Project Description
La Preghiera di fronte alla morte
Ripresa
Siamo alla terza serata delle giornate eucaristiche e vogliamo stare con Gesù di fronte alla sua morte, nell’ora del dolore, mentre, come abbiamo detto anche ieri sera, contempliamo la Santa Eucarestia.
Esercizio iniziale
Incominciamo con un esercizio iniziale. Chiedetevi tutti, chiediamoci tutti:
- Come prego quando c’è qualche persona cara che vive “nell’ombra della morte”?
- Con quale parola di Dio sappiamo accompagnare questi momenti difficili della vita di un uomo?
- Come possiamo crescere in questa dimensione di accompagnamento?
- Come preghiamo quando pensiamo alla nostra morte?
Cerchiamo di capire a cosa siamo chiamati lasciando che sia la Parola di Dio ad aiutarci, come al solito e rileggiamo insieme i due brani che illuminano la morte del Signore Gesù.
la morte di gesù
Mt 26, 36-46
Il contesto
Siamo ormai nel contesto della passione, la cena è già stata consumata e vissuta e, ora, Gesù entra in quella fase che è la preghiera nell’orto degli ulivi. Una preghiera fondamentale, unica, assolutamente singolare, una preghiera profondissima, solitaria. Solitaria perché i discepoli, pur richiesti di vegliare e di pregare, partecipando, in qualche modo, alla preghiera del Signore, dormono, si assopiscono, sentono tutta la fatica del vegliare, non sono in grado di portare a termine quell’operazione che è lo stare in compagnia del Signore.
“La mia anima è triste fino alla morte!”. Se c’è un dato fondamentale che i Vangeli mettono in luce a questo proposito è la tristezza del Signore. È una registrazione importante e fondamentale dello stato d’animo del Signore. Nell’imminenza della sua morte il Signore prova tristezza.
“Padre mio se è possibile passi da me questo calice”. È l’altra invocazione fondamentale del Signore nel contesto della sua passione. Questa espressione del Signore chiede a Dio una forza straordinaria dello Spirito per vivere ciò che sta per accadere. Il Signore ha chiesto per sé un dono speciale dello Spirito di Dio per affrontare l’ora. L’ora della solitudine, l’ora della passione, l’ora della morte. Gesù pensa sempre come il Padre, vive ciò che vive il Padre, ama come ama il Padre e, per questo, chiede al Padre, nel momento culminante della vita, che lo Spirito di Dio lo sostenga mentre dovrà provare solitudine, tristezza e angoscia, come dice il Vangelo, tre realtà che si oppongono a Dio e che, per questo, generano opposizione assoluta. Gesù chiede al Padre di poter assumere e vivere ciò che gli sta davanti, ovvero il mistero della morte, che è ciò che maggiormente si oppone a Dio, che è la Vita! Ecco il senso della preghiera di Gesù che accetta anche di compiere questo passo per amore del Padre e per amore di quell’umanità che ha accompagnato e che continuerà a sostenere ed accompagnare.
“Pregò di nuovo, per la terza volta”: i Vangeli sono anche concordi nel dirci che la preghiera del Signore viene ripetuta per tre volte. Le parole sono le medesime, molto simili tra di loro, e servono per dirci che la preghiera di fronte alla morte non è stata qualcosa di estemporaneo, ma è stata pensata, voluta, meditata, ripetuta più volte a sottolinearne sia l’importanza che la solennità.
L’insegnamento
Ecco, dunque, un primo insegnamento della preghiera del Signore di fronte alla morte. Gesù prova i sentimenti degli uomini, che vengono condensati in questa tristezza di cui si parla; la preghiera del Signore è una preghiera particolarmente accorata, una preghiera che diventa insistenza pura; la preghiera del Signore diventa richiesta dello Spirito di Dio per accettare ciò che maggiormente si oppone a Dio: la morte. Ecco tre tratti che però dobbiamo mettere in relazione con l’altro insegnamento, quello di Gesù sulla Croce, altra pagina che conosciamo tutti benissimo.
Lc 23, 39-44 e Mc 14, 33-39
Cominciamo da San Luca, con la partecipazione alla Croce, al dolore e alla morte di quello che chiamiamo il “buon ladrone”.
