9° Incontro – La preghiera di contemplazione2023-02-10T21:23:02+01:00

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La preghiera di contemplazione

 

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Ripresa

Siamo nel vivo di questo secondo ciclo di scuola della preghiera e questa sera vogliamo concentrarci sulla preghiera di contemplazione. È una delle forme più difficili di preghiera e, forse, non ci appartiene più di tanto. È per questo che ci lasceremo anche aiutare da due testi biblici per nulla facili.

Esercizio iniziale

Incominciamo con un esercizio iniziale. Chiedetevi tutti, chiediamoci tutti:

  • Ho mai approfondito la preghiera di contemplazione?
  • Cosa significa contemplare?
  • Cosa penso in prima battuta quando sento la parola contemplazione?
  • So che esistono forme vocazionali apposite di preghiera di contemplazione?
  • Cosa penso delle persone che hanno una chiara vocazione di vita contemplativa?

Contemplare

La preghiera di contemplazione è la preghiera di chi si sprofonda in Dio, di chi si immerge in maniera unica, profondissima, singolare nel mistero di Dio. Ci sono molti esempi di uomini, di donne che si sono dedicati completamente alla preghiera di contemplazione in modo diverso. In una prima analisi potremmo dire così: la preghiera di contemplazione è la preghiera di chi loda Dio perché c’è, perché è Dio, perché interviene nella storia degli uomini, perché è degno di lode Lui solo. Vediamo tre testi biblici, uno di San Paolo e due dell’Apocalisse che ci possono aiutare.

La contemplazione di paolo
2 Cor 12, 1-10

Il contesto

Siamo nella seconda lettera ai Corinti. Come sappiamo e come magari ricordiamo anche da altri testi di Paolo a questa comunità, Paolo sta scrivendo ad una Chiesa che ama, una Chiesa che ha tante risorse, una Chiesa nella quale si vivono diversi ministeri e vocazioni. Ma è anche una Chiesa divisa, una Chiesa problematica, una Chiesa che manifesta tanti aspetti critici. Una Chiesa molto pratica, una Chiesa dove la gente si lascia un po’ prendere la mano, potremmo dire, da un super attivismo. Ecco che Paolo colloca questo brano assolutamente autobiografico che spiega cosa è la preghiera di contemplazione.

“Bisogna vantarsi? Ma non conviene!”. La questione del vanto è una tipica questione di Paolo. Come ebreo, la eredita dal giudaismo. I giudei si vantavano perché erano il popolo di Dio, perché non erano come tutti gli altri popoli della terra, soprattutto si vantavano della legge di Mosè che faceva di loro un popolo speciale. Paolo è partecipe di questo vanto e nelle sue lettere non manca anche di specificarlo. Anzi, il vanto di Paolo si accresce anche a motivo della sua formazione curatissima e del suo zelo prima come persecutore e, poi, come evangelizzatore. Paolo avrebbe molti motivi per vantarsi, quindi, sia come ebreo che come cristiano. Ma, appunto, non conviene vantarsi! Proprio per questo narra la sua esperienza.

“So di un uomo in Cristo che 14 anni fa fu rapito al terzo cielo”. Paolo sta parlando di sé stesso, di una sua esperienza, eppure, come sentiamo, non racconta in prima persona ma in terza persona, quasi fosse l’esperienza di un altro. È il grande rispetto per la contemplazione che spinge Paolo a vivere questa forma di racconto. Paolo ricorda la data esatta di quell’esperienza, 14 anni prima del momento in cui scrive e ricorda i caratteri fondamentali dell’esperienza: essere rapito al terzo cielo. Non ricorda se fu esperienza corporea o se fu rivelazione spirituale. Sa solo questo, che ha contemplato il mistero di Dio in una forma pura. Paolo era dedito alle opere, viaggiava, era un predicatore instancabile e, spesso, lavorava anche come tessitore di tende per procurarsi da mangiare senza essere di peso alle comunità che lo ospitavano. Eppure, in mezzo a tutto questo attivismo, Paolo dice chiaramente che ciò che conta, alla fine, è la contemplazione del mistero di Dio. Quella contemplazione pura, gratuita che Dio offre alle anime che si consegnano a Lui.

“Udii parole indicibili che non è lecito ad alcuno proferire”. È il vertice dell’insegnamento di Paolo. Paolo, trasportato al terzo cielo, sente che le anime presenti lodano Dio, cioè pregano, in una maniera assolutamente differente da quella che si fa sulla terra. È la preghiera degli spiriti puri che contemplano il volto di Dio e che vedremo tra poco nell’Apocalisse. Paolo ode le parole ma non può riportarle, perché è una preghiera di contemplazione purissima che non è di questo tempo.

