Project Description
La liturgia scuola di preghiera
In Cristo il sì fedele e l’Amen della Chiesa
Ripresa
Invito sempre a chiederci, prima di iniziare un nuovo incontro, come è andato questo tempo, queste ulteriori due settimane che ci distanziano dall’altro incontro. Come abbiamo reagito alle difficoltà e obiezioni alla preghiera? Credo che ciascuno avrà un po’ le sue risposte ma anche i suoi ulteriori dubbi e difficoltà.
Questo terzo incontro è il più difficile di questa prima sezione. Prendiamo in analisi la liturgia come fonte ma anche come punto culminante della nostra azione di preghiera. Anche oggi raccomando un esercizio di inizio della nostra scuola.
Esercizio iniziale
Invito a chiedersi:
- Cosa intendo per liturgia?
- A quali forme della liturgia partecipo?
- Oltre alla liturgia della Messa, quali forme liturgiche conosco?
- Conosco e approfondisco la liturgia?
- Cosa mi frena, cosa mi sembra sia solo rituale?
- Cosa non capisco della liturgia, specie quella della Messa?
- Cosa vorrei capire per vivere meglio la liturgia?
La liturgia
La liturgia è uno dei punti fondamentali e determinanti della nostra fede cristiana. Noi viviamo le espressioni fondamentali della nostra fede attraverso forme liturgiche. Pensiamo alla Messa, pensiamo ai Sacramenti, in generale. Funerali, anzitutto, ma poi anche la Confessione, la Cresima, il Matrimonio… ogni Sacramento ha la sua forma liturgica, che magari conosciamo bene e che pure è fondamentale e determinante. Dovremmo pensare, poi, alle altre forme di preghiera che sono meno praticate dai fedeli, in senso numerico, ma che costituiscono un altro patrimonio importantissimo per altri. Pensiamo alla liturgia delle ore, almeno alle lodi e ai vesperi che anche nella nostra comunità vengono celebrati con ordine e puntualità. Pensiamo al rosario che, praticamente, diventa il modo con il quale attendiamo la celebrazione della Messa. Invocando Maria, chiediamo a Lei di aiutarci nella concentrazione per ascoltare la Parola ed entrare in comunione con il Figlio suo diletto. Ogni forma di preghiera comunitaria ha la sua liturgia.
Eppure, nonostante una certa familiarità con forme e tradizioni liturgiche, avvertiamo anche il peso della liturgia. Già nella Messa, lo sentiamo. Alcuni evitano la celebrazione proprio perché fortemente ordinata, proprio perché è un insieme di riti, di formule, di espressioni alle quali occorre rispondere nel modo che si conviene. Se vogliamo trovare qualche risposta alle nostre domande e obiezioni, dobbiamo guardare al Concilio Ecumenico Vaticano II, che è uno dei fari fondamentali per illuminarci su questo tema, con le riprese che ne sono poi conseguite. La costituzione sulla Sacra Liturgia è la prima sulla quale si è espresso il Concilio. Questo ci indica anzitutto l’importanza che la liturgia ha nella Chiesa, ma ci dice anche come i padri si confrontarono su questo tema per dare un po’ l’avvio ai lavori conciliari. Vi cito una ripresa che credo sia illuminante e che è di San Giovanni Paolo II che, nel 25° del Concilio, ebbe a commentare con queste parole la costituzione Sacrosanctum Concilium: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Gv 17,3)» (Vicesimus quintus annus, n. 7). Mi piace molto questa idea del “luogo privilegiato”. Tutti noi abbiamo dei “luoghi dello Spirito” che sono sia dei luoghi fisici dove ci troviamo meglio a pregare, dall’altro lato luoghi metafisici cioè quell’insieme di tradizioni, preghiere, pratiche di devozione con le quali ci sentiamo pienamente a nostro agio. Il luogo privilegiato, ci dice il Papa, deve essere la liturgia. La liturgia è quindi qualcosa da conoscere, da amare, da rispettare. Credo che qui ci sarebbe già la fine di questa serata, perché tutti siamo invitati a guardare a noi stessi per chiederci se rispettiamo, amiamo, approfondiamo la Sacra liturgia. Purtroppo, dobbiamo dirlo, spesso pieghiamo la liturgia ai nostri bisogni. Anche gli abusi di cui abbiamo sentito parlare nell’estate, ci dicono che noi utilizziamo la liturgia ma non la amiamo! Certo non tutti! In comunità abbiamo anche dei momenti di formazione liturgica, ma tutto questo rimane quasi un percorso per esperti, mentre dovrebbe essere un richiamo per tutti i fedeli!