“Oggi sarai con me, in paradiso”. Il contesto è mutato. Gesù è ormai sulla Croce da qualche ora, insieme con lui ci sono i due malfattori che sentono gli insulti e le ingiurie che provengono dal popolo. Uno dei due, il “buon ladrone”, ha una preghiera commovente: “ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Una preghiera dolcissima, perché chiede solo un ricordo. Ecco che Gesù risponde in modo del tutto inaspettato, offrendo non il ricordo, bensì la comunione con Lui. Oggi sarai con me nel paradiso! È già un’affermazione di salvezza, è già un’attestazione di salvezza. Il buon ladrone ottiene la certezza che quel giorno stesso, per lui, si sarebbero aperte le porte del regno dei cieli. Gesù offre non solo misericordia, perdona questa persona dai suoi peccati e dai suoi mali, ma apre alla speranza. Le ultime ore di vita di quell’uomo, la sofferenza che era già in corso e quella ulteriore che sarebbe presto arrivata, hanno avuto una speranza a cui aggrapparsi. Quando tutto ciò sarebbe finito e sarebbe arrivata la morte, non ci sarebbe stato l’oblio del nulla, ma la comunione del paradiso. Il ladrone ha vissuto le sue ultime ore così: in preda ad una sofferenza atroce, ma aperto alla speranza. La speranza di non essere solo, la speranza di avere, nel Cristo, un riscattatore, la speranza di vedere, nel Cristo, colui che lo avrebbe introdotto nella vita eterna. Una visione completamente diversa sulla morte da quella che quest’uomo aveva e, soprattutto, una consolazione molto forte. Quest’uomo non muore solo, ma pieno di quella speranza che Dio gli ha acceso nel cuore. Immagine bellissima di come si muore.
La morte del Signore
Molto più complesso, anche se a noi molto più familiare, il discorso sulla morte del Signore, che celebriamo solennemente nella Pasqua.
“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Come sappiamo è la citazione del salmo 22. Un salmo molto noto, molto pregato da tutti i contemporanei di Gesù e, quindi, una preghiera molto conosciuta e utilizzata da Gesù stesso. Cosa dice il salmo e perché Gesù lo cita? Il salmo è stato scritto da un orante che vive una sofferenza grande e, in questa sofferenza, si sente come abbandonato da Dio. Non mette minimamente in discussione la presenza di Dio, la sua benevolenza, la sua capacità di accompagnare e di provvedere a tutte le cose. Piuttosto questo orante esprime la sua “lontananza” da Dio, il suo “non sentirlo presente”. È un dubbio atroce quello che è nel cuore di chi ha scritto questo salmo: possibile che Dio sia presente nella vita degli altri e non nella mia? Possibile che tutti avvertano la presenza di Dio e non io?
Gesù riprende queste parole e le fa sue. In Gesù è sempre all’opera la consapevolezza che il Padre gli è vicino e lo sostiene, come dice anche il Vangelo di Giovanni. Però, in questo momento, intende fare sue le parole, le preghiere, il lamento di coloro che non sentono la presenza di Dio nel momento della solitudine, della sofferenza, quando sono nel momento della morte. Gesù cita queste parole per dire a tutti che la sua presenza c’è, egli è vicino a qualsiasi persona che vive la sofferenza, la solitudine, la paura di morire, l’incapacità di affidarsi a Dio Padre. Gesù è vicino a tutti coloro che vivono questa difficoltà e, per questo, la fa propria.
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. La riprova viene dall’ultima preghiera di Gesù sulla Croce, l’ultima parola che Gesù ha pronunciato prima di morire. Gesù utilizza, vive, esprime una parola di affidamento. Gesù chiude gli occhi alla scena di questo mondo rimettendosi, con fiducia, nelle mani di Dio Padre. È una preghiera bellissima, una preghiera che esprime tutta la comunione tra Gesù e il Padre. Gesù, avendo vissuto fino alla fine la volontà di Dio, si rimette nelle sue mani affidandosi completamente al Padre. Di qui, poi, tutti i segni che fanno da contorno alla morte del Signore: il velo del tempio che si squarcia, il terremoto e tutte le altre cose che continuiamo a leggere nel Vangelo e che conosciamo molto bene.
