2° Incontro – Le difficoltà nella preghiera2022-10-30T20:20:54+01:00

Project Description

Le difficoltà nella preghiera
Le obiezioni alla preghiera

 

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Ripresa

Anzitutto dovremmo rimetterci, questa sera, nella condizione dei discepoli che vogliono imparare. Un po’ come si faceva a scuola, credo che dovremmo chiederci: cosa mi è rimasto della lezione precedente? Come ho curato la mia preghiera in questi quindici giorni? Domande semplici, ma che ci possono aiutare a riprendere il filo rosso che, altrimenti, rischiamo di non tenere.

Esercizio iniziale

Poi, come la scorsa volta, incomincio con un esercizio iniziale. Chiedetevi tutti, chiediamoci tutti:

  • Quali sono le mie obiezioni alla preghiera?
  • Cosa si muove contro la preghiera dentro di me, quando mi accingo a pregare?
  • Cosa risolve queste obiezioni?
  • Quali, invece, rimangono sempre vive e forti?
  • Quali difficoltà vivo nella preghiera?
  • Cosa faccio per risolverle?
  • Sento che anche gli altri possono avere difficoltà simili alle mie oppure vedo che la preghiera degli altri è più attenta, intensa, concentrata?

Obiezioni alla preghiera

Credo che il discorso più importante di questo secondo incontro sia quello delle obiezioni alla preghiera. Per obiezioni intendo proprio quello che si oppone alla preghiera dentro di noi. Ne cito alcune:

L’inutilità della preghiera. Può essere capitato anche a noi di dubitare dell’utilità della preghiera. Può essere che a qualcuno sembri un modo per evadere, per non rimanere concentrato sulle cose della vita, per proiettare su Dio le cose che non si riescono a risolvere e a contenere. In questo caso dubitiamo che serva a qualcosa mettersi nelle mani di Dio. Meglio fare da soli. È una tentazione molto forte che possiamo avere.

L’inefficacia della preghiera. Potrebbe essere accaduto che, di fronte ad una preghiera magari anche accorata e intensa, noi tutti, come oranti, abbiamo incominciato a dubitare che la preghiera serva a qualcosa. Moltissimi si saranno trovati in questa situazione quando non hanno visto esaudite le proprie preghiere, senza essersi domandati se la preghiera elevata a Dio chiedeva davvero che si compisse la sua volontà.

Un’obiezione più radicale consiste nel mettere in discussione che Dio ascolti l’uomo. Molti si domandano se è così vero che Dio ascolta il grido dell’uomo. A questo proposito citano alcune situazioni limite: la fame nel mondo, le malattie degli innocenti e magari anche la loro morte, le guerre, le carestie… Così si chiedono perché esistono queste cose se tanti pregano perché esse si risolvano.

L’obiezione più radicale mette davvero in crisi la stessa esistenza di Dio. Dal momento che Dio non ci ascolta, deducono alcuni, non dovrebbe essere così già chiaro che Dio non esiste? È un’obiezione molto forte, che viene da più parti.

Ci sono sicuramente molte altre obiezioni che potrete trovare voi, ciascuno avrà un po’ la sua.

Difficoltà nella preghiera

Diverso è il discorso sulle difficoltà nella preghiera. Perché chi prova difficoltà, non mette in discussione l’utilità della preghiera, l’esistenza di Dio, il fatto che ci ascolti, ma si concentra a vedere quali sono i momenti più difficili della propria preghiera. Ne cito alcuni:

La mancanza di tempo. È già emersa la volta scorsa ma la ripeto. Molti collocano la preghiera tra le diverse attività della giornata e così si crea un problema, la cui unica soluzione è non pregare! Così si taglia un’attività.

La concentrazione. È capitato a tutti, io credo, di non avere una preghiera concentrata. Ci si siede davanti a Dio, ci si ritira in atteggiamento di preghiera e viene in mente di tutto, dalle cose da fare, alle cose da dire, alle cose da rivedere, ai giudizi espressi… o anche a cose molto più banali ma utili alla vita, cosa fare da mangiare… Il problema della concentrazione nella preghiera è, in effetti, “il” problema di molti oranti.