Ancora vi lascio due indicazioni di riflessione che vengono dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che ci aiutano a proseguire nella nostra riflessione.
“Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153).
La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum”.
La liturgia è dialogo. È un’altra idea che mi piace molto. Nella liturgia – pensate alla Messa – il fedele non è spettatore. È attore a tutti gli effetti. Interviene, risponde, canta, sta in silenzio, a seconda dei momenti. Tutto questo avviene perché risponde, con le parole ma anche con il corpo – sedendosi, alzandosi, inginocchiandosi – alle diverse proposte di preghiera che si vivono all’interno del rito. Forse dovremmo valorizzare più e meglio questi momenti, che sono un modo con il quale noi entriamo in dialogo con Dio partendo dalla liturgia.
La terza idea mi sembra ancora più avvincente: l’altare è il nostro cuore! Magari, dicendo queste parole non ci pensiamo nemmeno più di tanto. Eppure provate a pensare quanto è vero praticamente. Quante volte noi veniamo a Messa con un’intenzione particolare, che affidiamo a Dio soprattutto nel momento della consacrazione, nel momento dell’elevazione, nel momento culminante di ogni celebrazione. Sull’altare c’è davvero il nostro cuore, perché lì mettiamo tutte le intenzioni fondamentali della nostra vita. Questa comunione di intenzioni dice, poi, la verità del nostro dialogo con Dio. Noi, in questi momenti, ci esprimiamo come siamo capaci, come riusciamo, come possiamo. È la parte più interessante della nostra preghiera, quella che sentiamo più nostra, quella che sentiamo più propriamente “attiva”. Quella che, sbagliando, contrapponiamo alla parte più rituale, senza capire che le due cose vanno insieme, che non c’è l’una senza l’altra, che senza questa parte rituale noi saremmo deficitari di qualcosa.
C’è anche una quarta sottolineatura, una quarta idea che vorrei diventasse uno spunto di riflessione per la nostra scuola di preghiera. Vorrei sostare un attimo sul dialogo che introduce il prefazio, nella Santa Messa:
Sac Il Signore sia con voi
T E con il tuo spirito
Sac In alto i nostri cuori
T Sono rivolti al Signore
Sac Rendiamo grazie al Signore nostro Dio
T È cosa buona e giusta!
Credo che riteniamo queste parole come qualcosa di assolutamente rituale, formale, immodificabile, forse i più critici diranno addirittura superfluo e, i soliti incontentabili, incomprensibile! Proviamo a chiederci: cosa ci sta dicendo la liturgia? Come ci sta educando? In verità in questo dialogo la liturgia ci sta dicendo che dobbiamo elevare il nostro cuore dalle miserie della vita alla contemplazione di Dio. Le miserie del cuore sono le piccole cose della nostra vita, quelle che diventano, spesso, il contenuto della nostra preghiera, ed è cosa buona, ma che non possono essere il tutto della preghiera! Ecco perché le parole di questo dialogo vorrebbero farci dilatare i confini del cuore, vorrebbero elevarci al piano di Dio, ci chiedono di alzare gli occhi e di contemplare come, in Cristo, tutto giunge alla maestà di Dio, il quale accompagna ogni uomo nella sua storia, proprio attraverso il dono del Figlio che si immola per noi e che desidera entrare dentro di noi, in comunione con noi. Il concetto è forse un po’ difficile, ma indispensabile. Credo che dilatare i confini del pensiero, imparare a pensare in grande, sia per tutti un’occasione di crescita. Comprendere che, nella liturgia in genere e soprattutto nell’Eucarestia, noi affidiamo a Dio la nostra preghiera attraverso Gesù Cristo che si immola per noi e riceviamo come risposta la Parola di Cristo e, nella Messa, il suo corpo e il suo sangue, è fondamentale se, appunto, non vogliamo svilire i sacramenti e renderli “cose”. La liturgia ha questo “potere”. Apre la mente, scalda i cuori, ci eleva a Dio, ci dona la presenza di Cristo. Tutta la liturgia. Pensate a come la Parola di Dio può aprire i nostri orizzonti quando noi celebriamo la liturgia delle ore. I salmi sono Parola di Dio, non sono altro che parole degli uomini, parole di antichi oranti, illuminati dallo Spirito Santo, che ci possono aiutare a rileggere la vita e a programmare i nostri giorni, ad entrare in comunione con Dio. Guai se facessimo della liturgia delle ore un treno sul quale salire per giungere, in breve, a fine corsa! Sarebbe bello leggere i salmi con calma, soffermarsi su qualcuna delle espressioni che ci colpiscono di più… è in questo modo che la liturgia apre la mente e scalda il cuore. Oppure la liturgia dei sacramenti. La confessione, se ben vissuta, è lode a Dio per il suo amore e confessione della colpa, in un dialogo misterioso tra l’anima e il Padre che assolve e perdona. L’adorazione eucaristica non è altro che il soffermarsi dinnanzi a Dio per parlare con lui… così, come vedete, ogni liturgia ha lo stesso scopo. Aprire le menti, elevare i cuori. Le formule possono essere standardizzate, ma vedete quale grande tesoro racchiudono? A chi critica chiederei: abbiamo di meglio? Abbiamo di meglio per dire, in poche parole, tutte queste cose? Oppure dobbiamo lasciarci guidare da questa tradizione liturgica che è il tesoro che abbiamo ricevuto e che possiamo vivere?