L’insegnamento
Gesù, dunque, vive il suo morire come atto di piena fiducia nel Padre, rimettendosi nelle sue mani, consegnandosi semplicemente all’amore di quel Padre che lo ha sostenuto in tutte le cose della vita e in tutte le forme del suo ministero.
Gesù ha fatto questo facendo proprie anche le parole di chi fatica a comprendere, di chi fatica a consegnarsi nelle mani di Dio, le parole di chi esprime distanza, lontananza, solitudine, paura, angoscia, e ogni altro sentimento che l’uomo può provare di fronte al morire.
Noi di fronte alla preghiera in occasione della morte.
Ho scelto di concludere con questo tema, perché, come ho detto anche introducendomi a questa serata, tutti sperimentiamo la morte di qualcuno che ci è caro e tutti, prima o poi, dobbiamo anche preparare la nostra morte. Sono esperienze che abbiamo già fatto, sono esperienze che ripeteremo ancora. Come possiamo accompagnarle?
Non dobbiamo vergognarci della gamma di sentimenti che proviamo quando siamo in queste situazioni. La gamma dei sentimenti è quella di chi vive anche la tristezza, l’angoscia, la solitudine, la paura. Di fronte alla morte tutti viviamo una reazione diversa che, in qualche modo, ci fa partecipare all’esperienza di Cristo. Anche noi siamo stati creati per la vita e, quindi, avvertiamo ciò che si oppone alla vita come qualcosa di doloroso, difficile, incomprensibile… noi siamo invitati, anzitutto, a mettere questi sentimenti nelle mani di Dio. Ecco il primo passaggio che dobbiamo fare.
In secondo luogo, credo che emerga con molta chiarezza che tutti noi siamo chiamati a vivere sia l’accompagnamento nella morte sia la nostra morte, con le parole della fede, con i salmi, con le parole di Gesù. Soprattutto, dovremmo dire, con i salmi. Anche noi siamo chiamati, come Gesù, a prendere molto sul serio la possibilità di pregare con le parole della fede per dare anche più senso alle emozioni che viviamo e che scopriamo dentro di noi, senza soccombere sotto di esse. Un dato fondamentale che la Scrittura ci lascia è proprio questo: non soccombiamo di fronte alle emozioni, ma diamo alle emozioni la possibilità di esprimersi, illuminate, fortificate, sostenute dalla Parola di Dio che è sempre un aiuto per vivere bene quello che portiamo dentro di noi.
In terzo luogo, noi dovremmo essere quelli che sentono vere per loro le parole di Gesù al buon ladrone. Sostenuti dalla speranza che il buon ladrone ha vissuto grazie alla Parola del Signore, anche noi dovremmo vivere il giorno della morte di una persona cara, ma anche il giorno della nostra morte come il momento nel quale entreremo nella comunione definitiva, piena, vera con Dio. Il cristiano vive così la morte, come un consegnarsi nelle mani di Dio dal quale abbiamo ricevuto come dono la vita e, in essa, ogni altro bene.
Infine, credo che i brani biblici che abbiamo riascoltato questa sera ci permettano di dire che anche la nostra preghiera in occasione della morte di qualcuno o in preparazione alla nostra morte, dovrebbe essere una preghiera particolarmente insistente e particolarmente forte.
Vorrei concludere con un’immagine. Come credenti spero che tutti desidereremmo chiudere gli occhi alla vita tra i nostri cari, certamente, ma in un contesto di fede. Non in mezzo a gente senza fede che non fa altro che negare quello che sta accadendo, ma in mezzo a persone di fede che sanno dire una preghiera di accoglienza di un mistero, di affidamento alla volontà di Dio, di apertura di uno spiraglio sul Mistero dell’Eternità, di accompagnamento di un’anima verso il cielo. Questo possiamo viverlo adesso, mentre siamo noi quelli che devono accompagnare la preghiera in occasione della morte di un proprio caro. Augurandoci, un giorno, di essere anche noi l’oggetto di una preghiera di questo genere.
Conclusione
Questa serata è anche la conclusione della scuola di preghiera. Cerchiamo di riprendere i contenuti perché impariamo tutti a pregare in modo autentico e fruttuoso davanti al Signore.