Ll non sapere cosa dire. Conosco molte persone che, di fronte al silenzio di una chiesa, vanno in crisi. Se si siedono davanti ad un tabernacolo o a un crocifisso o a una statua della Madonna, la permanenza è di pochi secondi, perché ci si sente a disagio, non si sa cosa dire, non si sa come approcciarsi. Ci sono oranti che provano questa difficoltà ma che vivono tutte le manifestazioni della preghiera liturgica, perché guidata. Questa paura è quella che viene dal sentirsi soli davanti a Dio.

Il non ricordare le preghiere. Poiché, per qualcuno, pregare è dire delle “orazioni”, molti non ricordando bene nessuna orazione, si sentono in difficoltà, vanno in crisi, non sanno come procedere.

Il sentirsi a disagio. Conosco anche persone che si sentono profondamente a disagio nel silenzio davanti a Dio. Un disagio così forte che cercano, a tutti i costi, di fuggire dalla preghiera per non sentirsi a disagio interiormente.

La pigrizia. Magari proprio per uscire, recarsi ad un luogo di preghiera. Magari è la difficoltà con la quale hanno anche lottato molti di voi nell’uscire stasera, nel cercare il perché dedicare questa serata autunnale a Dio…

Anche qui potrete andare avanti voi e cercare, ciascuno, la difficoltà che ora, nel tempo presente, vi attanaglia.

Vorrei che cercassimo rifugio nella Sacra Scrittura per capire qualcosa di più sulla difficoltà della preghiera o sul disagio che si prova nella preghiera.

il sogno di Giacobbe

Gn 28, 10-22

Partiamo con un primo esercizio, una prima piccola lectio divina. Saranno tutte così quest’anno, più che lectio divine costruite, cercheremo poche note del testo ma molti spunti di riflessione personale.

Il contesto

Siamo nelle scene della vita di Isacco. Giacobbe, come ricorderete, ha appena carpito la primogenitura, con tutti i suoi diritti, al fratello Esaù che ora lo odia. Esaù, sentendo avvicinarsi la morte di Isacco, pensa di uccidere Giacobbe, suo fratello, per ritornare in possesso della primogenitura. È Rebecca, la madre di Esaù e Giacobbe, che cerca di proteggere Giacobbe e lo manda da suo fratello Labano. Giacobbe è dunque uno che si sente peccatore: ha “rubato” un diritto a cui non avrebbe potuto accedere. Sa di “averla combinata grossa”. Ha paura di tutto, di tutti, perché non sa più chi è con lui e chi è contro di lui nella tribù che è la sua casa. In fondo ha paura anche di Dio.  Non sa bene come pregare. Non sa bene cosa fare. È in questo momento, quando dunque si sente peccatore ed è fuggitivo, che Dio gli parla. Notate che è Dio che gli si manifesta. Il sogno è una costante della manifestazione di Dio, pensate anche a San Giuseppe. Ci sono tutti gli ingredienti per dire che le cose vanno male. Giacobbe è solo, fuggitivo, passa la notte all’aperto, non ha di meglio che una pietra come guanciale. Eppure è lì che Dio gli si rivela. In un momento in cui lui non prega perché ha anche paura, in un momento in cui le difficoltà e le obiezioni devono avere avuto la meglio su di lui, è Dio che prende l’iniziativa. Nel sogno c’è una scala e gli angeli di Dio che salgono e che scendono su di essa. È un’immagine bellissima di comunione. Gli angeli sono coloro che portano la preghiera davanti a Dio e portano la sua parola agli uomini. È una splendida immagine di comunicazione. Dio non è solo in comunione con gli uomini, anche quando essi sono fuggitivi, preoccupati, impauriti. Dio parla loro. Cosa dice Dio?

“Io sono il Dio di Abramo tuo padre e di Isacco. La terra sulla quale sei coricato, io la darò a te e alla tua discendenza”. Provate a immedesimarvi in un peccatore che pensa che Dio lo fulminerà e che scopre che Dio si presenta come uno che è in comunione con lui, che dialoga con lui e che si presenta con un dono. E non da poco: una terra dove abitare!