Concludo questo primo momento con una citazione della Sacrosantum Concilium: “è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano” (n. 11).
La liturgia chiede collaborazione. Il rito non è magia. Il rito inizia, finisce, la celebrazione dura quello che dura. Se vogliamo che ci sia un frutto spirituale per noi è necessario che ci sia una collaborazione. Collaborazione che ci apre e che ci dischiude quegli orizzonti che, altrimenti, ci rimangono preclusi.
Quello che abbiamo detto “in teoria”, spiegando con queste quattro idee le verità sottese alla celebrazione di ogni liturgia, ora merita una illuminazione biblica. È per questo che, nella seconda parte di questa serata, prendiamo un testo biblico importantissimo, magari non così tanto conosciuto, eppure illuminante per ciascuno di noi.
In Cristo il sì fedele e l’amen della chiesa
2 Cor 1, 3-14.19-20
Testo molto difficile, soprattutto nella seconda parte, mentre la prima è di facile comprensione.
Il contesto
Siamo nel contesto delle lettere ai Corinzi, comunità molto amata e molto vicina al cuore dell’Apostolo Paolo. Paolo ha, con questa comunità, una vera e profonda comunicazione del cuore. L’apostolo si sente capito e, per questo confida ai credenti di Corinto ciò che è presente nel suo cuore. Paolo ha passato un periodo difficile ma ha sentito la consolazione di Dio. Quella consolazione che viene dalla preghiera e dalla liturgia. È la preghiera comunitaria, è la celebrazione del Sacramento che ha consolato Paolo nei momenti più difficili della propria esperienza e del proprio apostolato. Per questo, ora, lo comunica ai suoi amici, ai fedeli di Corinto. La parola consolazione, il verbo consolare ricorrono una infinità di volte nel testo che abbiamo ascoltato. Paolo ci lascia, dunque, questo primo insegnamento: la liturgia, la preghiera, è consolazione.
L’insegnamento
Insegnamento che è indispensabile anche per noi tutti. La preghiera comunitaria, la liturgia che celebriamo è consolazione. Ogni espressione di preghiera e ogni liturgia dovrebbero essere così. In questa serata vorrei che noi inquadrassimo proprio la liturgia nella dimensione della consolazione. Detto in parole molto semplici, ogni volta che celebriamo un sacramento, ogni volta che ci troviamo insieme per una preghiera comunitaria, dovremmo tornare a casa consolati. Credo che questa esperienza non ci sia del tutto estranea. Infatti spesso, dopo una Messa, dopo una celebrazione della riconciliazione, dopo una recita del Santo Rosario, ci sentiamo meglio. La liturgia è fonte di consolazione per tutti coloro che l’accolgono per quello che essa è.
Compito a casa
Da qui al prossimo incontro:
- Cerchiamo di partecipare alla liturgia perché fonte di consolazione
- Cerchiamo di vivere bene ogni liturgia come dialogo
- Cerchiamo di capire le grandi realtà di ogni rito e le ricchezze che esso, sempre, nasconde da un lato e dona dall’altro.