“Perché non montassi in superbia mi è stata posta una spina nella carne…”. L’esperienza singolare di contemplazione pura a cui Paolo accede potrebbe diventare, per lui, occasione di vanto enorme. Paolo invece non si vanta, ma capisce che anche quello è dono di Dio. Capisce anche che, fino a quando durerà il suo pellegrinaggio sulla terra, la sua preghiera non potrà essere che uguale a quella di tutti gli uomini. Per quanto intensa, per quanto pura, per quanto bella, profonda… non potrà mai essere come quella preghiera udita in cielo. Ecco che Paolo prende consapevolezza delle limitatezze dell’uomo, delle debolezze che tutti gli uomini condividono. Nemmeno lui, l’apostolo elevato fino al terzo cielo, ne è esente. Tutti, lui compreso, possono offrire a Dio anche queste debolezze. Paolo sente forte il peso di avere come una spina nella carne, che è il peso dell’umanità che non può mai passare. Paolo è conscio di poter offrire a Dio solo la propria limitatezza.

“Ti basta la mia grazia…”. Cosa fare, allora? Soffrire perché non si può essere per sempre in quella contemplazione beata perché la preghiera, per quanto pura, è limitata? No, certamente! Paolo comprende che quando c’è la grazia di Dio c’è tutto. Un uomo offre a Dio quello che può, secondo quello che gli viene possibile fare. Questo è già il massimo che ogni uomo può fare e questo è già ciò che rende a Dio gradita la preghiera di quell’uomo. Il credente va avanti a contemplare quello che può del mistero di Dio, cercando di rendere sempre più vera la sua contemplazione, ma consapevole che fino a che siamo sulla terra ci sono anche una serie di debolezze, limitatezze, piccolezze che non possono venire meno. Ma, appunto, basta la grazia di Dio! Questo è sufficiente!

“Perciò mi compiaccio nelle infermità e debolezze: quando sono debole è allora che sono forte!”. Paolo, anima profondamente contemplativa, pur in mezzo alle mille cose del suo ministero, comprende che solo offrendo a Dio le proprie debolezze e solo rimanendo in contemplazione del suo mistero nasce in lui il desiderio di arrivare a quella contemplazione perfetta che è la vita eterna.

L’insegnamento

Credo che il primo insegnamento è quindi quello di non cedere alle pressioni dell’attivismo. Non basta darsi da fare per il gusto di fare. Al cristiano appartiene anche il desiderio di vedere Dio. Tutte le attività del credente devono avere un’origine divina e devono condurre a Dio, altrimenti rischiano di essere un vano darsi da fare.

Il secondo insegnamento: la preghiera di contemplazione pura è solo quella della vita eterna. Ora ci possiamo avvicinare, possiamo “allenarci” ma la pura contemplazione è riservata all’eternità.

Il terzo insegnamento: una vera preghiera di contemplazione è quella che offre a Dio la propria limitatezza.

Il quarto insegnamento: la contemplazione non si oppone alle difficoltà, alle angosce della vita, alle cose di cui è pieno il tempo presente di ciascuno di noi.

Contemplare significa fare esperienza di Dio che, in mezzo alle debolezze della vita, infonde la sua grazia e permette di proseguire nel cammino.

Compito a casa

Da qui al prossimo incontro:

  • Rileggi la tua storia di fede: pur in mezzo alle cose del tempo, nasce il desiderio di contemplazione?
  • Quali limitatezze, angosce, “spine” offrire a Dio per giungere alla contemplazione del suo volto?

Ap 1, 5-8

Il contesto

Siamo all’inizio del libro dell’Apocalisse, il libro della rivelazione, della consolazione. Giovanni scrive questo libro per consolare i fedeli che stanno compiendo il loro pellegrinaggio verso la vita eterna e sentono il peso delle cose del tempo. Come si vede, con altro linguaggio, con altri modi di comunicarlo, ma il cuore del messaggio è molto vicino a quello di San Paolo.

L’insegnamento

Le parole di Giovanni sono chiare. “A colui che ci ama e che ci ha liberati dai nostri peccati nel suo sangue e ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli Amen”. La preghiera di San Giovanni si rivolge direttamente a Cristo, che ci ama e che libera l’uomo dai peccati. Dunque la preghiera di contemplazione è una preghiera cristologica. È una preghiera che imita quella di Cristo, si unisce a quella di Cristo e diventa lode per il Padre che lo ha mandato presso gli uomini.

Ancora un’altra consapevolezza: “Io sono l’Alfa e l’Omega, colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente!”. San Giovanni afferma chiaramente che la preghiera di contemplazione è quella che ci fa sprofondare nel mistero di Dio che è l’esistente da sempre, colui che era, è e viene. Così Giovanni attesta che la vita dell’uomo è tutta nelle mani di Dio da cui proviene ogni bene ed è anche attesa del suo ritorno. La preghiera di contemplazione è quella che ci fa riconoscere questa verità, è quella che ci mette in comunione con Dio che è da sempre e del quale noi attendiamo il ritorno. Come professiamo nel credo, il nostro tempo è proteso da un lato al ricordo della venuta di Cristo rivelatore del Padre e dall’altro è attesa del ritorno di Cristo Signore della storia. Contemplare vuol dire ricordare queste cose, mettersi a giudicare la storia da questo punto di vista, sapere che non solo non siamo soli, ma che la nostra esistenza è tutta uno stare in attesa del ritorno di Cristo. Contemplare il volto di Dio significa stare davanti all’Onnipotente, colui dal quale tutto dipende, colui che tutto può.