“Io sono con te e ti proteggerò”. È la seconda affermazione. Immedesimatevi in uno che sta fuggendo, che non sa bene cosa sta facendo e dove sta andando e si sente dire che Dio lo protegge. Proprio lui, che è uno che non ha rispettato il diritto di famiglia! E ancora: “io non ti abbandonerò senza avere fatto tutto quello che ti ho detto”. Ha dell’incredibile! Dio promette una presenza duratura nel tempo.

Di qui la risposta di Giacobbe: “certo il Signore è in questo posto e io non lo sapevo”. C’è tutta la sua sorpresa ma, insieme con essa, anche tutta la capacità di superare dubbi, difficoltà e obiezioni alla preghiera, tanto che Giacobbe, svegliatosi, si mette subito a costruire un piccolo altare che diventi un memoriale di quello che gli è successo, perché non solo lui, passando, ma tutti, possano capire cosa si ricorda in quel luogo. Subito un voto: “se il Signore sarà con me, mi darà pane e vesti per coprirmi, se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio”. Tecnicamente Giacobbe emette un voto. Fa una promessa. La promessa di avere fede, la promessa di pregare, se si realizzerà la promessa di Dio. Se notate chiede cose pratiche: salute, abiti, cibo. Non proprio cose spirituali! Eppure sono la preghiera di Giacobbe, il suo modo per superare difficoltà e obiezioni. Cose che lo inducono a pensare alla fede. Giacobbe promette di avere fede, se continuerà a percepire la benedizione di Dio attraverso gli eventi della vita.

L’insegnamento

Credo che il primo insegnamento sia di una bellezza eccezionale. La Scrittura ci dice che quando ci sentiamo lontani da Dio, quando le obiezioni e le difficoltà prendono il sopravvento e noi ci sentiamo lontani da Dio, quando abbiamo commesso qualche peccato per il quale pensiamo che, prima o poi Dio ci fulminerà, Dio si manifesta come il Dio della misericordia, dell’ascolto, della comunione. Credo che molti di voi abbiano già fatto questa esperienza, perché Giacobbe ci assicura che questa esperienza avviene nelle cose della vita. Sono gli eventi, sono le cose che capitano che ci dicono la presenza di Dio e che ci parlano della sua vicinanza di tenerezza.

Un secondo insegnamento. Con Dio si parla come ad un amico.  Giacobbe chiede a Dio le cose che avrebbe chiesto a suo padre. Si rivolge a Dio come si sarebbe rivolto a suo padre. Chiede quelle cose pratiche che gli stanno a cuore. La preghiera è questo.

Si superano paure ed obiezioni lasciandosi sorprendere da Dio, parlando con lui a partire da quello che la propria vita permette di capire. Ecco la realtà fondamentale che ci viene proposta.

Compito a casa

Da qui al prossimo incontro:

  • Rileggi la tua vita, ciò che ti capita. Ripensa a tutto quello che ti appartiene come qualcosa voluto da Dio per il tuo bene, anche quando dovessi essere un peccatore che erra fuggitivo.
  • Prova a parlare con Dio. Fai anche tu una promessa, se è il caso.
  • Fai un atto di fede, come Giacobbe. Magari condizionato, ma pur sempre atto di fede.

chi ci separerà?

Rm 8, 31-39

Brano conosciutissimo. Letto, riletto, cantato (magari ai funerali…)