Il sì e l’amen
L’insegnamento
Siamo sempre nel medesimo contesto della lettera. Paolo ci spiega perché ha scoperto la consolazione di Cristo operante in lui. Con parole molto semplici Paolo guarda alla tribolazione della vita di Cristo. Come ha risposto il Signore Gesù alle contrarietà della sua vita? Come ha risposto a tutto ciò che lo ha condotto fin sulla Croce? Come ha risposto a quel male che, sempre, nel corso di tutto il suo ministero si è scagliato contro di lui e, come sappiamo, lo ha colpito con forza incomparabile proprio nei giorni della sua passione? Paolo ha una sola risposta. Gesù risponde a tutte queste cose dicendo il suo “sì” fedele a Dio Padre. È il mistero dell’accettazione della volontà del Padre che brilla nella vita di Gesù. È il mistero del suo accettare fino alla fine e fino in fondo il calice di una morte amarissima che esprime il sì di Cristo alla volontà del Padre. Basterebbe riprendere tutti i Vangeli della passione per capire bene questo concetto. Paolo ci dice che Gesù stesso, nella sua persona, nel suo corpo è diventato il “sì” detto a Dio con la forza della volontà, dell’intelletto, dell’anima. Tutta la persona di Cristo diventa un sì vivente al Padre. Tanto forte da rimanere nei secoli. Non solo come esempio, ma come presenza viva. Così che il “sì” che ogni uomo dice al Padre nel corso dei suoi giorni e nel rispetto di ciò che accade nella sua vita, si innesta, in modo misterioso, su quel sì. In questo senso dovremmo dire che la liturgia è comunione con Cristo che è il sì di Dio all’uomo. È nella donazione di Cristo, è nella libera donazione che Gesù fa di sé al Padre che trova senso il donarsi di ogni uomo e di ogni donna a Dio, nei concreti contesti di vita in cui ciascuno è chiamato a vivere.
Come risponde la Chiesa a questo sì di Dio? Con il suo “Amen”. Amen, come tutti sappiamo, è una parola intraducibile che trae origine dalla radice del verbo “Aman”, che vuol dire fondare, mettere le radici e quindi anche fidarsi, affidarsi, contare su qualcuno. Così ogni volta che noi diciamo Amen, diciamo che ci fidiamo di Dio, ci fidiamo della sua presenza, contiamo sul suo aiuto, mettiamo la nostra fiducia nella sua parola. Ogni “amen” che diciamo nella liturgia, dice tutto questo. Il nostro personale Amen si unisce all’Amen di tutti gli altri credenti, diventa l’Amen di tutta la Chiesa, che non è altro che il dire a Dio, da parte di tutta l’assemblea, che ci fidiamo di Dio. Ecco il bello, l’importanza, il cuore di ogni azione liturgica. I credenti, che sono chiamati a dire il proprio sì e il proprio affidarsi a Dio, lo fanno non solo in forma personale, ma nell’unione che deriva dal Battesimo, in forza del quale essi, nel loro insieme, costituiscono il corpo di Cristo, il vero corpo di Cristo, l’unico corpo di Cristo. Questo Amen si rafforza nell’insieme e diventa l’Amen di tutta la Chiesa. La Chiesa, fatta di santi e di peccatori, la Chiesa fatta di credenti granitici e di anime deboli, nel suo insieme dice a Dio il proprio affidarsi a Lui, il proprio credere alla sua parola, il proprio voler mettersi nella sua protezione, il proprio voler cercare ogni aiuto in Dio… la Chiesa, umile, povera perché peccatrice, perché sempre formata da peccatori, scopre così la propria forza. La forza che viene non dalla propria volontà ma dall’affidarsi a Dio. Oppure potremmo anche dire che unica forza della volontà di ogni singolo credente, come pure della Chiesa nel suo insieme, è il volersi affidare a Dio. Solo in questo comune affidamento al Padre si sperimenta la forza che viene su tutti dall’unico Spirito di amore. Solo la liturgia ci dice che il nostro “sì” a Dio trova senso e perfezione quando non è solitario, quando non nasce da qualche moto buono dell’anima, ma si radica in Cristo, che è il grande “sì” di Dio all’umanità intera. Un insegnamento complesso, eppure utile, importante. L’unico insegnamento che ci fa capire che la fede cristiana non è la fede dei singoli che, al massimo, si mettono insieme per pregare. La fede cristiana è la fede di un popolo, il popolo dei credenti, che ha bisogno di sentirsi tale ed ha bisogno di unirsi sempre a Cristo. Senza questo affidamento, senza questo comune mettersi nelle mani di Dio, la fede cristiana sarebbe monca, zoppa, incompleta. Se la nostra preghiera è importante, non lo è meno il nostro partecipare alla liturgia, alla fonte vitale della Chiesa. Le due cose non possono mai essere prese singolarmente ma devono rimandare ciclicamente l’una all’altra. Una vita fatta di sola preghiera comunitaria senza preghiera personale sarebbe incompleta. Una preghiera personale che non avesse mai uno sfondo comunitario, un riferimento comunitario, che non sfociasse in una celebrazione corale dell’Eucarestia, sarebbe intimistica, privata, certo voce che si eleva a Dio, eppure incompleta e più povera.
