anche per noi oggi. Siamo chiamati a custodire l’eredità che ci hanno lasciato i nostri padri perché le nostre chiese siano splendide. Dal modo con cui curiamo la chiesa, si evince la qualità della nostra fede. Dal modo con cui viviamo lo spazio sacro, si capisce cosa abbiamo nel cuore, cosa abbiamo percepito del mistero di Dio. Se ci sarà zelo per la casa di Dio, avremo anche zelo per la nostra vita interiore e per la nostra anima. Se mancherà l’uno, mancherà anche l’altro! Non fermiamoci ad una prima lettura e mettiamoci a far risplendere anche la nostra chiesa segno della nostra fede.

Ezechiele

Il profeta Ezechiele ci sta parlando ancora con le immagini forti e terribili della devastazione, della solitudine, della morte, della guerra, del rendere a deserto una terra che prima era benevola. Perché? Perché il profeta sta indicando cosa accade quando un credente si allontana dalla sobrietà. Perdere quello stile di vita che è richiamato dalla fede, impone di cercare successo, guadagno, sopraffazione… tutte quelle cose che spengono l’ardore della fede e rendono l’uomo schiavo delle cose. Il profeta non tollera questo e richiama tutti al dovere di camminare umilmente accanto a Dio. Con forza, secondo lo stile che stiamo imparando a conoscere, il profeta richiama il pericolo di allontanarsi dalla fede. Chi infatti si allontana da Dio avvilisce la sua umanità.

Alla scuola della sobrietà

Credo che oggi tutti potremo avere modo di fare un esame della nostra coscienza per domandarci:

  • Cosa c’è nel mio cuore?

  • Cosa so estrarre dal tesoro del mio cuore?

  • Quali cose buone e quali cose cattive contraddistinguono il mio stile di vita e la mia ricerca di sobrietà di questi giorni?

Credo che anche questo giorno non passerà invano se noi decideremo di vivere con sobrietà i richiami che ci vengono donati per il bene della nostra anima.

2020-01-12T10:27:30+01:00