Il contesto

Siamo nella lettera ai Romani e, quindi, nella lettera della maturità di Paolo: la più difficile, la più densa di contenuti teologici, la più aperta a mille possibilità di rilettura. Siamo nella sezione centrale della lettera. Paolo sta insegnando le novità della vita del cristiano in Cristo. È qui che Paolo pronuncia queste parole bellissime. A chi pensa che le proprie obiezioni alla fede possano cancellare per sempre il senso di Dio, a chi pensa che la propria obiezione alle pratiche della fede possa far distogliere lo sguardo di Dio su di sé, Paolo dice: “chi ci separerà?”. Avete visto che Paolo fa un lungo elenco di cose tutte negative della vita e si chiede: in quale esperienza uno può sentirsi abbandonato da Dio? Di per sé in tutte queste esperienze. Eppure egli dice: no! Non c’è nessuna esperienza, non c’è nessuna condizione, non c’è nessun luogo nel quale uno possa sentirsi abbandonato da Dio, dimenticato dalla sua bontà, allontanato dal suo sguardo. Non esiste nulla del genere. Mai, in nessun tempo, in nessun luogo. Uno non sarà mai abbandonato dall’amore di Dio. Paolo risolve così anche tutti i dubbi, le obiezioni, le difficoltà che ha provato lui. Pensate a uno che è ferrato nell’ebraismo, uno che odia i cristiani, uno che pensa di servire Dio perseguitando i cristiani. Uno che, improvvisamente, capisce che ciò che sta facendo non viene da Dio e, soprattutto, non gli è gradito! C’è da impazzire! Paolo pensa di aver buttato via la sua vita, di avere sbagliato tutto.

L’insegnamento

Quanti uomini, quante donne hanno fatto la stessa esperienza! Paolo avrebbe potuto avere altri sbocchi della vita. Invece, sorprendentemente, dice: io so che Dio mi ha preso per mano! Io so che Dio mi conduce dove vuole lui! Io so che Dio mi parla! Io so che il mio unico compito è stargli vicino, è parlare con lui. Non conta ciò che ho fatto, ma conta la mano che Dio mi tende. Perché Dio, in Gesù Cristo, tende a tutti una mano. Occorre solo afferrarla! Ecco l’insegnamento di Paolo. Dietro a queste parole si sente la sua personale esperienza. Dietro a quello che è detto a tutti, si sente la sua convinzione. Paolo ci dice che, dentro le obiezioni e i dubbi che tutti abbiamo, dentro le difficoltà della preghiera che proviamo, c’è già Cristo. Occorre lasciarci prendere per mano da lui, che si rivela a noi nella Parola e nella forza dei sacramenti. Paolo ha capito questo e insegna questo a tutti. Addirittura Paolo ci dice che quelle esperienze che noi riteniamo lontananza da Dio, possono essere esperienze di vincita spirituale. Se si afferra la mano di Cristo, tutto diventa possibile, anche le cose difficili o impensabili di una vita. Così prende una luce chiara anche l’attesa del futuro. Paolo ci dice con chiarezza che il futuro di tutti, per quanto incerto per tutti, è nelle mani di Dio. Il cristiano affronta con questa speranza le cose della vita. Non la speranza che le cose si sistemino da sole, o che passino, o che si risolvano per l’intervento di qualcun altro, o magari un intervento miracoloso del cielo. A Paolo basta sapere che Dio accompagna l’uomo in tutte le sue esperienze. Questo è il modo per essere vincitori!

Compito a casa

Vi lascio allora un secondo compito a casa. Credo che queste parole di Paolo siano una preghiera da ripetere. Adesso, andando a casa, nei prossimi giorni. Quando non avrete voglia di pregare, quando sentirete la debolezza della vostra preghiera, quando vi accorgerete di aver passato una giornata senza senso perché ne sono capitate di tutte, ditevi: “se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”. Provate allora a riprendere in mano questo testo, magari allargandolo a tutto il capitolo 8. Provate a rileggerlo. Provate a lasciare che Dio vi si riveli. Come a Giacobbe, come a Paolo, partendo dalle esperienze che farete.

Pregare con i salmi

Infine, come ad ogni appuntamento, cerchiamo di pregare con un salmo. Vi consiglio, in questa seconda serata, di pregare con il salmo 3.

Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.

3 Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».

4 Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa
.

5 A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.

6 Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:
il Signore mi sostiene
.

7 Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata.

8 Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio!
Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici,
hai spezzato i denti dei malvagi.

9 La salvezza viene dal Signore:
sul tuo popolo la tua benedizione
.

Vi invito a gustare le espressioni che vi ho sottolineato. Provate a ripetervi che il Signore vi sostiene. Provate però a dirvi anche che la salvezza viene solo dal Signore. È proprio di questa salvezza che noi abbiamo bisogno. È questa salvezza che dobbiamo cercare. È questa salvezza che ci deve accompagnare. Ogni giorno di vita ma… facciamo almeno fino al prossimo incontro!