Credo che questo insegnamento sia fondamentale per vivere bene anche il nostro Avvento che entra ormai nella sua parte più forte e determinante.
Compito a casa
Vi lascio allora un secondo compito a casa. Anzitutto quello di ripensare al come vivere bene entrambe queste espressioni di preghiera personale e comunitaria. Poi un compito liturgico. Impariamo a vivere bene l’amen alla fine della dossologia della preghiera eucaristica. Dopo il “per Cristo, con Cristo, in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli”, far sentire bene il proprio Amen! Speriamo che anche il coro ci aiuti a farlo! È l’amen fondamentale di tutta la celebrazione. È esattamente il momento in cui noi ci affidiamo a Cristo, il sì di Dio per noi e per tutta l’umanità. È il momento in cui siamo invitati a non sentirci soli nelle nostre disavventure, difficoltà, dolori, per affidarci a colui che è stato il sì di Dio all’uomo.
Pregare con i salmi
Infine, come ad ogni appuntamento, cerchiamo di pregare con un salmo. Vi consiglio, in questa terza serata, di pregare con il salmo 106.
Alleluia.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
2 Chi può narrare le prodezze del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3 Beati coloro che osservano il diritto
e agiscono con giustizia in ogni tempo.
4 Ricòrdati di me, Signore, per amore del tuo popolo,
visitami con la tua salvezza,
5 perché io veda il bene dei tuoi eletti,
gioisca della gioia del tuo popolo,
mi vanti della tua eredità.
6 Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
7 I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore
e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso.
8 Ma Dio li salvò per il suo nome,
per far conoscere la sua potenza.
9 Minacciò il Mar Rosso e fu prosciugato,
li fece camminare negli abissi come nel deserto.
10 Li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11 L’acqua sommerse i loro avversari,
non ne sopravvisse neppure uno.
12 Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.
13 Presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo progetto,
14 arsero di desiderio nel deserto
e tentarono Dio nella steppa.
15 Concesse loro quanto chiedevano
e li saziò fino alla nausea.
16 Divennero gelosi di Mosè nell’accampamento
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17 Allora si spalancò la terra e inghiottì Datan
e ricoprì la gente di Abiràm.
18 Un fuoco divorò quella gente
e una fiamma consumò quei malvagi.
19 Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
20 scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba.
21 Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22 meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.
23 Ed egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.
24 Rifiutarono una terra di delizie,
non credettero alla sua parola.
25 Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26 Allora egli alzò la mano contro di loro,
giurando di abbatterli nel deserto,
27 di disperdere la loro discendenza tra le nazioni
e disseminarli nelle loro terre.
28 Adorarono Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti.
29 Lo provocarono con tali azioni,
e tra loro scoppiò la peste.
30 Ma Fineès si alzò per fare giustizia:
allora la peste cessò.
31 Ciò fu considerato per lui un atto di giustizia
di generazione in generazione, per sempre.
32 Lo irritarono anche alle acque di Merìba
e Mosè fu punito per causa loro:
33 poiché avevano amareggiato il suo spirito
ed egli aveva parlato senza riflettere.
34 Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35 ma si mescolarono con le genti
e impararono ad agire come loro.
36 Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37 Immolarono i loro figli
e le loro figlie ai falsi dèi.
38 Versarono sangue innocente,
il sangue dei loro figli e delle loro figlie,
sacrificàti agli idoli di Canaan,
e la terra fu profanata dal sangue.
39 Si contaminarono con le loro opere,
si prostituirono con le loro azioni.
40 L’ira del Signore si accese contro il suo popolo
ed egli ebbe in orrore la sua eredità.
41 Li consegnò in mano alle genti,
li dominarono quelli che li odiavano.
42 Li oppressero i loro nemici:
essi dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43 Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
44 ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido.
45 Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
46 Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati.
47 Salvaci, Signore Dio nostro,
radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo:
lodarti sarà la nostra gloria.
48 Benedetto il Signore, Dio d’Israele,
da sempre e per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.
Come vedete il salmo altro non è che una lode a Dio perché, anche nelle infedeltà dell’uomo, egli è il testimone fedele, colui che accompagna in modo indefettibile. Uniamoci, insieme, all’Amen finale.