Ap 4, 8-11

Un secondo brano che cito è quello costituito da questi pochi versetti nei quali Giovanni ci mostra un’altra visione. È la visione della corte celeste. Domina il simbolo dei quattro esseri viventi, i teriomorfi, che sono anche il simbolo degli evangelisti. Essi “giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, Santo, Santo, il Signore Dio Onnipotente, Colui che era, che è e che viene”. È la stessa preghiera di contemplazione che Giovanni ha già messo in apertura del suo libro. Questa preghiera è una preghiera continua, giorno e notte, senza mai cessare. È la preghiera di chi vede il volto di Dio e non cessa mai di contemplare la sua maestà. Aggiunge poi l’ultima preghiera: “Tu sei degno, Signore Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché hai creato tutte le cose e per la tua volontà furono create e sussistono”. La contemplazione pura comprende anche questo aspetto: sapere che tutto ha origine in Dio, prende senso da Lui, esiste fino a che Dio lo vuole. Difatti questo brano ha questo titolo nella Bibbia di Gerusalemme: “Dio affida all’agnello i destini del mondo”. Contemplare, quindi, non è uscire dalla storia ma, partendo dalla propria storia, capire che occorre rimettere tutto nelle mani di Dio dal quale proviene ogni bene, ogni grazia, ogni realtà della vita.

L’insegnamento

Questa è propriamente la preghiera di contemplazione delle monache e dei monaci di clausura. Essi hanno ben presente le vicende del mondo, non sono per nulla estraniati dalla realtà della storia. Al contrario la vivono e la accompagnano con quella preghiera di contemplazione di chi si rimette nelle mani di Dio e rimette la storia di tutto il mondo nelle sue mani.

Vivere la preghiera di contemplazione è possibile anche a noi? Ovviamente sì. Ci sono alcune preghiere fondamentali della Chiesa e alcuni metodi di preghiera che inseriscono, immettono nella contemplazione di Dio. Per esempio la preghiera di adorazione eucaristica, dove noi non siamo chiamati tanto a leggere, a dire, a cantare, a “fare” qualcosa, ma dovremmo solo stare a guardare l’ostia bianca, ripetendoci nella testa magari proprio le parole che abbiamo riletto insieme dal libro dell’Apocalisse. Queste parole ci aiutano a prendere familiarità con il mistero di Dio e a desiderare anche noi di essere inseriti in questo mistero, come realmente accadrà alla fine della nostra esistenza.

È una forma indispensabile di preghiera? Ovviamente ogni anima ha il suo modo di pregare ma anche i suoi tempi di preghiera. Ci sono tempi in cui è più opportuno stare a contemplare, momenti in cui bisogna intercedere per gli altri, momenti in cui bisogna chiedere per sé, momenti in cui anche noi possiamo fare esperienza del “gemito”… la preghiera cristiana ha varie forme. Ciascuna di esse è possibile all’orante in diversi momenti della vita. Anche se è vero che ciascuno di noi dovrebbe un po’ esercitarsi in esse, magari superando anche le fatiche che ogni metodo di preghiera genera in noi.

Come contempleremo nella vita eterna? Partecipando alla preghiera dei santi, degli angeli, dei vegliardi, delle potenze, dei troni, delle dominazioni… Sono i nomi di tutte le realtà celesti che troviamo nel Nuovo Testamento. La vita eterna consisterà nella partecipazione a tutte le preghiere di questi innumerevoli spiriti purissimi che sono già nel mistero di Dio.

Compito a casa

Vi lascio allora un compito a casa, da mettere in atto per la prossima volta. Suggerisco di partecipare ad un momento di adorazione eucaristica, cercando di vivere queste caratteristiche della preghiera di cui abbiamo parlato questa sera. Possiamo farlo anche adesso, mentre esponiamo il Santissimo Sacramento. Vi ricordo poi che tutti i mercoledì la S. Messa delle 20.45 termina con l’adorazione. Forse potrebbe essere anche questo un aiuto che diamo per vivere bene la preghiera di contemplazione così come ci viene suggerita dalla Scrittura.

Pregare con i salmi

Infine, come ad ogni appuntamento, cerchiamo di pregare con un salmo. Vi consiglio, in questa sesta serata, di pregare con il salmo 145.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome
in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome
in eterno e per sempre.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
Una generazione narra all’altra le tue opere,
annunzia le tue meraviglie.
Proclamano lo splendore della tua gloria
e raccontano i tuoi prodigi.
Dicono la stupenda tua potenza
e parlano della tua grandezza.
Diffondono il ricordo della tua bontà immensa,
acclamano la tua giustizia.
Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all’ira e ricco di grazia.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

10 Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
11 Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
12 per manifestare agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
13 Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni generazione.

14 Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
15 Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa
e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
16 Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente.

17 Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
18 Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero.
19 Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.
20 Il Signore protegge quanti lo amano,
ma disperde tutti gli empi.

21 Canti la mia bocca la lode del Signore
e ogni vivente benedica il suo nome santo,
in eterno e sempre.